Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Caino Fest 2011 - la meraviglia

Ciò che ho passato negli ultimi giorni è stato uno degli eventi più belli che io abbia mai vissuto, da che ho memoria, in questo lungo anno che tra qualche mese si accingerà a volgere al termine. Ho infatti fatto un salto nelle terre ciociare in verità poco distanti da casa mia, per passare un paio di meravigliosi giorni con Federico aka Killeader in occasione della Caino Fest 2011. Tanto verde, tanta musica, e soprattutto tanto hacking, cosa che non mi sarei mai aspettato, hanno caratterizzato il tempo che abbiamo speso insieme; c'è stata l'occasione di dimostrarsi forti delle proprie conoscenze, e soprattutto non sono mancati i momenti riderecci in cui tentavamo di accendere aggeggi con il cablaggio sbagliato o l'alimentazione staccata.

Il delirio: Windows != routing

La prima sera, dato che Federico disponeva di questo bel router US Robotics, abbiamo tentato l'impossibile cercando di portare una connessione da una penna Vodafone a tutta l'area del festival. Cosa fattibile in cinque minuti in Unix, ma tra lo USR e la penna 3G c'era di mezzo un PC Windows da cui far passare i pacchetti: dopo circa un'ora e mezza, due ore forse, di smanettamento, siamo riusciti solamente a ottenere di pingare qualche host interno. A questo punto abbiamo smontato tutto, e come da buona filosofia KISS, abbiamo messo al posto della macchina Windows un Macbook, il quale con la potenza di qualche click e l'attivazione della condivisione della connessione ha risolto il problema. Ovviamente la stessa cosa sarebbe stata possibile con Ubuntu (o una qualsiasi distro Linux), e la creazione di un hotspot wifi tramite NetworkManager. Unix powah :D

C'è da dire che poi abbiamo scoperto che cercavamo di infilare il cavo ethernet nella WAN anzichè nella RJ45 indirizzata alla LAN, ma queste sono quisquilie, dato che comunque una volta corretto il tiro non funzionava comunque una mazza.

Le cose mistiche: uno USR come repeater

Vincitori, abbiamo poi provato con l'access point casalingo a ripristinare la precedente configurazione, ossia quella secondo cui da un gateway posto al piano di sopra, il segnale arrivava fino allo USR di cui ho scritto e veniva ripetuto un po' in ogni dove coprendo tutto il copribile. Ora, non so se c'entra il fatto che io ripercorrendo i passi che avevamo svolto in precedenza abbia anche disattivato il firewall del repeater, ma per più di 24 ore quel maledetto coso abilitando solamente il WDS tra i due trasmettitori e disabilitando il DHCP sul ripetitore, non ha voluto saperne di andare. Poi ho usato la Forza il giorno dopo ed è andato tutto a posto, come ci si aspetta da dei veri Jedi.

Nel frattempo, ho anche mostrato al buon Federico che era così gentile da ospitarmi nella sua magione, che smanettare un terminale Android è qualcosa di veramente semplicissimo: root e custom ROM nel giro di circa un quarto d'ora, accorciando di un po' i tempi morti dovuti alla banda non proprio prestante.

Il contorno

Nel contorno bucolico di Roccasecca e Aquino abbiamo avuto tante esperienze di hacking, quello vero. Abbiamo per esempio confrontato, ad un orario improbo, la struttura della rete Internet con la rete di neuroni appartenente al cervello umano, e il fatto che tale tecnologia manchi per ora di autocoscienza. Insieme a questi discorsi filosofici, c'è stata tanta musica: in particolare voglio ringraziare i Wora Wora Washington con cui mi sono fatto una bella chiacchierata, e che sul palco del festival sono stati veramente magnifici.

Ho anche vinto la maglia del Caino Festival! Eccola qua:

Doveva essere del mayor della venue su FourSquare al termine dell'evento, e ovviamente io non ho perso occasione per crivellare il post di checkin, anche se sono stato battuto all'ultimo da una persona dello staff... tuttavia la maglia l'ho presa io lo stesso perchè i checkin dello staff non valevano :D

Affianco alla musica e a tutte le persone meravigliose che ho conosciuto in questo piccolo soggiorno ciociaro, il mio ringraziamento più grande va ovviamente a Federico e alla sua famiglia, di una dolcezza assoluta e di una nerditudine senza pari: il sensore di movimento che fa accendere le luminarie della veranda è qualcosa che non avevo mai visto e che ci tengo a replicare quanto prima. In seconda battuta ma assolutamente non per importanza voglio menzionare: Davide, perchè è troppo un figo e finalmente dopo anni di chatteria siamo riusciti a vederci e a mangiarci un paninozzo insieme, e Jose che non conoscevo ma che adesso conosco (lapalissiano.) e mi tengo stretto assolutamente. Un grazie anche a Manuel, con il quale abbiamo scoperto di aver passato almeno due ore della nostra vita gomito a gomito, pur non rendendoci conto l'uno dell'altro. In sua difesa, il soggetto ha detto:

Ah ma quindi eri tu il capellone con la maglietta di Wikipedia!

E poi ovviamente un invito: durante questo periodo dell'anno, informatevi per il Caino Fest 2012, perchè è un'iniziativa che merita veramente tanto, nella quale c'è prima di tutto il cuore di tutti coloro che la organizzano, con fondi propri.

Stay rock!

KDE: la mia configurazione

Ho deciso di scrivere questo post dopo aver visto su Google+ che effettivamente in tanti hanno mostrato interesse per le componenti del mio desktop, così effettivamente mi sono accorto che forse era meglio tornare ai vecchi tempi: scrivere cioè un post come memorandum personale, nel caso cambiassi macchina, e come punto di discussione e di condivisione del know-how per gli altri. Sai mai, infatti, che arrivi qualcuno che non sappia i trucchetti banali che andrò ad esporre.

Keep It Simple: leviamo la robaccia

Parecchio del lavoro che ho fatto sul mio KDE appena installato è stato orientato alla semplificazione. Il K Desktop Environment è una massa di cose che, compilate ed eseguite senza un minimo di tweaking, non ha minimamente senso. La cosa positiva è che, se ci impegnamo, rimane tutto configurabile comodamente attraverso pratici menù visuali, niente di trascendentale quindi. Il primo trucchetto che applico io di solito, è disattivare Nepomuk. Si si, lo so, Nepomuk e l'indicizzazione sono in realtà come pilastri per KDE dalla release 4 in poi, ma a me serviva qualcosa di usabile e che non fosse eccessivamente pesante sulla CPU, quindi via l'indicizzazione. Andate nelle impostazioni di sistema e levate il segno di spunta a quel coso.

La seconda cosa è levare, ogni volta che posso, i pulsanti idioti. Sono un fan del look and feel minimale, e con un colpo di click destro sulla toolbar delle finestre, molte volte appare un menù contestuale molto carino che ci permette di scegliere grandezza e cose varie, riguardo le icone e i testi. È vero, magari dovrebbero esserci dei defaults maggiormente settabili, ma comunque per ogni applicazione possiamo avere la nostra impostazione di toolbar preferita; per esempio, io per Kopete ho una finestra di chat in cui se compare la menubar è grasso che cola (perchè non la so togliere eh - ah a posto, trovato adesso, non scherzo).

Allo stesso modo andiamo nelle preferenze dell'aspetto delle applicazioni, e configuriamoci per bene Oxygen: togliamo le animazioni, lasciamo solo quello che ci interessa, e facciamo un bel lifting alle scrollbar, le quali se di default possono essere orribili, con qualche ritocco diventano molto belle a vedersi e assolutamente non invasive per l'occhio. Per finire di configurare Oxygen dobbiamo andare nelle preferenze dello spazio di lavoro, dove possiamo impostare il bordo delle finestre: io personalmente adoro le finestre borderless, quindi mi sono scelto qualcosa che andasse bene per me, comunque per dare una linea al mio desktop ho usato l'impostazione borderless e i pulsanti della finestra piccoli sulla sinistra (à la OSX).

Per finire, disabilitiamo tutti gli effetti desktop che non siano le ombre, e qualche cosa d'altro a piacere. Io ho addirittura impostato il compositing su XRender, per far consumare ancora meno CPU a KWin, che comunque è diventato un software dal consumo addirittura ragionevole con KDE 4.7.0. Dovremmo più o meno esserci, la prima parte, quella della scrematura è completata.

Lo spazio di lavoro

È importante chiarire che io non uso KDE come viene accessoriato, con tutti i plasmoidi e le minchiatine varie. La mia configurazione di KDE riflette la semplicità che a me piace mantenere sul desktop, e la funzionalità prima di tutto. Quindi via tutto quello che non serve, e ripristiniamo le funzionalità che tanto ci piacciono di ambienti desktop un po' più "retrogradi" ma che ci fanno lavorare in scioltezza, aumentando la nostra produttività e non costrigendoci ad aprire programmi su programmi per ogni task. Il mio KDE quindi è costituito da un pannello solamente, dove risiedono Lancelot (il "blob" per lanciare i programmi), la taskbar molto tradizionale, e la system tray. Poco altro.

Potete ovviamente decidere voi se piazzare questo pannellone in alto o in basso, comunque fatelo con cura perchè sarà poi il vostro riferimento spaziale per qualsiasi attività. Nel mentre, levando tutti i plasmoidi, clickando di destro, possiamo andare a cambiare non solo lo sfondo, ma attraverso il submenù Disposizione, possiamo ripristinare il bellissimo desktop classico al quale eravamo tanto abituati, scegliendo Vista delle Cartelle. La posizione poi, se far fare ad /home/`whoami` da scrivania o creare una directory apposita, è totalmente arbitraria.

Avete scelto uno sfondo che vi piaccia? Bene. Perchè adesso chi smanetta mi deve seguire.

Personalizzazione di Konsole

Dato che a quanto pare gli altri terminali sono tutti effettivamente piuttosto brutti, vi mostro come ho ridotto la mia Konsole, con l'aiuto del sapiente Zidagar che effettivamente ha saputo darmi qualche dritta nel momento del bisogno. Borderless, rigorosamente (è bella), a sfondo nero, con un colore foreground che vi piaccia, e senza menubar. Aspetto semplice, bello e confortevole: cosa diavolo volete d'altro da una riga di comando? :D

Per togliere di mezzo la menubar, od eventualmente rimetterla al suo posto, basta un colpo di Shift+CTRL+M; come font consiglio Terminus, o Monaco che il mio monospaziato preferito.

Varie ed eventuali

Come ultimo consiglio, andate a smanettare nel gestore delle impostazioni per qualsiasi cosa. KDE ha l'unico pregio di essere pienamente configurabile (oltre che molto bello e accattivante visivamente) quindi se volete fargli fare qualcosa, sappiate che egli può. Prima di schifare KDE in ogni caso, a ogni utente raccomando di configurare per bene tutto spendendoci qualche oretta, settando magari moltissime shortcut per lavorare in maniera più agile. Ovviamente per l'integrazione GTK ho usato il nuovissimo Oxygen-GTK di cui si parla molto in rete, specificatamente per l'integrazione di Chrome all'interno di KDE penso di scrivere un articolo a parte, perchè effettivamente è un lavoraccio combinare tutti gli aggiustamenti necessari ad un tema che non lo faccia diventare un'aberrazione.

Piccolo punto in sospeso è il desktop: nella Software Compilation 4.7.0 infatti è migliorato, ma la scrivania tradizionale ha ancora bisogno di tanto amore. Altro piccolo tip: siccome le ombre azzurre sono terribili, dal menù di configurazione di Oxygen per quanto riguarda i bordi della finestra, è possibile riportare quella schifezza al colore nero naturale che gli compete.

Hasta luego.

Thanks, Debian. :)

L'ho già scritto sulla pagina ufficiale, ma un post sul blog in questa giornata è d'obbligo: eh si, perchè da circa ventiquattr'ore ormai Debian è maggiorenne, ha diciotto anni. E io, come ogni buon compagnuccio di giochi, gioisco al suo compleanno, per la sua maggiore età, e anche perchè seppur avendo trovato altre vie per le mie workstation desktop, comunque sui miei server, casalinghi, e di produzione, c'è sempre lei.

È nei miei server, è nei server di tutti i miei amici, ed è nei loro desktop, seppure alcune volte in forma edulcorata e un po' più "arancione". Ma è sempre lei, alla fin fine; grazie Debian, grazie di cuore. Dopo Arch, è sicuramente la distro da cui ho imparato di più e sulla quale mi sono fatto più le ossa smanettando piano piano con il mio computerino.

Ehi Debian. Ti voglio bene.

Nella mia toolbox: Read It Later

Può capitare che durante la giornata veniamo sommersi dagli stimoli di ciò che ci circonda; questo è in particolare vero di chi fa del web la sua seconda casa, e vive in costante connessione, lavorando, mangiando, cucinando, bevendo, dormendo (ah quante volte, svegliarsi alle quattro di notte per la vibrazione del telefono e invece è una stupida newsletter). Ebbene, ovviamente non ce la si fa a star dietro a tutte queste cose, a tutti gli articoli che incontriamo e che non abbiamo il tempo di leggere perchè siamo, ahimè, troppo impegnati ad avere una vita sociale (:D) o robe simili; così qualche geniale sviluppatore ha inventato per noi la possibilità, prima, ed i mezzi per farlo, poi, per permetterci di salvare il contenuto di questi post o articoloni che siano tramite pochi click per poi rileggerli altrove, magari quando non abbiamo niente da fare o comunque siamo costretti a subire la più grande piaga del terzo millennio, ossia i tempi morti.

Read It Later è il nome di uno di questi servizi, per la precisione quello che uso io dato che comunque si integra alla perfezione sia con tantissimi browser che con molti altri tipi di dispositivi; per esempio, mi soffermerò più avanti sull'applicazione per Android, fatta veramente bene. Read It Later, insomma, è un servizio che memorizza i contenuti al posto nostro, una sorta di rumine del web: è vero che i tempi morti sono fondamentali per riflettere su se stessi e sulla vita, ma fondamentalmente io in sette ore di treno, ad esempio, mi annoierei un sacco. Per questo motivo quindi ho cominciato ad usare questo servizio, che mi permette di sfruttare al massimo il mio tempo sostituendo le parti noiose della mia vita con delle letture interessantissime (selezionate, ovviamente, dal sottoscritto).

Read It Later per Chrome

Attualmente il massimo che possiamo ottenere da Read It Later in quanto a supporto per Google Chrome è solo robaccia non ufficiale. Piuttosto deludente per me e per voi, vista la figata di servizio che è e considerato quante parole c'ho speso appena un paragrafo fa per dire quanto sia compatibile con tutti i browser di questo mondo e quanto sia fichissimo tutto questo sistema... ma purtroppo va così. Onestamente, non sento molto la mancanza di un'estensione ufficiale per Chrome. È vero infatti che è comodo poter gestire tutto da una macchina di più grandi dimensioni come un PC con su un browser, in realtà tutti gli articoli me li leggo dall'androide, quindi per il momento almeno chi se ne frega.

Mi basta l'estensione che utilizzo io, cioè questa, la quale mi mette a disposizione un piccolo tasto nella URL bar di Chrome il cui compito è, con la semplice pressione, quello di mandare il post a Read It Later per processarlo e successivamente salvarlo nei propri archivi; i miei dispositivi mobili faranno il resto scaricando automaticamente l'articolo per farmelo leggere poi.

Read It Later per Firefox

A quanto pare, per Firefox invece abbiamo supporto ufficiale e completo: l'estensione salva tutto anche offline, e rende disponibile il contenuto anche per la lettura via browser, cosa da non sottovalutare soprattutto se non si possiede uno di quegli aggeggi infernali Linux-powered che molti usano chiamare smartphone ma che a me piace ribattezzare "affare meraviglioso che fa dodicimila cose e in aggiunta addirittura telefona".

Read It Later per Android

Eccoci qua, al punto chiave. Se con i nostri PC abbiamo già fatto esperienza di quanto Read It Later sia un gran servizio che ci permette di massimizzare la nostra produttività facendo fuori qualsiasi momento morto, con l'applicazione per Android si arriva all'apoteosi: il nostro "telefono" infatti scarica automaticamente gli articoli, rendendoceli disponibili in una praticissima forma condensata, ossia priva di template e altri fronzoli, semplicemente testo nero su bianco, ben contrastato e di facile lettura. Nella versione Pro che costa allo stato attuale ben due euro abbiamo un sacco di feature in più, ma la versione Free per il momento, anche solo per provare, andrà benissimo; se poi volessimo acquistare Read It Later Pro, c'è uno sconto del 40% su Android Market di cui io, personalmente, ho proprio intenzione di approfittare.

Devo dire che grazie a Read It Later ho ripreso a leggere anche la sera prima di dormire, sparandomi magari tutta la salva di post che per un motivo o per l'altro di giorno non riesco a leggere; in più, sono previste molteplici opzioni di sharing per gli articoli direttamente dall'applicazione, cosa che ho apprezzato parecchio essendo io un drogato di Twitter: con pochi tap sullo schermo chi mi segue riceve il mio update con annesso articolozzo interessante da leggere. O magari da salvare su Read It Later :D

Insomma, veramente una bella scoperta, e se prima potevo perdermi qualcosa del vastissimo web, finalmente ho scoperto come diavolo fare per restare "on the edge" senza sviluppare sedici personalità diverse. Consiglio il servizio, e soprattutto consiglio l'applicazione per Android che non ho ancora testato su nessun tablet, ma che dev'essere qualcosa di meraviglioso.

La Tecnica del Pomodoro: usiamola con profitto

Negli ultimi tempi ho avuto un calo di produttività decisamente vergognoso. Per questo motivo, mi sono messo a guardare in giro, per trovare qualche soluzione elegante, e la scelta è ricaduta su ciò che mi è più simpatico in questo ambito, una mia vecchia conoscenza di un anno fa, ovvero la Tecnica del Pomodoro. Cos'è la Tecnica del Pomodoro? Questa tecnica è un metodo per tracciare il proprio tempo in maniera molto semplice: bastano infatti un timer da cucina, e un pezzo di carta, se proprio vogliamo essere precisi, altrimenti anche il solo timer può bastare abbondantemente; detta in parole povere, si tratta di focalizzarci su un solo task finchè non suona il timer, impostato "di default" a venticinque minuti, dopodichè cinque minuti di pausa.

Sul sito ufficiale vengono date indicazioni generali, modalità per tenere traccia dei pomodori svolti, feedback e tanto altro. Io l'ho trovata piuttosto utile, perchè esattamente come è successo all'inventore della Tecnica, sono riuscito a tramutare il tempo buttato con i miei deficit dell'attenzione in tempo utile all'apprendimento, alla scrittura, a tutte quelle cose insomma che necessitano di un po' più di testa per essere fatte. Certo non mi metto a impostare pomodori per giocare ad Angry Birds :D

Posso garantire che per me funziona, ed è stata una manna dal cielo anche per la mia autostima: tenere traccia di cosa ho fatto e vedere che la mia produttività poteva aumentare ulteriormente mi ha spinto a fare ancora di più. Psicologia spicciola? Probabile, ma se funziona, tanto vale farsi abbindolare.

Pomodori su Android: Pomodroido

Naturalmente da bravo Android-addicted ho subito installato sul mio dispositivo onnisciente e onnipresente qualcosa che mi permettesse di tracciare e configurare i miei pomodori in maniera molto nerd: ho quindi optato per Pomodroido, che già nella sua versione aggratise fa tutto ciò che deve fare. Possiamo infatti scegliere la durata dei pomodori, la durata delle pause piccole e la durata delle pause lunghe. Tutto ciò combinato ad una simpatica e piacevole interfaccia tutta rossa, che, direi, è molto in tono con l'argomento.

La versione a pagamento non offre grandi cose in più: un minimo di integrazione con Tasker (il quale ci viene spiegato dal Vinz in un suo post genialissimo che vi consiglio di leggere), e qualche altra scemenza; per il resto, è tutto compreso nella versione gratuita dell'applicazione che comunque credo comprerò, per dare due soldini allo sviluppatore che ha fatto sicuramente un ottimo lavoro. All'interno di Pomodroido viene anche incluso un carinissimo sistema di achievement, il quale dopo un certo numero di pomodori svolti ci fa "avanzare di livello" come nel migliore dei giochi di ruolo. Nerdiness inside nerdiness, quindi :P

Ma... mi distraggo troppo!

Se troppe persone vi rompono le scatole mentre siete focalizzati sul vostro task, non riuscirete a completare il vostro pomodoro. Il metodo che suggerisco io, per riuscire a trarre soddisfazione dalla Tecnica del Pomodoro e portare al minimo i compiti rimanenti sulla vostra todo-list, è semplicemente quello di mandare a fanc cagar quel paese un po' di gente. Uno deve pure essere lasciato libero di lavorare, altrimenti tutta questa manfrina non serve proprio a un bel niente.

Ora vado, ché mi suona il pomodoro.

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