03 Jun 2013
Qualche decina di minuti fa, preso da un irrefrenabile impulso per le cose pericolosamente fighe a mezzanotte e mezza con un occhio aperto e uno chiuso, mi sono preso il portatile e carezzandolo amorevolmente ho aggiornato Arch Linux, eseguendo l'update di cui si vociferava in giro che accorpa un sacco di roba (al momento non ho ricordi precisi, ho sonno) tra cui le varie /usr/bin, /usr/sbin, /vattelapesca/soreta/sbin, in un'unica directory.

Visto che è una roba strana e pericolosa, e che a me come al solito è andata parecchio liscia, lascio qualche nota sparsa ai "bambini meno fortunati di me", come li chiamava mia nonna, perché è sempre bene indicare la via ai nuovi adepti (dato che altrove gli archer vengono tacciati di essere una setta, e dato che probabilmente lo siamo: la setta dei Tafazzi).
- Occhio a quello che fate: questo aggiornamento vi può spaccare il sistema e se non sapete quello che state facendo con ogni singolo comando della procedura, lo dico per voi, cambiate spassionatamente distro oppure passate direttamente a Windows che fate prima;
- Occhio ai pacchetti che lasciano roba dentro le directory di cui fare il merge: potete controllare di non avere nemmeno un capello fuori posto con dei check specifici elencati nella news di riferimento;
- Se l'aggiornamento non vuole proseguire non è perché avete un computer capriccioso: non forzate assolutamente l'upgrade o rischiate di trovarvi davanti alla faccia un fermacarte, nel mio caso con un ottimo monitor da 15" e una ottima tastiera a isola. Ma se non aggiustate poi con parecchie bestemmie, rimane un fermacarte. Anche se è vero che, se forzate l'upgrade in circostanze simili, forse dovreste pensare a una conseguenza come quella del punto 1 (si, lo so, non li sto numerando ma tanto fate voi).
Adesso vado a letto ché c'ho sonno e voglio leggermi un po' dei libri di Martin. Mi raccomando, non spaccate il PC, voglio continuare a credere nella bontà del genere umano.
Sinceramente, a titolo del tutto personale, vorrei sperare di non ritrovarmi ugualmente domani con un fermacarte in mano: Arch Linux mi piace, ma questi aggiornamenti un po' buttati così (premesso che ho voglia di gestirli, comunque) certe volte fanno girare las pelotas, e non poco.
Photo courtesy of Richard Alexander Caraballo
21 May 2013
Si, non c'entra quasi niente con l'open source, ma io sono un nerd e che diamine, questa nuova Xbox One ha davvero catturato il mio interesse con un paio di mosse da vera/o catcher. A parte la nerdiness solita dei numeri e dei server che si accendono e spengono, una delle cose che mi ha colpito di più è stato il trailer di Quantum Break. All'interno infatti possiamo trovare una corposa sezione di video girata a mo' di film, con attori in carne e ossa.

Era un po' di tempo che mi domandavo quando questo sarebbe accaduto: intere sequenze di gioco live action. Finalmente adesso siamo arrivati al break point per questo tipo di esperienze di infotainment, per cui, beh, mi aspetto il prossimo passo. Trailer con le nostre facce? Una webcam che prenda i nostri tratti facciali e li riproponga sul protagonista del gioco?
Secondo me possiamo aspettarcelo. Basta attendere.
13 May 2013
Rispolvero un minuto il blog, dato che ultimamente posto poco per il semplice fatto che tra lavoro e università, scrivere di cose che mi stiano a cuore con la testa "a posto" (ossia non presa da mille pensieri) mi riesce un po' arduo. Ma ho appena scovato una cosa interessante, che ha mi ha svoltato qualche ora della mia esistenza.
Vi siete mai chiesti quanti cambiamenti il progetto Android abbia mai apportato al kernel Linux per renderlo compatibile con il documento di progetto iniziale? Io spesso me lo sono chiesto. E a prescindere dal fatto che da qualche versione di Linux tutto il codice prima separato è confluito nel sorgente ufficiale, è una domanda che qualche volta mi sono fatto anch'io, concludendo con un sonoro boh ogni mia riflessione. Fortunatamente qualcuno ha deciso di chiederlo su Quora, e qualcun altro, uno sviluppatore Google, ha risposto.

Traduco in italiano perché merita:
La cosa interessante riguardo il design di Android è quanto poco abbiamo modificato il kernel. La maggior parte dei sistemi embedded su cui ho messo mano hanno apportato cambiamenti drastici al kernel, solo per lasciare lo user space isolato - per esempio, un kernel "realtime" fortemente modificato, e poi X11 per la GUI.
Android è l'opposto: solo cambiamenti minimali al kernel, ma uno user space esclusivo, diversamente da ogni altro sistema Unix. Infatti, lo user space di Android è così differente dal Linux tradizionale, che si può dire che Android non sia un sistema Linux eccetto che per il kernel.
Ecco una lista concisa dei cambiamenti che abbiamo apportato al kernel di Linux:
- ashmem (Android Shared Memory), un sistema di memoria condivisa file-based;
- Binder, un sistema IPC ed RPC;
- logger, un sistema hi-speed interno al kernel di logging ottimizzato per le scritture;
- Paranoid Networking, un meccanismo per ridurre l'I/O di rete a determinati processi;
- pmem, un driver per mappare chunk grandi di memoria fisica nello user space;
- Viking Killer, un OOM killer di rimpiazzo che implementa la logica di Android "killa i processi recenti meno utilizzati" in condizioni di memoria libera scarsa;
- wakelock, la soluzione unica di Android per il power management, per cui lo stato di default del dispositivo è sleep e sono richieste azioni esplicite (via il wakelock) per svegliarlo.
E ovviamente tutto il solito assortimento di driver, port per architetture ARM, e altro codice a basso livello per supportare Android su ogni dispositivo.
Di questa lista, quasi tutti i punti sono stati implementati come driver di dispositivo con modifiche al core del kernel minimali o assenti. L'unico cambiamento significativo è l'implementazione dei wakelock.
Per cui, ecco la risposta: la cosa più invasiva che ha realizzato Google è il meccanismo di wakelock, mentre il resto è tutto farina del sacco di Mountain View che però non interferisce per nulla o quasi col lavoro predefinito del kernel del ramo Linus Torvalds "e figli". Molto molto bene. Non credo di aver mai trovato righe così interessanti su Android e su quale sia il rapporto che lega i due team di development (e i due code stack).
Ringrazio il mio ottimo "collega" Alessio Sergi per la segnalazione.
Photo courtesy of Tom Page
27 Apr 2013
Dato che è un bel po' che non mi concedo qualche riflessione in libertà sul mio piccolo magazine aperiodico (LOL, dai, è solo un blog, ma me la tiro), parliamo un po' del nuovo Google Play Store, che ho trovato aggiornato non sui miei Nexus - o aspiranti tali - bensì sul mio (!) HTC One nuovo di pacca.
Da questo deriva una semplice considerazione: Google, devi rivedere il tuo algoritmo per il rollout degli aggiornamenti allo store, perché banalmente you are doing it wrong.
Scemenze a parte, scartato l'HTC One che mi è arrivato da recensire per Leo Hi-Tech, ho paciugato un po' con questo Play Store flashando anche un APK sul mio Nexus 7 per apprezzarlo su più piattaforme. L'interfaccia è notevolmente migliorata, seguendo le linee guida Holo in maniera molto più aderente; questo ci piace parecchio, anche perché in questo modo Play non è più un pugno negli occhi, e non siamo più costretti, noi utenti, a sopportare una schifezza di aborto di user experience ogni volta che vogliamo installare un'applicazione.

In secondo luogo, su Nexus 7, ho apprezzato veramente tanto come Google abbia creato una sezione preferenziale di applicazioni per tablet, dove l'esperienza utente è ottimizzata per questi device: si spera che in poco tempo quindi venga colmata una grande mancanza (parlo da utente) che a ragione mi hanno fatto presente alcuni soggetti famosi come ad esempio @SaggiaMente, ossia la mancanza di un vero e proprio ecosistema tablet-oriented su piattaforma Android. Tra la creazione di una sezione del genere e - si spera - l'effort crescente di un numero alto di sviluppatori, probabilmente la situazione andrà via via migliorando.
In conclusione quindi posso dire che con Jelly Bean e questo nuovo Play Store, Android è arrivato ad un grado di maturazione pieno e soddisfacente: per fare ancora l'hipster quindi stavo pensando a Firefox OS, o Ubuntu Phone. E questi, gente, si che sono i problemi seri della vita. (:D)
Photo courtesy of me - scattata con un Galaxy S3 e "artata" con Aviary, di cui vi parlerò più diffusamente, da qualche parte. Forse qui.
14 Apr 2013
Piccolo update per una questione che mi sta a cuore: KDE migra tutta la sua infrastruttura a Git, smettendo definitivamente di supportare Subversion come da programma. È stato un passo sicuramente arduo da compiere e faticoso, anche per il know-how che gli sviluppatori hanno dovuto acquisire in una finestra temporale sicuramente ampia ma mai abbastanza, anche contando che c'è sempre qualche pigro che rifiuta di modificare il proprio flusso di lavoro.

Sperando che non ci siano problemi di sorta nello shutdown dell'intera struttura SVN (ormai assorbita dai Git peer), auguro come sempre un ottimo lavoro al team di KDE, e mi auguro che lo switch abbia fatto venir fuori le potenzialità di contributor che magari con SVN sarebbero rimasti nell'ombra di una subdir. E in via assolutamente definitiva dò il benvenuto a KDE nella grande famiglia dei progetti Git :)
Photo courtesy of zakiakhmad