Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Vi racconto il posto dove lavoro

Negli ultimi tempi mi è successa parecchia roba. Non tutta positiva, ma nemmeno tutta negativa, anzi: non ho la minima intenzione di dire quale è il mio datore di lavoro (anche perché se mi seguite sui social network lo sapete quasi sicuramente), per il semplice fatto che non è importante; ma è importante che io vi racconti come funzionano le cose qui, dato che imperversano in rete una serie di personaggi più o meno autorevoli che dicono che in Italia non si possa fare niente che non venga stoppato dai mille problemi che abbiamo.

La premessa, a questo punto, l'abbiamo fatta. Ora direi di partire. No?

Innanzi tutto, ci sono un sacco di tavoli, e sono anche di buona fattura. È una questione da non sottovalutare, perché è il piano d'appoggio a fare il lavoratore, oltre che la voglia di fare, quindi avere a disposizione questi piccoli gioiellini ci migliora (nel suo piccolo) la vita. Ovviamente quando parlo di tavoli e tavolini scherzo, ma il mobilio è importante, quasi quanto avere delle sedie comode (che infatti abbiamo). Andiamo oltre: la mattina entro, e sento già qualcuno che in corridoio sbraita qualcosa in inglese al telefono. Procedo, entro, mi siedo, saluto il ragazzo davanti a me che viene da San Francisco.

Edo

Mi alzo e vado a fare un giro nella stanza accanto: alcuni amici mi raccontano i progressi che hanno fatto con la loro applicazione che si butta a capofitto nel settore dei viaggi, mentre mi sento battere sulla spalla: "Oh, guarda che figata questo codice che ho scritto". Lavorare qui in mezzo è notevole. Sei a contatto con delle startup niente male, e ogni giorno passano a trovarti o semplicemente a fare un giro un sacco di personaggi più o meno "famosi", per così dire. Non ho parole per dire quanto mi sento stimolato, e quanto la mia produttività abbia subito un balzo in avanti da quando ho avuto la possibilità di stare qui, insieme alle startup, insieme a un sacco di amici, insieme a persone che professionalmente mi hanno cambiato da cima a fondo insegnandomi cose nuove, sia tecnicamente che umanamente.

Il lavoro è tanto ma si porta a termine, tra una partita a ping pong e un caffè. È così che stanco, poggiando la pallina vicino alla rete e tornando alla scrivania, rifletto: mi sento un po' in Silicon Valley. È un piccolo miracolo, un miracolo di quelli veri, di quelli fatti dalle persone con le loro forze.

Chess

Quale è il punto di tutto questo racconto? È abbastanza semplice: quando sento dire che l'Italia è un paese finito, ho gli elementi per constatare che non è vero, che stiamo cominciando a dare qualche spintarella a tutto quello che non funziona. C'è bisogno di arrendersi, quando qualcosa va male? Personalmente, ho sempre pensato che se qualcuno mi ostacola, io spingo più forte. E non mi sono mai dimenticato del fatto che siamo un paese di innovatori, esattamente come si è sentito dire Fabio qualche giorno fa, e che dobbiamo solo ricordarci come si fa.

Sono felice, qui. Sono felice, perché senza sforzo, senza nessuno che mi mettesse i bastoni tra le ruote ho trovato un ecosistema notevole dove mettere alla prova la mia passione e farla aumentare giorno dopo giorno: la piccola San Francisco al centro di Roma che come una nave in tempesta si rimette al suo nocchiere e naviga attraverso le avversità senza farsi abbattere.

Pedius

È un'immagine, è tutta metafora, lo so. Ed è difficile, oltremodo difficile. Nell'ambito (parlo del mio, perché è quello che frequento) ci sono centinaia, migliaia di cervelli schiacciati da quello che vogliamo ribaltare; non è per niente piacevole trovarsi perennemente in una condizione da "uno su mille ce la fa". Ma trovo che nulla e nessuno possa permettersi di essere distruttivo nella situazione in cui siamo: non possiamo consentirci di sprecare alcuna delle nostre risorse (dal cervello ai muscoli al tempo) pensando di essere finiti. Possiamo solo vedere cosa non va e lottare perché venga cambiato, senza arrenderci, per far sì che il posto dove lavoro non rimanga l'unico dove si respira questa aria.

Tentiamo di combattere anche e soprattutto il collaterale: la mia felicità ha fine nel momento in cui devo lasciare questo edificio e mi ritrovo diretto a casa su un regionale scassatissimo, o quando il fisco del mio paese d'origine fa la sanguisuga su di me lasciandomi quello che a malapena mi basta per tirare avanti più qualcosa da "reinvestire" (attrezzatura da lavoro, qualche sfizio per non crollare psicologicamente, altro). Sono giovane, o forse siamo, dato che è un po' il mood di un ufficio intero. Crediamo che poco a poco anche questo possa essere modificato, per il bene nostro e della società in cui viviamo.

Dobbiamo lottare. È importante.

TIM Social e wiMAN trial a Roma: varie ed eventuali

Qualche settimana fa (e mea culpa per il ritardo nel postare) sono stato ospite di TIM per una serata in compagnia dello staff e di alcuni personaggi mitici (tipo Zamperini, per dire), con lo scopo di farci provare la nuova applicazione TIM Social e soprattutto farci fare un tour dimostrativo di wiMAN, il servizio di captive portal basato su Facebook Login di cui ho già parlando ospitando proprio qui un'intervista a Michele Di Mauro, per #opencore.

Potete vedere il mio faccione presente nel video riassuntivo delle due tappe (Roma e Milano):

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Dopo questo ci siamo concessi ad aperitivi e cene fatte di immensa lussuria e ingordigia, prenotate con restOpolis, mentre mi sono fatto una bella chiacchierata con Massimo Ciuffreda, che mi ha illustrato la visione di progetto (quindi qualcosa che ha meno a che fare con l'ambito tecnico) di wiMAN. Devo dire che uso già wiMAN al lavoro e ne sono abbastanza soddisfatto, quindi non solo ho apprezzato in passato l'open source utilizzato dal progetto, ma effettivamente ho anche goduto a vedere che tutto funziona come dovrebbe e senza procedimenti astrusi, con un packaging notevole.

wiMAN

L'app di TIM Social invece l'ho vista poco, per il semplice motivo che non utilizzo TIM come operatore, ma mi è sembrata carina l'idea di integrare l'aspetto multimediale e l'aspetto social-life in un polpettone abbastanza digeribile dagli utenti, che spero la useranno. [È un messaggio subliminale: se siete clienti TIM, usatela!]

Conclusione? Niente conclusione: la cena era bòna, l'aperitivo pure, e mi sono fatto una serata a parlare di nerdate persino con Amarituda. Daje. :)

Pigrizia, nerdiness, e di recuperi password

Sommare la mia pigrizia alla mia smemoratezza fa sì che io abbia almeno cinque account Eventbrite di cui non ricordo più la password.

L'ho appena scritto su Facebook, ed è vero: un account per ogni indirizzo email minimamente controllato che possiedo. Questo perché mi scoccio a fare il recupero password, addirittura più che a mettermi lì per fare un nuovo account. È una cosa che non so spiegare, un fenomeno che avviene regolarmente da mesi e mesi, e che credo sia radicato in tutti gli individui che come me si scocciano fondamentalmente di ogni cosa entro trenta secondi (a parte giocare a Minecraft o qualche altro time-waster).

login

Perciò mi sono detto, chissà quanta gente c'è in giro che ha fatto un sacco di account di cui manco si ricorda più. Tipo, io Eventbrite me lo ricordo solo per newsletter (ne ricevo ovviamente X al mese, dove X è pari al numero di mailbox, e quindi account di cui sopra). Sono convinto oltremodo, che senza quelle newsletter sarei ancora lì a chiedermi come diavolo sia possibile che qualcuno abbia già preso il mio indirizzo email. Non arriverei nemmeno al fatto di capire che mi sono già registrato. E anche in caso lo capissi, sbufferei troppo per un reset della password.

Photo courtesy of Victor Bayon

Concorrenza, brevetti, liberismo tecnologico: lo strano caso di iOS 7

Senza alcuna vena polemica: iOS sta rincorrendo Android, tenendosi al passo con alcune caratteristiche estetiche ormai imprescindibili, e anche con parecchie feature a livello di sistema. Stamattina infatti abbiamo visto come iOS stia raggiungendo i livelli di Android anche per quanto riguarda la dettatura vocale offline. Quello che appare abbastanza chiaro è come in passato Apple abbia combattuto in termini legali questo tipo di innovazione, mentre adesso si sia posta in un'ottica molto più amichevole, cioè nella scia del principale competitor, integrando quello che manca e rafforzando la caratterizzazione del prodotto.

nexus 4

Ne avevo già parlato tempo fa, in occasione dello scorso Google I/O: la capacità di Google di caratterizzare feature ed integrarle in maniera così buona era un punto vincente della strategia open di Android, rendendo di fatto l'asset principale di Google proprio questo processo software così identitario e ben distinguibile. Apple ha cominciato a fare la stessa cosa da qualche tempo, e non vedo assolutamente motivi per essere contrariato: rispondendo a questa logica, rifiutando l'approccio "legacy", old-style, delle vie legali per difendere brevetti che dovrebbero tutelare delle proprietà intellettuali così assolutamente ridicole da essere di fatto di pubblico dominio, la stessa Apple si affianca ad un processo non open in senso stretto, ma sicuramente molto più coopetitivo nei confronti della concorrenza.

Quello che emerge, quindi, è una situazione win-win per l'utente finale, che ha solo l'imbarazzo della scelta all'interno di un panorama lanciato in una corsa disperata all'innovazione, dove le prestazioni aumentano e le caratteristiche anche, di pari grado. Questo è interessante perché, nonostante un approccio del genere sia parecchio perfettibile, quello che ne esce vincente è il consumatore.

Open (non strettamente "source", né "innovation") significa anche saper sorridere a certe cose, e mettersi sotto per cercare di migliorarsi invece che tentare di difendere il vecchio e stantio in un'aula di tribunale. Certo, c'è sempre l'NSA di mezzo in qualsiasi cosa facciamo, ma almeno sulle feature siamo quelli che vincono. E questa mi sembra un'ottima cosa, no? ;)

Eppure dovremmo usare Firefox

Tutti sanno quanto io ami Google Chrome. Non c'è storia: la sincronizzazione dei preferiti e di tutti i miei dati attraverso ogni mio dispositivo lo rende un browser perfetto per le mie esigenze, sia sulla scrivania che in mobilità. Eppure Jacopo Romei, che ho avuto la fortuna e l'onore di conoscere qualche settimana fa, a colloquio con Silvio ha detto una cosa bellissima:

Io temo i cosiddetti feedback positivi, quelli per cui l’effetto rafforza la causa. Se a un certo punto tutti navighiamo con Chrome e i siti web registrano questo, allora gli sviluppatori ottimizzeranno i siti quasi esclusivamente per Chrome e questo ci porterà ad avere un nuovo Internet Explorer, un monopolista del mercato che bloccherà l’innovazione.

firefox

È un po' con questo spirito che tengo installati entrambi i browser sulle mie macchine. C'è da dire però che negli ultimi anni il mio uso di Firefox è calato drasticamente: in pratica, lo uso solo per testare le webapp che sviluppo ogni tanto, qualche tema WordPress (tipo quelli che vedete sul mio GitHub), niente di più.

Dovremmo usare Firefox. Dovrei. E dovreste, anche voi.

Photo courtesy of Tambako The Jaguar

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