Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Chrome OS: cosa manca all'OS di Google

Abbiamo assistito, durante questi anni, al lento decollo dell’ecosistema Google, fatto di un lato mobile (Android, Google Play, annessi e connessi), ma anche di un lato più inerente le macchine “di produzione”. Nonostante gli ammennicoli che rendono meravigliosa la nostra vita come smartphone, televisori intelligenti e termostati più che furbi, il computer in senso stretto continua ad essere una componente fondamentale della nostra giornata, specificamente del nostro workflow: è in questo contesto che ha provato silenziosamente a tastare il terreno, per ora, Chrome OS.

All’inizio ero scettico riguardo alla nuova creatura di Google: nonostante il kernel Linux al quale sono molto affezionato per vari motivi (compreso il fatto che il sottoscritto ormai usa quasi solo Linux da più di sei anni), faticavo a vedere un browser direttamente delegato ad interfaccia grafica e desktop environment di un sistema operativo – sia pure un browser meraviglioso come Chrome. Negli ultimi mesi però le cose sono cambiate.

Chrome OS

È arrivato un launcher. Le applicazioni adesso vengono mostrate in una visuale più tradizionale, ed è presente una taskbar simile alla superbar di Windows 7 per gestirle. Ma, soprattutto, è arrivato un gestore di finestre: AuraWM, progetto open source nato proprio per rendere Chrome OS capace di attrarre l’utenza più smaliziata e soprattutto quelli che col PC qualcosa, effettivamente, fanno. Le tab non sono sufficienti come metodo di interazione: Google l’ha capito e ha messo un’eccellente pezza al suo lavoro, facendo tornare Chrome al suo mestiere di browser e mettendo al centro dello sviluppo un’esperienza utente meno nazista – sia pur basata su delle webview che a conti fatti sono sempre Chrome, seppure con un vestito diverso.

Sono applicazioni aperte in finestra singola, o a tutto schermo, svincolate dalle ormai millenarie schede del browser. Fare questo significa portare la webapp al livello di applicazione “normale”, con una sua dignità; e se sui device mobili le applicazioni in HTML5 et similia risultano approssimative, poco prestanti, sviluppate quasi da cioccolatai, su macchine più carrozzate e indicate come i ChromeBook o i ChromeBox o, più semplicemente, il mio laptop, un ambiente simile risulta avere, nonostante tutto, una coerenza di fondo non indifferente.

Google Chrome

Uno store di webapp. Google Drive, che aumenta la potenza e la pervasività dell’equazione Chrome OS ancora una volta. E soprattutto un window manager, un application launcher ed un ecosistema di dispositivi venduti direttamente da Google. Cosa manca a tutto questo?

Un IDE

Ho trovato molto fastidioso non poter vedere, almeno per ora, una connessione tra il mio Android e il ChromeBox che vorrei ordinare nonostante il prezzo altino. Come è possibile sviluppare da Chrome OS per Android? Questa è ancora un’incognita, eppure è uno stakeholder gigantesco, considerato che Chrome OS stesso è di Google come Android: un po’ come Windows senza un IDE per Windows Phone. Non è una cosa piacevole, no?

Secondariamente, oltre la programmazione Android che mi sembra già una priorità grossa, sarebbe necessario stilare delle HIG come è recentemente stato fatto per la UX mobile al fine di uniformare lo stile dell’esperienza web avuta da un utente usando Chrome OS. In fatto di design, il web con HTML5 offre una frammentazione ancora superiore a quella che si ha nel settore mobile – dato che praticamente qualsiasi sito può proporre se stesso come applicazione. Twitter ha già fatto qualcosa del genere con il suo framework Bootstrap; mi piacerebbe vedere Google rilasciare un suo IDE/framework per lo sviluppo di soluzioni third-party che nonostante tutto si integrino con la piattaforma – sia lato web, che lato client, facendo sentire l’utente in “casa Google”, sia quando i servizi sono offerti dal colosso dei media, sia nel caso opposto.

Applicazioni esterne (anche non-HTML)

In realtà tutto questo articolo e questi bisogni-non-bisogni derivano da una riflessione iniziale: negli ultimi tempi sto usando tantissimo Eclipse per Java e Dalvik. Avrei piacere che esistesse un modo per installare Eclipse su Chrome OS, e permettere così in Chrome OS l’ingresso di quella userland legata alla “modalità offline”. Mi trovo purtroppo ancora legato (come tutti credo) a dei paradigmi di utilizzo che mi impedirebbero un uso profittevole di Chrome OS: una delle killer application sarebbe proprio Eclipse. Si, ok, esiste Cloud9, ma vuoi mettere?

Insomma, anche da questo punto di vista  l’esperienza utente non è particolarmente felice, dato che il mondo professionale non è ancora votato al cloud in parecchi campi; magari un project manager può anche essere felice con il suo Gantt bel bello disegnato in cloud, ma un programmatore, un fotografo, un disegnatore CAD, non credo che possano essere altrettanto entusiasti di dire addio ad una gestione delle applicazioni come l’hanno sempre avuta.

Nerding The Newsroom

Ho iniziato da poco a guardare The Newsroom, la nuova serie di Sorkin tutta dedicata al mondo giornalistico dove un gruppo di sparuti membri della redazione del notiziario della sera prova a fare un telegiornale migliore.

Di solito sono un nerd di quelli molto attenti ai dettagli. In Tron Legacy ho più o meno riconosciuto tutti i comandi bash nei primi venti minuti di film – ovviamente ho anche apprezzato la filippica sull’open source digeribile anche per i meno abbietti. Quello che mi ha lasciato parecchio stupito è vedere come alcuni dettagli in The Newsroom siano curati in maniera impressionante. In che senso? Beh: prendiamo il personaggio di Neal. Ormai è diventato il mio preferito, nel giro di circa dieci minuti complessivi di apparizione su schermo.

Apprezzo molto l’amarcord informatico: ho visto qualcosa in questo episodio che mi ha fatto sorridere e venire (circa) una lacrima di orgoglio. Neal usa la vecchia versione di GMail per controllare la posta. È incredibile vedere come la sua figura sia inserita in un panorama totalmente geek fino al dettaglio – l’interfaccia di GMail è solo uno degli elementi, la passione per il TTS ne è un altro.

The Newsroom

Ovviamente anche il riferimento, sempre nel terzo episodio, meno nascosto del livello di dettaglio a cui sono abituato a cercare, ad HAL9000, beh… è stato più che apprezzato dal sottoscritto. Con queste premesse, credo che rimarrò un fedele spettatore di The Newsroom per molto tempo. Credo sia finito il tempo delle serie TV ridicole alla The Big Bang Theory: finalmente i nerd trovano il loro spazio in un ecosistema che, in forma di sit-com, viene rappresentato molto, molto meglio, a mio parere, da The IT Crowd.

Opinione personale, ovviamente. ;)

Let your workflow... flow.

In questi giorni, mi sono improvvisamente reso conto di quanto le cianfrusaglie abbiano preso il posto della mia scrivania. Per la verità è stato un passo piuttosto importante, dato che arrivando a considerare quelle cose che non mi decidevo a buttare come potenziale immondizia, ho potuto constatare quanto effettivamente inficiassero sulla mia libertà di pensiero.

Essendo io poi sensibile alla presenza di polvere, effettivamente, ho odiato un po’ la marmaglia di oggetti sparsi e accatastati sotto, sopra e attorno al mio povero monitor esterno. Avevo pensato, tempo fa, di comprare una scrivania più lunga, semplicemente per spostarmi in maniera più agevole sul tavolo; non è stato necessario.

Scrivania di Bl@ster

Dunque la mia considerazione riguardo ieri è: prima di comprare una scrivania più grande, pulisci quella di cui già disponi. Potresti accorgerti di aver sprecato un sacco di spazio fino a oggi, e non essertene minimamente reso conto.

Pur essendo io un cultore dell’ordine personale, ho capito che una scrivania pulita ti incita a fare e psicologicamente è più appagante, così ho deciso di liberare la scrivania dal dominio di Mordor degli oggetti inutili. Il caos riferito al mio cervello lo lascio (volentierissimo, beninteso) ai miei cassetti, che traboccano di “inspiring stuff” ogni volta che li apro: vedere oggetti di cui mi ero dimenticato persino che esistessero spesso su di me ha una funzione quasi ispirativa, infatti.

Ci tengo poi a ribadire che il terremoto di ieri non credo sia colpa mia, anche se a questo punto non credo metterò più a posto il divano su cui languono panni e gadget.

Fatevi un favore: più open source evangelist per tutti

Soprattutto negli ultimi tempi tra un libro e l'altro (questioni, robe di studio eccetera eccetera), ho cominciato a fare anche attività di diffusione rispetto al tema dell'open source, che ormai è disceso al centro della scena, soprattutto con la questione open data, che è ormai di importanza centrale nell'evoluzione delle infrastrutture statali e non.  "Open source evangelist", mi hanno definito alcuni; ho notato però che nel mondo enterprise figure come quelle di consulenti competenti che spieghino soprattutto ai colletti bianchi perché è utile avere un prodotto open source sul mercato e una community che cresce insieme ad esso.

Nixie Pixel Android

Mi succede sempre più spesso di entrare in contatto con delle realtà aziendali nuove e provare a "fare breccia" nei cuori di chi decide, provando a spiegare un po' come funziona l'ecosistema open source e perché starne all'interno anziché fuori può essere solo un plus, ma vengo sempre bloccato da moniti e parole inadatte, spesso derivanti da luoghi comuni, a volte veramente irritanti e, in qualche occasione, addirittura rinforzare da mala informazione.

Sicuramente sapete quanto sia dannoso il trovare una platea male informata, piuttosto che una non informata affatto: coloro che non sanno, infatti, ma sono in assenza di nozioni pregresse, sono "facili da plasmare"; non dovrete combattere contro un pregiudizio costruito con cura dal vostro cliente. Nel caso di interlocutori male informati, più o meno lo scenario che si presenta di solito è:

Ma si, noi però usiamo solo soluzioni closed source perché sono più stabili e più sicure, dato che il codice non si può vedere

Per chi volesse cominciare a fare l'open source evangelist: non saltate al collo di chi vi dice qualcosa del genere; al contrario aiutatelo a rendersi conto della castroneria che ha appena detto. Asciugandovi la bava dalla bocca, magari senza quel tic isterico di ciglia.

Per chi volesse essere evangelizzato: non siate supponenti, e non dite certe cose a chi prova a convincervi della bontà del modello che vi pubblicizza. Rischiate di fare una figuraccia e di vedere il vostro punto di vista ribaltato su tutta la linea.

Open source

Di solito, gli open source evangelist sono persone oneste che, prima o dopo, vi mettono anche in guardia dai rischi dell'avere un prodotto open (fatto da voi o mantenuto come pezzo dell'infrastruttura). Oltre che descrivervi i pregi dell'adozione di tale filosofia - oltre che modello economico di business), vi consiglieranno su come ridurre al minimo il "rinculo" e tutte le criticità dell'avere una comunità che lavora attorno al vostro prodotto. La paura verso i nuovi ecosistemi non porta a niente.

Prendetevi quindi cinque minuti per esaminare un po' di curriculum e un po' di blog, e valutate attentamente se vi serve un personale open source evangelist, per aiutarvi a rivedere la strategia aziendale; non è possibile che continuiate a fare la figura dei peracottari, quando vi presentate a qualsiasi evento che riguardi l'IT. Siate informati, rivolgetevi ad un open source evangelist.

Photo courtesy by Nixie and Br3nda

Verde di (i)NVIDIA

Stasera stavo giocando a Skyrim con il mio notebook, e tra una cosa e l'altra mi sono accorto della temperatura altissima a cui la mia GPU era arrivata. Immediatamente (ero su Windows) mi ha colto un momento di amarcord in cui mi sono rivenuti in mente un sacco di commenti da parte di utenti Linux riguardanti la temperatura delle loro macchine. Non è che sono snob, è che proprio non capisco i rantoli di certe persone, che aprono bocca e danno fiato: sotto Linux la mia GPU non ha mai raggiunto certe temperature, o se l'ha fatto è successo in caso di sforzi grandi.

nVidia

In generale la temperatura è sempre inferiore a Windows - anche in caso di giochi. Ovviamente Skyrim non è Minecraft o qualsiasi altro gioco (anche top) per Linux, tuttavia le chiamate alla scheda video sono pressoché le stesse e come calcoli per l'uno calcoli anche per l'altro. Non so.

Il pensiero repentino è che sicuramente questa GPU NVIDIA è stata un investimento proficuo al 100%, dato che oltre a farmi divertire parecchio con giochi e calcolo OpenCL, mi terrà anche al caldo per parecchi inverni. Basta giocarci un pochetto. :D

Ovviamente la battuta nel titolo è stata fatta milioni di volte, ma che ci devo fare: mi diverte.

Photo courtesy of George Armstrong

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