Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Microsoft e Linux: costrizione, o coopetition?

È un po' di tempo che mi ronza in testa questo pensierucolo, e ora che ho finalmente dato l'esame di Elettrotecnica 1 posso concedermi qualche riflessione in merito (per iscritto) senza sentirmi in colpa: Microsoft e Linux. Quanto tempo la comunità ha atteso questo momento? Veramente tanto, è innegabile; eppure sembra passare quasi inosservata la reazione di Microsoft alla crescita "spontanea" dell'ecosistema Linux che si è venuto a creare in questi pochi anni. Nonostante questo, è anche possibile notare che la stessa Microsoft non sbandiera molto le proprie innovazioni. Per avere un quadro della situazione più completo, ho raccolto le "fonti", ovvero le notizie che mi sono balzate all'occhio, soprattutto in queste due settimane in cui Microsoft ha destato la mia attenzione.

Steve Ballmer in Microsoft

Il caso OpenSUSE e HyperV su Linux

È una storia vecchia, lo so. Mi sputerete in un occhio, eppure voglio menzionarla lo stesso: Microsoft ha scritto un "pezzo" (anche consistente) di kernel Linux, migliorando assieme a Novell il supporto ad HyperV del pinguino in ambito server. Voglia di semplice profitto? Può darsi. In ogni caso, è palese che pur guadagnandoci Microsoft, Linux ha avuto il suo tornaconto: 343 piccole modifiche che, in condizioni d'uso particolari, fanno la loro piccola (?) differenza. Notizia del Luglio scorso. Eppure non è finita qui.

Linux disponibile tramite Windows Azure

Conoscete Windows Azure? È l'infastruttura che offre Microsoft per il cloud computing. Pur non avendola provata di persona, ne ho sentito parlare abbastanza bene, esattamente come ho sentito parlare bene di Amazon EC2. Perché allora mi ha colpito Azure? Beh, perché dalla scorsa settimana ha cominciato ad offrire (cosa già pianificata qualche mese fa) appliance con Linux, in particolare OpenSUSE, Ubuntu e CentOS, ossia quelle distro tra le più certificate/certificabili - proprio, a quanto pare, per soddisfare una domanda sempre crescente. Si fa di tutto per acchiappare clienti, eh? Già: anche offrire qualcosa di diverso da Windows Server, in particolare un sistema operativo tuo diretto concorrente. Una mossa di vero fairplay imprenditoriale che credo porterà tantissimi guadagni in casa Microsoft, la quale sta puntando molto su Azure, e con queste premesse credo che avrà un ritorno di investimento posititivissimo.

Skype 4.0 per Linux

Come se non bastasse la diffusione, anche se solo tramite applicazione virtuale, di Linux su server, per unificare la user experience del suo nuovo giocattolino, ossia Skype, Microsoft ha scritto un aggiornamento - il primo major update da quando ha acquistato la società - del client per Linux. Nonostante la brutta interfaccia dei client per Windows e Mac OS X, Skype per Linux continua ad essere il mio preferito dato che pur aggiornando il core e prevedendo nuove icone, nuove emoticon, e nuove feature, l'interfaccia a pannelli flottanti non è stata modificata integrando solamente una finestra unica di conversazione (come accade già sugli altri OS); ora come ora quindi Skype per Linux è il client che più apprezzo, come è sempre stato, tra tutti quelli per tutte le piattaforme. E il fatto che Microsoft non si sia fatta pregare nemmeno poi troppo per questo aggiornamento, significa ai miei occhi che, nonostante la rivalità, anche se guardando i numeri poi Linux viene irrimediabilmente messo alle corde, il gigante cattivo dell'informatica degli ultimi vent'anni abbia cercato un'egoistica redenzione nei campi dove può ottenere un ritorno economico.

Costrizione o coopetition?

Possiamo dire che ci siano entrambe? In un mio post su Google Plus, riguardo la questione Skype per Linux, Michele "blackibiza" Adduci:

Non credo ci abbiano lavorato di recente, solo dopo l'annuncio della pubblicitá, anche perché hanno ridisegnato quasi tutto completamente e adesso Skype si integra perfettamente anche con Unity, prima non andava.

Tutta questa bontà in un solo update mi fa pensare che Microsoft abbia considerato la cosa seriamente e abbia deciso di offrire un buon software anche su una piattaforma ad alto livello di concorrenza. Possiamo quindi parlare di coopetition, anche se ovviamente le opere di Microsoft sono finalizzate esclusivamente al porting di prodotti propri e alla costrizione a fare questo dalle quote di mercato. Un po' l'uno un po' l'altro, infine, e direi anche a ragione: si sa che in fondo l'ecosistema Linux e quello open source, in un'ottica ancora più ampia, permettono ad ognuno di avere la sua parte.

In coda: ma quindi il Secure Boot?

Devo ancora farmi un'idea su Secure Boot: il fatto che le chiavi vengano gestite da Microsoft ma effettivamente inviate e retribuite a Verisign mi piace. In fondo è un sistema come un altro per la sicurezza; per piacermi ancora di più ci dovrebbero essere più società autorizzate al rilascio di chiavi univoche, come accade per i certificati SSL.

Photo courtesy of Dell's Official Flickr Page

Google acquisisce Meebo

Ecco fatto. Google ha comprato anche Meebo: probabilmente useranno la perizia dei dipendenti per costruire un'esperienza utente migliore riguardo GTalk, che attualmente è uno dei servizi più "snobbati" dalla società.

Meebo

Gigante, in home page sul blog ufficiale e a quanto pare l'unico post rimasto, campeggia il piccolo avviso in cui i senior di Meebo si dicono eccitati riguardo l'inizio di questa nuova avventura. Comico: non ho mai trovato nessuno che dicesse "tristemente vi dobbiamo staccare tutto" - ma è anche vero che è difficile dire qualcosa del genere con qualche milionata di dollari sotto il naso.

Non resta  che augurare a Google buona fortuna, e a Meebo di poter mantenere una propria autonomia seppur all'interno di un ecosistema ormai strutturatissimo. Per approfondire, il post di SEO by the Sea va benissimo.

Namaste.

In Italia siamo dei burocrati: basta

Giannangelo

A conferma delle mie tesi sul mondo delle startup tutto italiano, Andrea Giannangelo, fondatore di iubenda, ci da qualche pillola sulla semplificazione della burocrazia, che più che mai sembra essere il vero problema imprenditoriale italiano. Un cancro come quello di un mucchio di fogli di carta da riempire solo per poter dire di star cercando di aprire un'attività è assolutamente inutile: vi esorto quindi a leggere le sue poche frasi, che mettono in evidenza come il problema monetario, il venture capitalism, e tutte quelle cose di cui si parla tanto, forse sono anche un tantino sopravvalutate.

Ancora una volta un'altra prova a sostegno del fatto che non ci serve la Silicon Valley. Ci serve flessibilità, mentale e fattiva.

Gentoo: Portage e problemi di EAPI

Vi racconto questa cosa parecchio carina (col senno di poi) che mi è successa provando ad aggiornare una Gentoo in macchina virtuale. Probabilmente se sarete sconsiderati quanto me nelle politiche di aggiornamento di Gentoo (che ricordo essere rolling release) incapperete anche voi in questo episodio divertente e fonte di pianti e graffi sul volto. Questo errore può essere dato da pacchetti essenzialmente a caso: a me l'ha dato Portage, ma vi incollo quello che ho trovato su qualche forum:

!!! All ebuilds that could satisfy "=xf86-video-ati-9999" have been masked. !!! One of the following masked packages is required to complete your request: - x11-drivers/xf86-video-ati-9999::x11 (masked by: EAPI 4) The current version of portage supports EAPI '3'. You must upgrade to a newer version of portage before EAPI masked packages can be installed. For more information, see the MASKED PACKAGES section in the emerge man page or refer to the Gentoo Handbook.

Figo eh?

È un problema di EAPI. Succede che se si sincronizza il Portage tree senza aver aggiornato prima, passando da un albero molto vecchio all'ultimo disponibile, un numero molto elevato di pacchetti vicino alla cifra "tutti" risulta non supportato e mascherato per colpa del fatto che  il vostro Portage è fermo alla EAPI 2, o 3, mentre l'EAPI attualmente supportata è la versione 4. Molto carino. Ho provato ad aggiornare andando per tentativi, ma non ho ottenuto molto: poi l'illuminazione.

Trooper Cry

L'ispirazione dall'alto dei cieli

Portage offre una soluzione interessante per risolvere questo problema, ossia l'opzione "nodeps" che ci permette di infischiarcene delle dipendenze e continuare come se nulla fosse. L'unico problema sarà reperire le dipendenze di compilazione, ma se abbiamo un sistema non poi così vecchio, comunque il software sarà compilato con la nostra toolchain corrente senza dare grossi problemi. Personalmente me la sono cavata avendo l'illuminazione di dare:

emerge --oneshot --nodeps python

Ho avuto la cura di specificare una versione per Python: la 2.7, che non fosse troppo recente e che supportasse l'ultima versione di Portage. Dopo aver "emerso" Python, magheggiate con la versione utilizzando eselect per cambiare l'interprete. Dopodichè, dovreste andare di revdep-rebuild, ma come abbiamo detto tanti pacchetti sono maskati, quindi non conviene. Meglio prima aggiornare Portage.

emerge --oneshot --nodeps portage

Lasciamo che Portage si installi: la nostra nuova versione di Portage è pronta per girare. A questo punto siamo pronti per aggiornare il sistema.

emerge -uDN world

O magari ricompilate direttamente tutto, dato che comunque se vi accade qualcosa di simile significa che il vostro sistema è veramente obsoleto. Iniziate con GCC, continuate con GLibC, proseguite con il resto. Salud.

Photo courtesy of Kristina Alexanderson (non è bellissimo, il papà stormtrooper che consola il figliolo?)

Non ci serve la Silicon Valley

Leggo su TechEconomy: "Nasce a Genova la Silicon Valley italiana" - il tutto ovviamente debitamente virgolettato. Una notizia riportata bene, con tutti i crismi, che però mi ha colpito per questo attaccamento al termine, quello della Silicon Valley, che ormai sembra essere diventato nell'ambito degli innovatori e delle startup un po' quello che "strage" è diventato per i giornalisti sciacalli. La corsa all'apparenza più che alla sostanza, ha svuotato ciò in cui confidavamo riempiendolo di sola fuffa, per certi versi. È così che quando vedo Ericsson ergere la sua nuova sede nel genovese, proclamando la sua centralità, in un prossimo futuro, nel campo dell'innovazione, rimango perplesso.

Startup school

Ci serve veramente un posto in cui accentrare le nostre idee? "Noi" startupper abbiamo veramente bisogno di un hub fisico e non metafisico attraverso il quale far fluire il nostro business e le nostre capacità di networking? Non penso. Anche perché, a conti fatti, la Silicon Valley è un posto bello grande e con quei kilometri quadrati di spazio, ci sarebbero i presupposti per trasformare, spazialmente parlando, tutta l'Italia intera in una sorta di Silicon Valley. Ma prima del nome, quel nome che rincorriamo e che forse faremmo bene invece a guardare con occhio critico, ci servono persone. Ci servono coloro che sappiano pensare nel modo giusto, e che non abbiano paura di investire. Ci serve una clientela capace di comprendere le capacità del nostro piano d'impresa, e dei servizi che offriamo. Persone. Non luoghi. Non palazzi di vetro, o inutili proclami.

In Italia le cose si possono fare, non mancano gli esempi. Anche nelle università vari bandi permettono di ottenere finanziamenti; magari la strada sarà più difficile. Ma sta agli uomini che popolano il Paese cambiare tutto questo, fare si che trasformare la propria passione in qualche cosa che generi reddito non sia più qualcosa di così arduo, bensì quasi facile, facile come aprire una saracinesca nella Silicon Valley.

Photo courtesy of Robert Scoble

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