Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Debian su SPARC - ce la feci

(Non fate battute sul titolo o vi ammazzo)

Finalmente ce l'abbiamo fatta. Con la collaborazione di qualche valoroso cavaliere del Kernel Rotondo sono riuscito a buttare una Debian funzionante sullo SPARC  che è arrivato qualche giorno fa al LUG di Tor Vergata. Ovviamente non vi dirò che era chissà quale problema, ma la semplice verità, ossia che bastava invertire l'attacco del lettore DVD collegato alla macchina per farlo andare correttamente: dopo aver dato il famigerato boot cdrom di cui OpenBoot aveva bisogno, mi sono sentito rispondere Welcome on Debian sul monitor, e ho visto la nostra workstation Sun cominciare a fare il boot. Mi sono quasi emozionato :D

La procedura d'installazione non ha richiesto grandi abilità, è stato come bere un bicchier d'acqua: tutto funziona e ora quella macchina credo sarà uno dei nostri server di punta. Intanto c'è un Windows ME da esorcizzare, su cui ci impegneremo presto.

P.S.: abbiamo un sito ufficiale del LUG ospitato direttamente sotto uniroma2.it. Visto che figata? Poi dicono che i soldi dei contribuenti non sono ben spesi. :P

Incontri ravvicinati con un UltraSPARC

Sono giorni di lavoro, lavoro e ancora lavoro, tuttavia tra una cosa e l'altra abbiamo trovato il tempo di aprire anche il LUG dell'Università Tor Vergata. All'interno della nostra alcova nerd da qualche giorno si trova un nuovo piccolo gioiello recuperato da uno scantinato, un bel Sun SPARC Ultra5, con sopra una Gentoo parecchio vecchia e un po' malmessa; la mia iniziativa è stata quella di scaricare varie ISO di Debian per SPARC e provare a farci qualcosa.

C'è un problema però: a quanto pare il DVD che abbiamo masterizzato non risulta bootabile (e si, in caso ve lo steste chiedendo, la workstation *è dotata* di lettore DVD). OpenBoot di Sun dice che non gli piace, che è peggio dei broccoli, e che, soprattutto, non risulta un file eseguibile; mi sto addentrando nel mistero. Spero che si risolva tutto con una nuova masterizzazione fatta da me a casa, anche se mi sa che dovremo ricorrere a soluzioni più arcane come il boot via rete, o il boot da floppy.

ok boot cdrom

L'esperienza social prima e dopo il "contatto"

Negli ultimi giorni mi sono fermato a pensare ad alcuni aspetti di quella che è la social life, in particolare italiana, ma anche del resto del mondo, anche se non ho dati sufficienti sul resto del mondo. Assumendo per ipotesi però che tutto il mondo è paese possiamo estendere questi miei piccoli pensieri dalla nazione italica (n) al mondo (n+1). Quello che ho ideato è ovviamente come al solito malsano e nocivo per le vostre menti, quindi onde evitare di prendermi davvero sul serio, sappiate che è tutto frutto di del cazzeggio, mica di cose vere e di studi effettuati a tavolino. La mia esperienza, nient'altro.

Partiamo con un esempio: molto tempo fa, secoli, anni, eoni, ere, antani, ho conosciuto Piplos, su questo bel forum, e abbiamo cominciato a parlare così tanto, ma così tanto, ma veramente in una quantità così inusitata che è successo che poi col tempo siamo anche diventati - colpo di scena - amici. E da amici poi abbiamo cominciato a condividere l'uno con l'altro reciproci aspetti della nostra vita, dalle passioni a quello che mangiavamo per pranzo. È successo poi che abbiamo deciso di incontrarci, dato che, per una fortuita coincidenza, mi sono recato in vacanza in un paese che era poco distante dalla sua terra natale, così è venuto a beccarmi lui, di persona, e sin da quando l'ho visto qualcosa è cambiato.

La stretta di mano, convenzione sociale fisica, ha improvvisamente allargato la banda della nostra comunicazione e, detto molto ingegneristicamente, il throughput dei nostri messaggi è aumentato in maniera esponenziale. Questo cosa significa? Ma è semplice, significa che davanti a me avevo comunque una persona fisica, non fatta di bit, che oltre che con le parole mi narrava di sé con la gestualità, con il movimento degli occhi, e parlava anzichè scrivere. Così l'evento si è ripetuto, e dato che lui sale spesso a Roma, abitualmente si fa sentire e usciamo a goderci un po' la città (e generalmente un Legendary all'Hard Rock Cafè).

Ho usato Piplos come esempio perchè è una delle amicizie più antiche che io abbia stretto online, ma anche la mia amica Alice è un buon esempio: certo non posso dire che la nostra esperienza sociale da quando ci conoscevamo solo in maniera "informatica" a quando poi siamo usciti una sera per un gelato sia rimasta la stessa cosa. Anzi: quando si approccia una persona conosciuta online, anche se si sono viste foto di questo individuo o si ha a disposizione l'intero profilo psicologico, la relazione rimane comunque qualcosa di incompleto; che può essere, per carità, sufficiente persino ad innamorarsi ad esempio di alcuni aspetti dell'interlocutore, ma è qualcosa di più asettico.

In ogni caso, è certo che un buon ingegnere sociale che punti alla schiusa del soggetto debba avere nel proprio bagaglio una serie di atteggiamenti validi in entrambi i casi, ma soprattutto un buon pool di comportamenti e gestualità da adottare per l'accesso alle informazioni in modalità online, ed un certo numero di approcci già verificati e funzionali nel caso in cui invece il soggetto a cui carpire i dati sia presente fisicamente, in carne ed ossa; se dunque il confidare delle informazioni coperte da presunto segreto può essere una motivazione abbastanza sufficiente per ottenere fiducia presso il bersaglio, in un incontro fisico offrire un caffè può essere già un buon primo passo.

Insomma, deriva socialingegneristica a parte, comunque è chiaro che conoscendo un individuo online, non possiamo comunque prevederne tutti i comportamenti, ma solo un ampio spettro che sarà comunque da completare con una profonda conoscenza fisica, durante la quale saremo comunque matematicamente sorpresi dalla vastissima gamma di gestualità che il soggetto adotterà, e noi non ci aspetteremo.

Il delirio nerd

Stamattina ero bloccato nel traffico ed effettivamente mi ha colto un pensiero non indifferente, sia in quanto a contenuto che come momento epifanico-catartico.

Ho pensato infatto che le trecce figherrime interoperabili dei cosi blu di Avatar siano il miglior esempio di standard de facto applicato al plug and play che si sia mai visto nella storia del cinema.

Ora potete menarmi.

Ventuno.

Apro Wikipedia e controllo un po' di cose.

Ventuno è il numero naturale dopo il 20 e prima del 22. È un numero difettivo. È l'ottavo nella successione di Fibonacci. Servono almeno ventuno quadrati distinti per comporne uno grosso. È numero ottagonale, fortunato, nonchè di Harshad.

L'alfabeto italiano ha ventuno lettere, ventuno poi è anche la porta raccomandata per FTP.

Ma soprattutto è il numero dei miei anni oggi: questo nuovo genetliaco porta tanta roba con sé. Il primo grosso regalo mi è già arrivato: con il lancio di Hopen, ho cominciato a pensare di potercela davvero fare, e da quel venerdì sera credo di aver capito tantissime cose su come funziona il mondo e soprattutto su come funziono io. Oltre il boot meeting di Hopen, che è un progetto in cui sto davvero mettendo me stesso, sono giunte soddisfazioni anche dalla vita universitaria; un'opinione forte sul sottoscritto di un paio di prof la cui stima mi rende davvero felice, nonchè poi il resto. È stato un anno ricco, infatti: ho fatto tanti test, tante prove, tante recensioni e mentre avevo vent'anni ed ero giovane e forte ho anche (e continuo) scritto fiumi di parole su OneOpenSource, con quel santo di Matteo a sopportare i miei scleri. Ma, oh, che ci volete fare, è il genio dell'artista.

Ventuno. Dio mio. Ventuno.

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