06 Sep 2011
Non importa quanto tu sia veloce nei tuoi click, non importa che tu sia un hacker abilissimo, non importa che la tua presenza online sia così massiva e influente che l'indice della tua pagina di Klout riporta degli asintoti verticali.
Non importa l'indice in borsa, non importa il bacino d'utenza, non importa lo scheduling, non importa che a capo del progetto di manutenzione ci sia un individuo più o meno idiota, tutto ciò è assolutamente irrilevante.
Importa solo il fatto che quando ne avrai la necessità, sia tu un privato o un'azienda che fa della propria presenza sui social media una delle caratteristiche di punta, quando sarà arrivata la resa dei conti, quando il momento della verità si appropinquerà, il tuo account Facebook sarà sempre, irrimediabilmente, non disponibile.
02 Sep 2011
E mentre Steve Jobs si dimette dal ruolo di CEO di Apple, Android continua ad andare fortissimo, prima di tutto in quanto a marketshare, e poi nel mio cuore perchè, che diamine, è pur sempre Linux. Stavolta quindi vi faccio vedere un paio di trucchi carini su come sfruttare il nostro super robottino mentre siamo in movimento per svolgere task su macchine remote, o meglio ancora, iniziare a paciugare sul nostro terminale da remoto, magari dalla nostra workstation, semplicemente perchè non abbiamo voglia di alzarci.
Ovviamente, un piccolo disclaimer iniziale: oltre a non essere responsabile se rompete il vaso cinese di vostra nonna con un SSH sulla porta sbagliata (o sull'IP sbagliato), le applicazioni che elencherò e le piccole procedure che andrò a spiegare richiedono root. Non obbligatorio eh, ma certo vi sarete accorti che soprattutto con la Bash presente sul vostro piccolo linuxfonino, senza permessi di amministratore potete fare ben poco.
Android → Unix
Per la parte Android to Unix, o in generale qualsiasi macchina che abbia installata una Secure SHell, parte che si rivela la più semplice, basta un'applicazione che andiamo a reperire sul Market, di nome ConnectBot. Tramite ConnectBot possiamo tranquillamente collegarci al nostro computer in SSH, inserendo gli opportuni parametri in fase di configurazione, molto breve, del programma. Un paio di passaggi, e se l'installazione di OpenSSH che abbiamo funziona decentemente saremo subito dentro. Ci sono un po' di barbatrucchi da studiare, come i metodi per intimare dei keyboard interrupt su una QWERTY a schermo che non è dotata di CTRL, ma tutto si fa e a tutto c'è rimedio. Basta aprire il comodo foglietto illustrativo che è possibile invocare dal menù.
Android ← Unix
Per quanto riguarda la parte inversa, ossia agire dalla macchina sul terminale Android, c'è una pratica applicazione che possiamo scaricare, chiamata SSHDroid. Normalmente non richiede root, e non ho avuto modo di testarla con dei privilegi ristretti, ma quello che consiglio è di eseguire comunque il rooting del device prima di usarla, non per altro, ma perchè sicuramente facendola girare sotto root si acquisiscono maggiori privilegi sul sistema. Le indicazioni sono tutte contenute nell'applicazione: c'è anche la possibilità di eseguire il pairing GPG, di impostare una password per l'autenticazione diversa da quella ridicola di default ("admin", tanto per cambiare), e di fare un sacco di altre cose interessanti, di quelle che si fanno di solito in fase di configurazione di un server SSH insomma.
Una volta preparato il tutto, vi basta connettervi in SSH usando root@ip-del-device, come dice anche l'app stessa, e siete dentro, a posto. Se invece volete provare qualcosa di esotico e vi trovare per caso un terminale con una CyanogenMod installata, potete attivare il server SSH integrato nella ROM seguendo questo pratico tutorial sul wiki ufficiale. Non lo consiglio dato che comunque SSHDroid è una scelta più immediata, ma sicuramente può essere interessante, nonchè integrata in maniera migliore come soluzione.
Bene. Mi aspetto che dopo questo articolo, tutti voi andiate a ravanare in SSH sui vostri androidi per fargli sognare tante pecore elettriche. :D
29 Aug 2011
Ciò che ho passato negli ultimi giorni è stato uno degli eventi più belli che io abbia mai vissuto, da che ho memoria, in questo lungo anno che tra qualche mese si accingerà a volgere al termine. Ho infatti fatto un salto nelle terre ciociare in verità poco distanti da casa mia, per passare un paio di meravigliosi giorni con Federico aka Killeader in occasione della Caino Fest 2011. Tanto verde, tanta musica, e soprattutto tanto hacking, cosa che non mi sarei mai aspettato, hanno caratterizzato il tempo che abbiamo speso insieme; c'è stata l'occasione di dimostrarsi forti delle proprie conoscenze, e soprattutto non sono mancati i momenti riderecci in cui tentavamo di accendere aggeggi con il cablaggio sbagliato o l'alimentazione staccata.
Il delirio: Windows != routing
La prima sera, dato che Federico disponeva di questo bel router US Robotics, abbiamo tentato l'impossibile cercando di portare una connessione da una penna Vodafone a tutta l'area del festival. Cosa fattibile in cinque minuti in Unix, ma tra lo USR e la penna 3G c'era di mezzo un PC Windows da cui far passare i pacchetti: dopo circa un'ora e mezza, due ore forse, di smanettamento, siamo riusciti solamente a ottenere di pingare qualche host interno. A questo punto abbiamo smontato tutto, e come da buona filosofia KISS, abbiamo messo al posto della macchina Windows un Macbook, il quale con la potenza di qualche click e l'attivazione della condivisione della connessione ha risolto il problema. Ovviamente la stessa cosa sarebbe stata possibile con Ubuntu (o una qualsiasi distro Linux), e la creazione di un hotspot wifi tramite NetworkManager. Unix powah :D
C'è da dire che poi abbiamo scoperto che cercavamo di infilare il cavo ethernet nella WAN anzichè nella RJ45 indirizzata alla LAN, ma queste sono quisquilie, dato che comunque una volta corretto il tiro non funzionava comunque una mazza.
Le cose mistiche: uno USR come repeater
Vincitori, abbiamo poi provato con l'access point casalingo a ripristinare la precedente configurazione, ossia quella secondo cui da un gateway posto al piano di sopra, il segnale arrivava fino allo USR di cui ho scritto e veniva ripetuto un po' in ogni dove coprendo tutto il copribile. Ora, non so se c'entra il fatto che io ripercorrendo i passi che avevamo svolto in precedenza abbia anche disattivato il firewall del repeater, ma per più di 24 ore quel maledetto coso abilitando solamente il WDS tra i due trasmettitori e disabilitando il DHCP sul ripetitore, non ha voluto saperne di andare. Poi ho usato la Forza il giorno dopo ed è andato tutto a posto, come ci si aspetta da dei veri Jedi.
Nel frattempo, ho anche mostrato al buon Federico che era così gentile da ospitarmi nella sua magione, che smanettare un terminale Android è qualcosa di veramente semplicissimo: root e custom ROM nel giro di circa un quarto d'ora, accorciando di un po' i tempi morti dovuti alla banda non proprio prestante.
Il contorno
Nel contorno bucolico di Roccasecca e Aquino abbiamo avuto tante esperienze di hacking, quello vero. Abbiamo per esempio confrontato, ad un orario improbo, la struttura della rete Internet con la rete di neuroni appartenente al cervello umano, e il fatto che tale tecnologia manchi per ora di autocoscienza. Insieme a questi discorsi filosofici, c'è stata tanta musica: in particolare voglio ringraziare i Wora Wora Washington con cui mi sono fatto una bella chiacchierata, e che sul palco del festival sono stati veramente magnifici.
Ho anche vinto la maglia del Caino Festival! Eccola qua:

Doveva essere del mayor della venue su FourSquare al termine dell'evento, e ovviamente io non ho perso occasione per crivellare il post di checkin, anche se sono stato battuto all'ultimo da una persona dello staff... tuttavia la maglia l'ho presa io lo stesso perchè i checkin dello staff non valevano :D
Affianco alla musica e a tutte le persone meravigliose che ho conosciuto in questo piccolo soggiorno ciociaro, il mio ringraziamento più grande va ovviamente a Federico e alla sua famiglia, di una dolcezza assoluta e di una nerditudine senza pari: il sensore di movimento che fa accendere le luminarie della veranda è qualcosa che non avevo mai visto e che ci tengo a replicare quanto prima. In seconda battuta ma assolutamente non per importanza voglio menzionare: Davide, perchè è troppo un figo e finalmente dopo anni di chatteria siamo riusciti a vederci e a mangiarci un paninozzo insieme, e Jose che non conoscevo ma che adesso conosco (lapalissiano.) e mi tengo stretto assolutamente. Un grazie anche a Manuel, con il quale abbiamo scoperto di aver passato almeno due ore della nostra vita gomito a gomito, pur non rendendoci conto l'uno dell'altro. In sua difesa, il soggetto ha detto:
Ah ma quindi eri tu il capellone con la maglietta di Wikipedia!
E poi ovviamente un invito: durante questo periodo dell'anno, informatevi per il Caino Fest 2012, perchè è un'iniziativa che merita veramente tanto, nella quale c'è prima di tutto il cuore di tutti coloro che la organizzano, con fondi propri.
Stay rock!
18 Aug 2011
Ho deciso di scrivere questo post dopo aver visto su Google+ che effettivamente in tanti hanno mostrato interesse per le componenti del mio desktop, così effettivamente mi sono accorto che forse era meglio tornare ai vecchi tempi: scrivere cioè un post come memorandum personale, nel caso cambiassi macchina, e come punto di discussione e di condivisione del know-how per gli altri. Sai mai, infatti, che arrivi qualcuno che non sappia i trucchetti banali che andrò ad esporre.
Keep It Simple: leviamo la robaccia
Parecchio del lavoro che ho fatto sul mio KDE appena installato è stato orientato alla semplificazione. Il K Desktop Environment è una massa di cose che, compilate ed eseguite senza un minimo di tweaking, non ha minimamente senso. La cosa positiva è che, se ci impegnamo, rimane tutto configurabile comodamente attraverso pratici menù visuali, niente di trascendentale quindi. Il primo trucchetto che applico io di solito, è disattivare Nepomuk. Si si, lo so, Nepomuk e l'indicizzazione sono in realtà come pilastri per KDE dalla release 4 in poi, ma a me serviva qualcosa di usabile e che non fosse eccessivamente pesante sulla CPU, quindi via l'indicizzazione. Andate nelle impostazioni di sistema e levate il segno di spunta a quel coso.
La seconda cosa è levare, ogni volta che posso, i pulsanti idioti. Sono un fan del look and feel minimale, e con un colpo di click destro sulla toolbar delle finestre, molte volte appare un menù contestuale molto carino che ci permette di scegliere grandezza e cose varie, riguardo le icone e i testi. È vero, magari dovrebbero esserci dei defaults maggiormente settabili, ma comunque per ogni applicazione possiamo avere la nostra impostazione di toolbar preferita; per esempio, io per Kopete ho una finestra di chat in cui se compare la menubar è grasso che cola (perchè non la so togliere eh - ah a posto, trovato adesso, non scherzo).
Allo stesso modo andiamo nelle preferenze dell'aspetto delle applicazioni, e configuriamoci per bene Oxygen: togliamo le animazioni, lasciamo solo quello che ci interessa, e facciamo un bel lifting alle scrollbar, le quali se di default possono essere orribili, con qualche ritocco diventano molto belle a vedersi e assolutamente non invasive per l'occhio. Per finire di configurare Oxygen dobbiamo andare nelle preferenze dello spazio di lavoro, dove possiamo impostare il bordo delle finestre: io personalmente adoro le finestre borderless, quindi mi sono scelto qualcosa che andasse bene per me, comunque per dare una linea al mio desktop ho usato l'impostazione borderless e i pulsanti della finestra piccoli sulla sinistra (à la OSX).
Per finire, disabilitiamo tutti gli effetti desktop che non siano le ombre, e qualche cosa d'altro a piacere. Io ho addirittura impostato il compositing su XRender, per far consumare ancora meno CPU a KWin, che comunque è diventato un software dal consumo addirittura ragionevole con KDE 4.7.0. Dovremmo più o meno esserci, la prima parte, quella della scrematura è completata.
Lo spazio di lavoro
È importante chiarire che io non uso KDE come viene accessoriato, con tutti i plasmoidi e le minchiatine varie. La mia configurazione di KDE riflette la semplicità che a me piace mantenere sul desktop, e la funzionalità prima di tutto. Quindi via tutto quello che non serve, e ripristiniamo le funzionalità che tanto ci piacciono di ambienti desktop un po' più "retrogradi" ma che ci fanno lavorare in scioltezza, aumentando la nostra produttività e non costrigendoci ad aprire programmi su programmi per ogni task. Il mio KDE quindi è costituito da un pannello solamente, dove risiedono Lancelot (il "blob" per lanciare i programmi), la taskbar molto tradizionale, e la system tray. Poco altro.
Potete ovviamente decidere voi se piazzare questo pannellone in alto o in basso, comunque fatelo con cura perchè sarà poi il vostro riferimento spaziale per qualsiasi attività. Nel mentre, levando tutti i plasmoidi, clickando di destro, possiamo andare a cambiare non solo lo sfondo, ma attraverso il submenù Disposizione, possiamo ripristinare il bellissimo desktop classico al quale eravamo tanto abituati, scegliendo Vista delle Cartelle. La posizione poi, se far fare ad /home/`whoami` da scrivania o creare una directory apposita, è totalmente arbitraria.
Avete scelto uno sfondo che vi piaccia? Bene. Perchè adesso chi smanetta mi deve seguire.
Personalizzazione di Konsole
Dato che a quanto pare gli altri terminali sono tutti effettivamente piuttosto brutti, vi mostro come ho ridotto la mia Konsole, con l'aiuto del sapiente Zidagar che effettivamente ha saputo darmi qualche dritta nel momento del bisogno. Borderless, rigorosamente (è bella), a sfondo nero, con un colore foreground che vi piaccia, e senza menubar. Aspetto semplice, bello e confortevole: cosa diavolo volete d'altro da una riga di comando? :D

Per togliere di mezzo la menubar, od eventualmente rimetterla al suo posto, basta un colpo di Shift+CTRL+M; come font consiglio Terminus, o Monaco che il mio monospaziato preferito.
Varie ed eventuali
Come ultimo consiglio, andate a smanettare nel gestore delle impostazioni per qualsiasi cosa. KDE ha l'unico pregio di essere pienamente configurabile (oltre che molto bello e accattivante visivamente) quindi se volete fargli fare qualcosa, sappiate che egli può. Prima di schifare KDE in ogni caso, a ogni utente raccomando di configurare per bene tutto spendendoci qualche oretta, settando magari moltissime shortcut per lavorare in maniera più agile. Ovviamente per l'integrazione GTK ho usato il nuovissimo Oxygen-GTK di cui si parla molto in rete, specificatamente per l'integrazione di Chrome all'interno di KDE penso di scrivere un articolo a parte, perchè effettivamente è un lavoraccio combinare tutti gli aggiustamenti necessari ad un tema che non lo faccia diventare un'aberrazione.
Piccolo punto in sospeso è il desktop: nella Software Compilation 4.7.0 infatti è migliorato, ma la scrivania tradizionale ha ancora bisogno di tanto amore. Altro piccolo tip: siccome le ombre azzurre sono terribili, dal menù di configurazione di Oxygen per quanto riguarda i bordi della finestra, è possibile riportare quella schifezza al colore nero naturale che gli compete.
Hasta luego.
16 Aug 2011
L'ho già scritto sulla pagina ufficiale, ma un post sul blog in questa giornata è d'obbligo: eh si, perchè da circa ventiquattr'ore ormai Debian è maggiorenne, ha diciotto anni. E io, come ogni buon compagnuccio di giochi, gioisco al suo compleanno, per la sua maggiore età, e anche perchè seppur avendo trovato altre vie per le mie workstation desktop, comunque sui miei server, casalinghi, e di produzione, c'è sempre lei.
È nei miei server, è nei server di tutti i miei amici, ed è nei loro desktop, seppure alcune volte in forma edulcorata e un po' più "arancione". Ma è sempre lei, alla fin fine; grazie Debian, grazie di cuore. Dopo Arch, è sicuramente la distro da cui ho imparato di più e sulla quale mi sono fatto più le ossa smanettando piano piano con il mio computerino.
Ehi Debian. Ti voglio bene.