Sicuramente per i veterani leggere pagine e pagine di guide non è un problema, e non lo sarà nemmeno per tanti neofiti di Arch Linux, la distro che da qualche anno mi ha conquistato e continuo a usare su tutte le mie macchine di produzione. tuttavia chi si accosta per la prima volta al microcosmo di questa distro Linux sicuramente può provare un po' di sgomento vedendo un'installazione testuale (e come credete che facessero tutti, dieci anni fa? :P) - e una tastatina al terreno può far bene e dare fiducia a chi non ne ha abbastanza.
Insomma, a parte l'immagine qui sopra (carina vero? Volevo qualcosa che ispirasse paura - e Luca Rossato mi ha decisamente aiutato) GeekBlogTV ha girato uno screencast dell'installazione di Arch Linux utilizzando le opzioni più comuni. Non sarà gran che per mandare via le fobie degli utenti più timorosi, ma sicuramente abbastanza per stimolare chi ha già voglia di cimentarsi in quello che non è, sicuramente, un processo facilissimo e alla portata di tutti. Detto questo, godetevi la guida. Lo so, è girata su Windows, ma prendetevela con loro, non con me; ambasciator non porta pena :D
Torniamo a bomba su uno degli argomenti che mi stanno più a cuore: i progetti open source e le distribuzioni Linux. A quanto pare, dopo la recente approvazione della ricapitalizzazione, Mandriva ha capito quale strategia adottare per difendere il suo progetto dal cannibalismo del mondo imprenditoriale. Sulle pagine (alcune?) del wiki della distro infatti appare una nota del CEO di Mandriva, J.M. Croset, che recita:
Questa pagina - e in generale questo wiki - sarà parte di un trasferimento globale del Mandriva Linux Project alla community, che verrà finalizzato presto. Mandriva SA vuole che il progetto sia gestito dalla community di Mandriva Linux sotto una governance appropriata. Noi (Mandriva SA) contribuiremo al Mandriva Linux Project in futuro e vogliamo vederlo crescere. Non vogliamo commentare queste righe e vogliamo enfatizzare il fatto che questo wiki sia il wiki della community, anche se è ospitato sul dominio mandriva.com.
Grandissimi, non c'è che dire. Ho sempre snobbato un po' Mandriva, ma questa scelta è l'unica sensata e che non mi stupisce: la mossa di un'azienda che, adattandosi ai nuovi paradigmi, trasferisce responsabilità e parte rilevante dell'amministrazione di un proprio prodotto e progetto direttamente alla community, pur mantenendola ancorata alla compagnia.
In questo modo Mandriva diverrà qualcosa di simile a Fedora, infatti pur mantenendo il suo connotato di distribuzione tipicamente company-made, sarà invulnerabile dal punto di vista del funding e della governance: di questo da ora in poi (una volta ultimato il trasferimento delle cariche) sarà responsabile solo e soltanto la community. A questo punto Mandriva può felicemente fallire :D - Scherzi a parte, probabilmente l'azienda riuscirà a rimanere in piedi; resta da vedere quanto questa giostra economica continuerà. In ogni caso sono felice che la distro e il suo sviluppo siano stati svincolati.
Con un'interfaccia di rete e un sistema operativo configurati in maniera appropriata,un'applicazione non sa - e non ha bisogno di sapere - la logistica di quello che è conosciuto come layer fisico.</p>
Probabilmente questa è la frase che più di tutte ha reso la mia giornata di oggi degna di essere vissuta. Essenzialmente, trovo che il mio viaggio attraverso i tre anni di Ingegneria Informatica possa essere riassunto con questa frase, dato che mano a mano ho maturato la stessa consapevolezza durante la triennale. Sono le parole di R. Stuart Geiger, laureando alla Berkeley's School of Information, che ha realizzato un'implementazione di IP utilizzando come mezzo, udite udite, degli xilofoni.
Il detto IP over Xylophone Players impiega circa 15 minuti per trasferire un pacchetto, ma è senza dubbio uno degli hack più interessanti di cui abbia mai sentito parlare; così interessante, che molto probabilmente con qualche competenza in più tenterei di riprodurla a casa mia scrivendomi un adeguato driver. Geiger mi ha stupito perchè oltre le basi cognite di IP, ha replicato tutti i sette livelli della pila OSI, e anche se dice di non sapere quanto sia modulare l'implementazione e affidabile lo stack, sono sicuro che il suo sia un lavoro invidiabile.
Per chi volesse leggerlo, c'è a disposizione l'interessantissimo paper su IPoXP, direttamente edito dal giovane ricercatore, che io personalmente mi spulcerò una di queste sere. Congratulazioni Stuart, grandissimo hack ;)
In questi giorni ha fatto parecchio scalpore Mark Zuckerberg che in barba a qualsiasi etichetta imposta si è presentato a New York in felpa, bel bello coi suoi milioni(ardi?) di dollari e la solita aria da chi sente di avere almeno un po' di mondo in mano. E devo dire che a me ha fatto una buona impressione - non tanto per qualche falsa impressione che hanno avuto i giornalisti; c'è infatti chi ha detto che volesse forzatamente sdoganare il mito del "giacca e cravatta". Sono stato convinto dall'atto perchè è stato spontaneo, perchè dietro quella felpa c'era solo lui e non intenzioni fantasmagoriche subodorate da chissà chi.
Eccolo dunque, il buon Mark, che presenta il suo prodotto a una folla stupita indossando solo un paio di jeans, delle scarpe da ginnastica e la famigerata felpa. Lo sento molto amico in questo: ancora mi ricordo il mio professore di filosofia, che a meno di un mese dall'esame di maturità (mi ricordo che per la tesina misi su un brainstorming online meraviglioso, vi linko anche il post relativo) mi disse "ma non ce l'hai 'na camicia?" - e mi viene in mente con ancora più vigore la risposta che diedi: "Prof, devono giudicare il mio lavoro, non i miei gusti nel vestire".
Il giorno dell'esame andai con una maglia a maniche corte, un paio di jeans non acquistati per l'occasione, scarpe da ginnastica. Mi ero solo aggiustato i capelli, ecco. Davanti alla commissione feci un figurone per la tecnicità della tesina: a quanto pare il mio non essere vestito a modino non ha costituito nemmeno un piccolo impedimento ai professori, per far si che apprezzassero il mio lavoro (del quale ancora ringrazio Piplos e Davide aka Scimmia, per le consulenze :D) e ciascuno di loro richiedesse una copia da portare a casa.
Adesso sto qua, al PC, universitario con anche un lavoro e parecchi progetti in ballo, e posso dire con fierezza nonchè un pizzico di spocchia che si, quasi ventidue anni e non ho mai portato una camicia, né una giacca, né una cravatta. Vai Mark, porta il culto della felpetta anche a Wall Street e fai capire a tutti quei parrucconi che magari, prima di guardare come ci si veste, dovrebbero imparare a giudicare le idee di successo.
Come i miei innumerevoli fan (hahah) avranno notato, non mi sono espresso molto sulla questione EA Games negli ultimi giorni: ho preferito non dare personalmente notizie relative alla presenza di Electronic Arts presso l'Ubuntu Developer Summit semplicemente perchè avevo intuito la patata bollente, e ho preferito tirarmene fuori lasciando ad altri il compito di occuparsi di dare copertura mediatica a quello che definirei un vero e proprio scempio.
Uno dice vabbeh, ma non ti sta mai bene niente. E invece si che mi sta bene, ma alle condizioni dettate da me; sono criptico. Mi spiego.
Già da quando ho visto il marchio come presenza al Summit, mi ero insospettito, finchè non sono venute fuori le vere intenzioni. EA Games ha infilato di soppiatto due giochi nell'Ubuntu Software Center, con un po' di piaggeria e un po' di melliflua nonchalance; prima di questo atto però, analizziamo ciò che è successo prima. Tutti ebbri di felicità, eravamo, all'idea che fosse finalmente in procinto di arrivare Steam per Linux, e che il Source Engine potesse essere disponibile a carrettate pronto per essere fruito da ogni orifizio, a cominciare dai bulbi oculari; nel frattempo EA ha diffuso il comunicato della sua presenza all'UDS. Dalla comunità è venuto un odore di hype come non se ne sentivano da anni: che addirittura dopo l'annuncio di Left 4 Dead 2 dovessimo addirittura fare spazio ad un altro titolo che soddisfacesse la ghiottoneria dei gamer più incalliti?
Ovviamente no.
I suddetti due giochi di EA sono approdati una di queste mattine presso i lidi del Software Center, e sono due browser game, che possono divertire cinque minuti e poi basta che è meglio. Non contenta, EA ha oggi parlato in "sua difesa"; sembra infatti che l'accoglienza dei prodotti sia stata un po' fredda ma, signori miei, capirete che mentre voi ci offrite due browser game, dall'altra parte Valve ci ha detto e provato che avremo Steam. E il Source Engine. E tutto quello che ne consegue.
Ero fiducioso, finchè non ho letto il resoconto sullo speech di EA su OMG! Ubuntu, che esprime dei punti fondamentali: a quanto pare infatti EA non guarderà la revenue finanziaria dei giochi ma valuterà il feedback con uno spettro molto più ampio. Beh, vorrei ben vedere; se sperate di alzare due centesimi con quella roba, sono felice per voi ma occhio alle ragnatele nel portafogli. Secondo punto: gli interessa un sacco WebGL e HTML5. Presenteranno infatti un browser game (un altro? Ma che c***o!) con grafica "da PlayStation 2" al Google I/O.
Un altro. Browser. Game. Ditemi che ho letto male, vi prego.
Certo, anch'io sono un amante di Quake Live, e sicuramente WebGL può consegnare una nuova user experience e una rinascita artistica multipiattaforma al mondo del gaming, ma mi si consenta di contrassegnare l'intervento di EA Games come la figura più deludente di ogni Ubuntu Developer Summit di sempre, anche perchè di cose sugose d'altro canto ce ne sono abbastanza - come Wayland. L'intervento, i giochi uploadati e tutto il resto, sembrano voler dire una cosa sola: "Guardate, come vi reputiamo sciocchi e pensiamo di comprarci un po' di hype a buon mercato. Tenete queste due bazzecole e fatevele bastare" - il che avrebbe anche senso, dal punto di vista imprenditoriale. Ma a questa figuraccia porrà rimedio solo un buon titolo con un degno supporto.
Quindi, signori di Electronic Arts, smettetela di prenderci in giro.
Photo courtesy of Tara Oldfield (ma che diavolo di occhiali porta Shuttleworth?)