Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Ubuntu 11.10, le mie impressioni

Oggi mi sono trovato per qualche minuto senza avere niente da fare, attendendo che venissero completati dalla mia macchina vari task (imparate: l'automazione è la cosa più bella che l'essere umano abbia inventato); così, ho deciso di impiegare una trentina di secondi per mandare in esecuzione un debootstrap su una partizione vuota ed installare a manina Oneiric, cosa che viene fatta in circa cinque minuti, più due di setup finale, avendo a disposizione una buona banda e residuati bellici di ben dell'intelletto.

Quando è stato tutto pronto ho fatto il primo boot e ho messo le mani sulla distro: non c'è dubbio che Canonical come ho detto più volte stia facendo un buon lavoro, e se uso Arch Linux è solo per il mio stranoto sadomasochistico fustigazionismo nerd; Unity risulta ben curata, assolutamente coesa, e in grado di offrire un'esperienza utente decisamente superiore, ove possibile, se confrontata con quella della precedente versione della distro africana. L'uso del branch di sviluppo di Compiz comporta la morte civile in caso di smanazzamento dei settaggi, ma poco male. Sono dell'idea infatti che un paio di bacchettate sulle mani ai troppo smanettoni ci vogliano... e con questo non intendo dire che sono favorevole all'assoluta mancanza di configurabilità che impera sovrana in GNOME 3.0. GNOME 3.0 che si presenta alla base dell'ambiente grafico di questa piccola neonata ancora nella pancia della mamma come qualcosa di monolitico ma immensamente patchato per certi aspetti, come la gestione energetica e tante altre piccole cose che ne fanno una versione riveduta e corretta al gusto arancio, e che sinceramente a me non dispiacciono per niente, dato che comunque si sacrifica un pezzetto della vision dei designer GNOME per inserire qualche funzionalità comunque non troppo invasiva rispetto alle HIG e in ogni caso funzionale.

Quello che ho potuto notare è stata una piccola regressione delle prestazioni di Compiz nel dragging delle finestre e nel disegno dei widget grafici, cosa che si è poi scoperto dipendere ovviamente dalla mia scheda video imbarazzante ma soprattutto dal doppio monitor: su monitor singolo con una risoluzione più umana infatti il comportamento era normale, mentre nella gestione di due testate visuali improvvisamente il mio compositing preferito diventa rosso e comincia a balbettare. Gliel'ho detto che non dev'essere timido, ma credo non ci si possa far niente. E io però col PC devo lavorarci, per tutti i santi; possibile che addirittura Mutter abbia bissato Compiz 0.9 in quanto a performance sul dragging? Ma non è nemmeno immaginabile. Eppure accade.

A parte questo, un altro aspetto molto fastidioso è stato il non poter invocare il pannello di Unity una volta impostato a scomparsa: non voleva proprio più emergere dal lato sinistro dello schermo ._.

Fortunatamente, con un paio di moine e qualche carezza sexy sul tasto super hanno fatto comparire la dashboard, e da li ho poi potuto cominciare a lavorare regolarmente: peccato che ad ogni boot mi tocchi fare questa cosa ridicola di dover andare a ripescarmi la dock dentro la dashboard perchè non ne vuole sapere di venir fuori da sola finchè non apro un programma.

Per il resto, tutto molto bello: ovviamente GNOME 3 atterra qualsiasi altro DE, tralasciando la questione GNOME Shell che è parecchio controversa (anche nella mia testa, il mio emisfero sinistro la odia e quello destro la ama); Nautilus tra le riscritture di GNOME Foundation e le patch di Canonical è diventato veramente un bel pezzo di gnoc software. Stesso dicasi per qualsiasi componente della distribuzione, come il Software Center: semplicemente orgasmico, oltre che scattante e non più pachidermico come suo nonno della versione 11.04.

Fortemente consigliato l'update, ASAP se siete persone che vogliono smanettare, con diciassette giorni (circa) di delay se siete utenti che invece con il PC ci fanno anche altre cose oltre lo smanetto. Daje.

Vasco, Nonciclopedia, e il non saperci stare

Quest'oggi stavo firmando delle cose per lavoro e non mi sono accorto subito del putiferio che si stava scatenando in rete; da stamattina infatti Nonciclopedia ha chiuso, e non ha chiuso per fare i lavori in soggiorno e divenire più grande e più bella di prima, bensì come autocensura di protesta da parte degli amministratori per via di azioni intimidatorio/simil-processuali intraprese da... Vasco Rossi. Dopo la gran brutta figura fatta poco tempo fa in cui praticamente anche mia cugina di sette anni poteva dargli lezioni sull'uso dei social media, la sedicente - e solo "sé", perchè nessuno a parte lui penso sia dicente che egli rivesta qualcosa di simile al ruolo di - rockstar ha visto che questo sito praticamente sconosciuto (o no? :D) riportava cose poco carine sul suo conto e, come il miglior Sheldon Cooper a cui bisogna spiegare il sarcasmo prima che possa capire una battuta, ha deciso di prendere provvedimenti.

Poteva farsi una risata, poteva mandare a quei poveri uomini di Nonciclopedia una torta, poteva comportarsi in mille maniere, ma ha deciso per quella che da buzzurro quale è gli si confà alla perfezione: tirare una piazzata notevole in campo legale, facendo il bullo coi più piccoli (e i conti senza l'oste ma questa è un'altra storia). Ovviamente è tutto documentato sia su Facebook da persone che dovrebbero fargli da social PR ma che in realtà sanno solo peggiorare l'effetto valanga che si è venuto a creare, che su Nonciclopedia stessa, la quale reca un diario più o meno aggiornato degli eventi e delle impressioni.

Il risultato di questo gesto, che denota una pochezza infinita e un'infima conoscenza della rete sia da parte di Rossi in prima persona, che di coloro che gli stanno a fianco per assisterlo a fare la socialstar mancata, dato che comunque Nonciclopedia ormai è un sito simbolo dei tempi e qualcosa di più che famoso, si palesa in questo modo: #vascomerda a tratti in top five dei trending topic mondiali, caterve di insulti, su praticamente qualsiasi piattaforma, e soprattutto una pagina, messa su non so da chi e non so come, che però in qualche ora e rotti di attività ha superato i centomila fan e continua a fagocitare iscritti ad una velocità impressionante.

Complimenti Vasco, bellissima opera di personal branding. Un lavoro coi fiocchi veramente studiato, preciso e puntuale.

Hopen - l'avventura ha inizio

È iniziato tutto tempo fa: Simone mi telefona, e mi dice: "Lo sai, stavo pensando a una cosa, in Italia non esiste alcun punto di riferimento per quello che riguarda l'open culture". Effettivamente lo pensavo anch'io da un po' di tempo, così pensa che ti ripensa abbiamo deciso di mettere su un bell'ambaradan che, più che generare riverbero all'interno della cricca di soliti noti che nel panorama italiano si occupano di questo, li riunisca sotto un solo tetto per poi generare una eco che pervade il paese su questi temi che, d'importanza cruciale e chiacchierati in tutto il mondo, da noi sono sempre più spesso sottostimati e accantonati in favore di politiche di stampo muffito, vecchie sin nel midollo.

Hopen quindi, l'incrocio delle parole hope e open, è il nome di questa nostra iniziativa (ambiziosa senz'altro ma non impossibile) che si prepone il fine didascalico di sensibilizzare chiunque voglia porgere orecchio sui temi verso cui sta virando il mondo intero: sostenibilità, open design, open data, consumo collaborativo e ovviamente ultimo, ma non per importanza, l'open source, che è poi un po' il motore immobile di ciò che abbiamo in mente; se è vero infatti che ormai l'approccio "aperto" viene adottato in una moltitudine di campi assolutamente tra i più disparati, comunque ciò che ha dato il via a tutto, ciò che ha mostrato come un nuovo mondo fatto di cooperazione e rapporti tra le persone fosse possibile, è stato proprio il movimento open source, a cui tutti dobbiamo molto.

Quindi, per concludere, invito tutti a leggere il guest post di Simone sul blog di Estrogeni, che illustra l'iniziativa meglio di me: il 7 Ottobre ci si vedrà per un primo meeting che metta a fuoco la situazione, una tavola rotonda senza assolutamente nessuna pretesa, per ora. Chi volesse partecipare, trova qui molti dettagli ed un modulo per segnalare la propria presenza.

It's time to rock this stage.

Dimenticavo, l'hashtag ufficiale è #hopen11. Stay tuned.

Punti esclarrogativi

Totem è un po' il software piccolo e nero di tutta la suite messa a disposizione dal team di GNOME. Nessuno lo vuole, lo si bistratta, ed effettivamente con qualche opzione in più sarebbe un pelo meglio; dei tentativi di dropparlo e farlo cadere in disgrazia parlerò in seguito, questa sera mi preme semplicemente porre l'accento su un fattore estetico. Non avevo ancora aperto il player in questione infatti, ma stasera per caso mi sono ritrovato a farlo, in particolare per ascoltare un brano audio che mi ha fatto ridere molto.

Ebbene, ho trovato sul mio desktop dopo qualche secondo qualcosa di questo genere:

Ora, comprenderete il mio stato d'animo. Un programma che non segue Adwaita ma ne adotta una variante di colore scuro? C'è qualche developer che sa spiegarmi se è un bug dovuto al fatto che stasera è Sabato 17, oppure è veramente così e si è deciso di cominciare a differenziare le finestre?

(Nello screenshot non c'è il brano che mi ha fatto ridere ma una canzone molto triste, niente di che.)

Torno a casa lesso

Mentre tutti parlano di Windows 8, di questa benedetta developer preview che è uscita scatenando pareri discordanti tra il "che cagata pazzesca" e il "lo amo fottutamente", io invece voglio narrarvi di qualcosa di diverso. Di qualcosa di trascendente, di sacro quasi. Voglio parlarvi di GNOME 3.2. È vero infatti che da una settimanella ormai ho installato la 3.1.90 sulla mia Arch Linux, grazie ancora una volta a [gnome-unstable], e l'impressione di fondo è che finalmente cominciamo ad avvicinarci a quello che dovrebbe essere un ambiente desktop funzionale e a prova di schizzinoso.

Quello che ho potuto notare sin da subito è stato finalmente che Mutter non consuma più la pletora di risorse di un tempo, anzi: è stato nettamente alleggerito per permettere anche ai meno abbienti di non sclerare appresso al banale dragging di una finestra;anche la modalità Activities sembra molto migliorata, tant'è che finalmente non faccio più fatica con la mia VGA dell'anteguerra a gestire i workspace virtuali, anzi, è tutto molto molto migliorato all'insegna dell'usabilità e soprattutto delle prestazioni anche in un campo un po' ristretto come quello delle schede video d'annata (o poco prestanti).

Documents mi va in segmentation fault. Online Accounts è meraviglioso, ma ancora non sono riuscito a fargli sincronizzare i contenuti con quello che voglio io; in particolare, Contacts rimane miserevolmente vuoto nonostante il tic su ON per l'importazione da Google. Peccato :(

La sensazione generale, comunque, è di una rinnovata leggerezza, e soprattutto di una ventata di novità nel panorama Linux desktop, non in quanto interfaccia, ma in quanto applicazioni cloud oriented e gestione di finestre particolari come quelle di GIMP che godono di simpatiche proprietà di visualizzazione, anche se purtroppo anche GNOME Shell non può fare niente contro l'annoso problema del focusing dei pannelli flottanti. Il giorno che questo verrà risolto probabilmente io sarò già morto, ma dato che addirittura con una delle ultime release è arrivato l'antialiasing sui bordi arrotondati delle finestre, allora probabilmente c'è speranza per tutti. Anche per quelli che hanno la scheda video che fa cagare, come il sottoscritto.

Il resto delle impressioni è un po' come quello che ho scritto su OneOpenSource urlando di giubilo vedendo che il mio computer non diveniva più un ferro bollente solo per fare quattro animazioni, quindi insomma... mi sento pronto a ridivenire uno GNOMEr, anche se non proprio a tutti gli effetti, ma forse di questo vi parlerò un altro giorno. Ciò che è importante è che sinora, con la mia GNOME Shell, sono abbastanza soddisfatto nel complesso. E mi sento un po' come essere tornato a casa, come il figliol prodigo che è stato lontano tanto tempo e infine viene festeggiato.

E l'antialiasing sui bordi delle finestre è il mio vitello grasso.

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