Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Ebbene: ho provato Diaspora

In questi ultimi giorni ho avuto l'occasione grazie al grandissimo Alessio (omonimo! :D) di provare Diaspora, beneficiando del suo invito. Che dire, lo sto ancora testando, lo sto provando, ma soprattutto sto assistendo ad uno smercio assurdo di inviti e alla creazione di una comunità abbastanza coesa grazie ad un fattore micidiale: la curiosità :)

Mi è successo infatti di essere aggiunto come contatto da tutto e da tutti, dandomi anche la possibilità di mettere alla prova quanto gli sviluppatori incentivano l'utente a creare diversi "aspetti" della sua vita. In questo modo, si può facilmente suddividere il proprio livello di interazione in compartimenti stagni e decidere con chi condividere quale contenuto. Un po' come le liste di Facebook, solo che mentre su Facebook tali caratteristiche sono opzionali, Diaspora è incentrato prevalentemente proprio sul "condividi cosa vuoi con chi vuoi". Non c'è niente fuori dal proprio controllo, sia in campo di sharing che in campo di privacy: in qualsiasi momento è possibile scaricare i propri dati, e cancellarsi senza che venga memorizzato alcunchè.

Dunque dicevo, la curiosità: è bellissimo vedere come attorno allo sviluppo di uno strumento del genere che ha più un intento di ricerca che l'intenzione di scalzare alcunchè da qualunque posizione, si crei una piccola comunità di persone che testano, esprimono opinioni, e magari danno anche una mano alla scrittura del codice; sto vedendo come, per qualcuno un po' più smaliziato, la curiosità faccia da padrona anche riguardo tool e software che è risaputo che non hanno uno scopo pratico.

Già, perchè è questo il problema di Diaspora: il gigantesco hype che lo aveva etichettato come "l'anti facebook" lo ha portato ad essere sottovalutato in virtù del suo vero scopo: mostrare a tutti che è possibile fare sharing dei propri dati personali pur non affidando i propri contenuti ad una piattaforma e a mani esterne. Tutto il resto non conta, è pura fuffa, l'hanno detto anche gli sviluppatori: solo in questi giorni con l'apertura del server publico per la prima Alpha il social network ha aggiunto uno scopo alla sua todo list. Quello cioè di far testare e incentivare l'utilizzo di Diaspora per quanto riguarda la creazione di social network e, più in grande, la creazione di un grande meta-social-network dove l'architettura possa essere server-agnostic e gli utenti possano interagire, da una macchina all'altra, da un dominio all'altro.

È difficile, ma allo stato attuale è già possibile e quello portato avanti dagli sviluppatori di Diaspora è un concept straordinario: iniziato con Laconi.ca/Status.net, prosegue adesso con questo nuovo episodio in salsa Facebook. In ogni caso, utilizziamo questo mio articolo anche per dare via qualche invito, suvvia.

Dispongo di ben cinque inviti a Diaspora, che saranno inviati ai primi cinque commentatori che diranno "si lo voglio" :D

Forza, fatevi sotto, ed esplorando insieme questo nuovo social network contribuiamo al testing e a farne crescere la base del codice. Ovviamente per fare ciò, chiunque altro commenti al di fuori di quelle prime cinque persone, magari otterrà un invito da qualche magnanimo individuo che l'ha prima ottenuto da me :D

Android Market si rinnova: le novità

Oggi gli sviluppatori di quello che ormai è il sistema operativo di eccellenza per i dispositivi mobili, per gli amici Android, per gli amici stretti Andy, ci hanno svelato un po' di barbatrucchi per i mesi a venire. È stato così che ho scoperto cose che mi hanno fatto esultare, e cose che, ahimè, mi hanno fatto inorridire.

Et voilà. Un Market completamente rinnovato (nella forma e nel coloreeeh, è trasformazioneeeh), con una nuova vista che ci invoglia a riempire il nostro androide di roba. Per carità, non che il vecchio fosse brutto, anzi; solo che con questa nuova estetica, ancora più appetibile per (spero) chiunque, adesso il Market sarà una vera gioia per gli occhi da sfogliare.

Dov'è la fregatura? Beh, non è una vera e propria fregatura, sta di fatto che, dai prossimi giorni, il tempo disponibile per chiedere un rimborso per via di un'applicazione installata che non ci piace, sarà portato dalle canoniche ventiquattro ore a quindici striminziti minuti. È vero che così ci sarà sicuramente meno gente che chiede di essere rimborsata, d'altra parte però c'è da dire che potrebbe verificarsi la condizione in cui qualcuno particolarmente furbo e birbone, si salva l'apk e chiede subito il rimborso, esattamente come prima. Quindi, in fin dei conti, non è che questa cosa vada molto a giovare a noi end user.

Per finire, Google ha deciso, e non so se esserne contento o scontento, di portare la taglia massima degli apk a 50 MegaByte. È bene? Non lo so: da una parte, sicuramente potremo permetterci di avere nel market applicazioni non più necessariamente "strette", si potrà eccedere con le features, tuttavia questo potrebbe essere anche un fattore che potenzialmente può permettere agli sviluppatori appena entrati nel giro di fregarsene dello stato dell'arte, e produrre abomini con tre funzioni che pesano un fantastiliardo. Ciò che è sicuro comunque, è che le nostre povere piccole tariffe dati risentiranno un po' di questo, naturalmente, anche se personalmente spero di non trovarmi mai a dover scaricare un apk di 50 MegaByte sotto 3G. :D

Finalmente Android

Qualche settimana fa, stufo dell'attesa (si, la faccio molto breve), ho fatto irruzione nel negozio Tre vicino a dove abito e, in fretta e furia (e con papà garante, lode a lui), ho acquistato un HTC Desire assieme ad un piano tariffario in abbonamento. La cosa è stata agevole sin da quando sono uscito dal negozio ma, prima di uscire, ho dovuto acquistare il mio terminale. Anche se il fato aveva deciso di impedirmelo.

L'acquisto

Perchè tutte queste difficoltà? Non sto comprando un'automobile, nè stipulando un mutuo. Eppure ho dovuto portare il mio contratto di lavoro, un garante che fosse un parente ed eccezionalmente coperto. Come ho già pensato in passato vivendo situazioni simili, non ho mai visto qualcuno fare tante storie per farsi dare dei soldi.

Dopo ciò, c'è da dire che ho avuto una fortuna sfacciata. Per una incredibile coincidenza infatti proprio quella mattina dopo settimane di stallo è cambiato il listino prezzi di Tre, facendo scendere l'importo delle rate e facendo salire la maxirata finale. Per questo motivo quindi l'importo del finanziamento era diverso da quello riportato dal software, che ovviamente andava in errore e, tra le mie interiori imprecazioni, sono state impiegate più di due ore perse tra call center e gestori di negozi vari per capire cosa diamine fosse accaduto.

Ok, firmato il contratto (ho perso il conto dei fogli e dei campi che ho firmato), finalmente esco dal negozio con il mio Desire. Finalmente. E arrivato a casa l'ho subito configurato e connesso al wifi.

Android

Mamma mia. Veramente, se cercate note negative in questo post a proposito del sistema operativo di mamma Google avete sbagliato posto. È incredibile come l'interfaccia possa essere così reattiva, anche su terminali poco potenti (ho avuto modo di testare su altri dispositivi), così bella, e soprattutto come tutto ciò possa essere così funzionale allo stesso tempo. La cosa che mi ha stupito, riguardo questo OS, è stata la disponibilità di applicazioni. È vero, ormai è uno dei maggiori motivi di propaganda, ma il Market, detto da utente, è veramente fornitissimo, tanto più che ormai parecchi social network che hanno l'applicazione apposita per iPhone ne hanno una del tutto simile per Android. La cosa di cui non soffrirete mai e poi mai quindi, è la penuria di applicazioni, assolutamente assente.

Ovviamente ho provveduto a creare un profilo su AppBrain, e, dopo una settimana, superato l'esonero di Ingegneria degli Algoritmi, ho eseguito il root. Che è praticamente una delle procedure più semplici che io abbia mai seguito.

Dopodichè, ho anche installato una ROM di terze parti :D

All'inizio avevo scelto OpenDesire, del buon AdamG, ma non essendo disponibile tramite ROM Manager la lista delle release della ROM, ho optato per una scelta di ripiego, ossia CyanogenMOD. Di cui poi mi sono innamorato. Ovviamente ho provveduto a ripristinare tutti i dati, e ho potuto godere di tutto ciò che avevo, e anche di ciò che non avevo.

Utilizzo: serve davvero?

Dipende. Se non ne avete la necessità, no. Tuttavia dovrete ammettere che poter controllare la posta da un dispositivo così piccolo è una grande comodità. Come è una grande comodità poter controllare i propri server, governare il PC in SSH, chattare con i propri amici, scattare una foto all'improvviso, giochicchiare pigramente ad Angry Birds. Tra l'altro, piccola nota personale, ho cominciato ad usare grazie ad Aldiko Reader il mio Desire come eBook reader, e devo ammettere che nonostante il piccolo monitor da poco meno di quattro pollici, il piccolo se la cava alla grande: la lettura è agevole, non stanca per niente l'occhio (anche grazie al toggle Giorno/Notte) e tutto d'un tratto posso portare con me un'intera libreria senza avere il bisogno di zaini per contenere quintali di roba.

Quindi, alla fine di questo post, posso trarre delle conclusioni. La prima è che Android è fatto benissimo, e una volta rootato ci si può fare praticamente ogni cosa. Mi piace veramente tanto, ed è per questo che da adesso questo blog avrà anche una sezioncina sul sistema di Google. Come seconda considerazione, posso dire di trovarmi veramente bene con il Desire, un terminale che non cambierei per nulla al mondo.

Paola Caruso, e lo schifo del Corriere

Sono entrato da poco nel mondo dell'informazione, sto imparando giorno dopo giorno che convivere con questo mestiere non è facile, e seppure nel mio piccolo di blogger per una testata online, posso comprendere alcuni dei meccanismi che governano il mondo del giornalismo. Ecco, io mi rendo conto di essere fortunatissimo a lavorare con gente come Matteo, il mio "capo", che sa riconoscere l'impegno quando lo vede. Me ne rendo ancora maggiormente conto, quando vedo persone che, pur facendosi il culo per anni (sette), non vedono riconosciuti i propri meriti e si vedono passare avanti il giovinotto baldanzoso di turno, con le unghie integre e le mani da avvocato.

Paola in questo momento è un'eroina (non la droga, l'aggettivo), un'eroina che si batte per qualcosa che tange anche me. La piaga del precariato, precisamente in ambito giornalistico. La piaga dello schifo che fa la redazione del Corriere della Sera. La piaga di una redazione fatta di gente che, a conoscenza del suo sciopero della fame e della sete, per questa ingiustizia, ha preferito tacere e abbassare il capo piuttosto che alzarsi e urlare.

Meglio di me lo spiegano altri: l'homepage di Macchianera è cambiata, anche Gilioli le ha dedicato qualche riga,  e Nicola Mattina ha scritto una lettera aperta che reputo ineccepibile dal punto di vista formale. Ovviamente potete seguire lo stato delle cose anche sul blog di Paola, e non mancate di farle sapere, in qualche modo, il vostro (spero) scontato pieno appoggio.

File di testo e righe duplicate, eliminiamole.

Oggi nel tardo pomeriggio, il mio amico @chemicky_pes ha fatto una domanda su Twitter il cui scopo per certi versi può risultare inutile, tuttavia per puro scopo di ricerca abbiamo pensato di studiare un po' la cosa e risolvere questo piccolo quesito, in vari modi; non masticando lui la Bash, e volendo affrontare il problema con un software in C, io ho tagliato corto con un po' di alto livello che, in questi casi, ci salva sempre :D

[blackbirdpie id="3153761987989504"]

In particolare la questione, non ben spiegata con quel twit, è stata: e se io non volessi doppioni nel .bash_history? Il .bash_history, per chi non sapesse, è quel file nascosto nella home di un utente in un sistema operativo Unix, che governa la "memoria" della console; ossia, premendo il tasto SU (si, la freccia), si accede agli ultimi comandi in ordine cronologico che sono stati inseriti, e l'elenco è contenuto proprio nel suddetto file. Ora, volendo risolvere il problema, ho approcciato la cosa preferendo un po' di sano scripting. Ed ho risolto con uno script di cui vi posto lo pseudocodice, chè se leggete il mio codice Bash fate notte e vi viene il mal di testa :P

for rigazero to ultimariga do{ #indice X
for rigazero to ultimariga do{ #indice Y
if (rigax==rigay)
cancella_riga
}}

In pratica che succede: grazie al doppio for scorro il file di riga in riga e cancello quelle duplicate. Problema: comunque mi cambiano parecchi parametri se elimino la riga in maniera netta, devo mantenere lo spazio vuoto al suo posto, o usare un while. Siccome non sono una persona molto paziente, ho cercato su Google una maniera rapida per risolvere il problema delle righe duplicate, e ho trovato delle dritte su AWK, praticamente a mia opinione l'unico programma su Linux più difficile da usare di Sed: infatti AWK è un programma che accetta non parametri, bensì vere e proprie istruzioni come input. Un programma programmabile, praticamente l'inferno. Non so che succede se lo si usa in maniera ricorsiva, probabilmente escono le cavallette dal PC, o gli UFO vengono a rapirti. Fatto sta che con una bella istruzione, a occhio banale, di AWK, ho risolto:

awk '!x[$0]++' targetfile.txt

A occhio, dicevo, è banale, ma spiegare perchè una riga del genere elimini le righe duplicate in un file... :D

Non entrando nei dettagli, AWK con quel parametro scannerizza il file come un array che in ogni cella ha una riga. Dopodichè grazie al suo mistico potere (secondo me infatti sto software funziona per magia) guarda quali sono le righe duplicate, e agisce di conseguenza, mandando in output il file senza doppioni. Usarlo in pratica è un altro conto, ed è leggermente più complicato, perchè necessita di un file temporaneo a cui appoggiarsi:

awk '!x[$0]++' filetarget.txt > temp.txt && mv -f temp.txt filetarget.txt

In questa maniera facciamo fare ad AWK il suo porco lavoro, poi sbattiamo tutto nel temp.txt, dopodichè facciamo la copia forzata sul file target. Et voilà :)

Ovviamente però, la soluzione è ancora più semplice. Infatti Bash ha una maledetta opzione per fare tutto ciò, e ce l'ha detta @axsergi (il compagno di merende con cui mi scambio tipsntricks vari, perchè siamo entrambi AUR packager per Arch Linux): basta infatti aggiornare una maledetta variabile d'ambiente che dice alla console proprio questo :D

export HISTCONTROL=ignoredups

Tuttavia la teoria spiegata è comunque valida: questo ragionamento fatto con AWK può applicarsi a qualunque file, e magari ricordare questo comando quando abbiamo bisogno di sfoltire un file troppo corposo che ci da fastidio su un server può risparmiarci un po' di grattacapi ;)

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