Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Una giornata all'Azure Open Day in compagnia di una nuova Microsoft

Curioso trovare Microsoft su un blog come il mio, che tratta soprattutto di “nerdate e Open Source”, vero? ;-) Eppure.

La scorsa settimana sono stato anch’io come Nicola Iarocci all’Azure Open Day di Microsoft, ma purtroppo a casa dei ritmi serrati di questi giorni non ho potuto mettere per iscritto nemmeno uno stralcio delle impressioni che ho avuto prima, dopo e soprattutto durante l’evento. Recupero in corner citando almeno il post di Nicola sul blog di Microsoft stessa:

Una cosa che balza all’occhio nell’offerta Azure; la ricchezza di supporto per i tool non-Microsoft, in particolar modo per quelli open source: git, Linux e quant’altro. Certo, col senno di poi, non c’è nulla di strano vista la rivoluzione che sta avvenendo col .NET Framework, cuore pulsante delle tecnologie Microsoft. Eppure ancora oggi non faccio che ripetermi: chi l’avrebbe detto solo un paio d’anni fa che avremmo visto Linux girare su una piattaforma Microsoft? E che dire della release non solo Open Source, ma addirittura multi piattaforma del prossimo .NET Core, di ASP.NET 5 e di tutto il resto che, c’è da scommetterci, arriverà poi?

Microsoft vuole essere ovunque, e ha capito che questo obiettivo non può essere raggiunto rimanendo focalizzata unicamente sulle tecnologie proprietarie né tantomeno costringendo gli sviluppatori su una piattaforma chiusa e limitata a Windows. Poteva arrivarci prima e certo ha ben corso il rischio di perdere il treno, ma a quanto pare ora siamo sulla giusta strada e l’intenzione di percorrerla a spron battuto.

In realtà ho in canna un commentario molto più ampio sulla strategia open di Microsoft, se non altro perché quello che tanti fanno a parole, Microsoft lo mette a terra coi fatti arrivando ad essere quasi un gigante dell’Open Source nella sua totalità, scrivendo un sacco di codice non solo per le sue piattaforme ma foraggiando quello che a conti fatti è parte del suo core business e permettendo a tutte le persone di eseguire ogni possibile alternativa sulla piattaforma che offre.

Il mondo sta cambiando. Microsoft sta cambiando. Ne vedremo delle belle.

P.S.: purtroppo non ho tempo di scrivere un post veramente strutturato e fatto bene sull’operato OSS di Microsoft al momento, vorrei farlo quando prima, nel frattempo mi scuso :-(

XFCE 4.12

Sorprendentemente, gli sviluppatori di XFCE ce l’hanno fatta: XFCE 4.12 vive!… e porta con sé una serie di miglioramenti notevoli, più che altro legati alla modernità della piattaforma, troppo spesso ormai desueta per quanto concerne le versioni passate:

This long period can only be explained by how awesome Xfce 4.10 was. But as all things, it needed some refreshing - and for that we saw lots of new contributors providing valuable feedback, features and bugfixes. As always, Xfce follows its steady pace of evolution without revolution that seems to match our users’ needs.

Ognuno di noi avrà sicuramente la caratteristica a cui si sente più legato per quanto riguarda questo rilascio: io personalmente muoio dalla voglia di provare il tema HiDPI per quanto riguarda il window manager (XFWM), ed è inutile dire che sto già approntando una macchina virtuale sul mio laptop dotato di monitor QHD su cui installare Xubuntu e XFCE 4.12 da PPA.

Open Data (e Open Source) - La narrazione viene dopo

Open Data

Andrea Raimondi sul suo wall di Facebook ha appena pubblicato un pensiero che mi permetto di riprendere senza averlo avvisato prima:

Inutile e sbagliata la narrazione che cerca di fare uscire gli opendata dalla cerchia dei tecnici. Primo, se questi non sono stati in grado fino ad ora di soddisfare gli obbiettivi che si sono dati, non si vede la ragione per la quale la situazione dovrebbe cambiare una volta coinvolti i cittadini.

Secondo, se i cittadini davvero fossero questo elemento magico di cambiamento, allora non si vede quale sia il vantaggio di avere dei “tecnici” a disposizione.

Un “tecnico”, o meglio un professionista, non deve chiedere partecipazione sul piatto, deve fare ricerca, studiare e disegnare open business models validi, riusabili, e socialmente sostenibili. Per trasformare l’idea di cambiamento che il movimento tanto sostiene in tante opportunità reali di sviluppo.

Allega anche un link ad un post interessantissimo di David Eaves, The dangerous mystique of the “open data” business:

The danger with putting the words “open data” before the word “business” is that it risks making people think Open Data businesses are somehow unique. They are not. If there is a gapping chasm between the question of “what can I do with software” and “how can I create a viable software company” there is an equally large gap between “what can I do with open data” and “how can I create a viable company using open data.” And the questions you need to ask yourself to figure out that latter question (many of which are nicely laid out in this book) are independent of whether it is a software, hardware, crafts or open data business.

Indeed open source software space gives us a nice analogy. I suspect few people decide to create an open source software company – they decide to create a company and the software license is a reflection of their strategic options. I think it is the same with open data. You don’t start a company saying “let’s use open data.” You start a company to solve a problem, of which using or publishing open data may be the only, or the most strategic, way of doing this.

Tutto questo è interessante, perché si pone nel mezzo della ormai annosa diatriba tra i tecnici dell’ecosistema dei dati (aperti e non), e gli storyteller che provano affannosamente a volte a racimolare materiale per un racconto decente. Io sono abbastanza d’accordo con quanto detto sopra, perché a prescindere dalla mia passione per l’apertura del codice, e l’apertura dei dati al pubblico per una fruizione sia attiva che passiva, quello che emerge è che per chi ha il compito morale e materiale di raccontare una storia, a volte l’aspetto “open” risulta essere un fine, e non un mezzo.

Sforzarsi di girare il calzino e osservare le cose dalla prospettiva opposta, cioè quella corretta orientata al risultato finale, può essere per chi vuole far filosofia di tutto questo (non business, badiamo bene) un esercizio stimolante e costruttivo.

Io, dal canto mio, ringrazio Andrea per aver spezzato una lancia a favore di chi dai dati vuole tirarci fuori risultati veri.

Photo courtesy of Open Data Institute Knowledge for Everyone

P.S.: dimenticavo. Buon Open Data Day a tutti :-)

Codemotion Tech Meetup 2015 Roma - appunti sparsi, video e slide

Release Responsibly

Purtroppo questo post esce in ritardo per una serie di motivi, ma avrei voluto farlo uscire subito dopo l’evento dell’altro giorno perché sono stato veramente, veramente contento di aver rivisto un sacco di amici, di aver trovato il tempo per mettere in piedi un seppur frettoloso talk, e per aver condiviso il palco con Giorgio (date un’occhiata al suo sito!) in particolare.

Appunti sparsi sugli speech

Vado per ordine:

  • Giorgio Pomettini - “Nuove forme di interazione per videogiochi e installazioni interattive: integrare Arduino con Unity”: che dire, Giorgio è Giorgio (ve l’ho già detto di visitare il suo sito?). Purtroppo ha subito un tentativo di sabotaggio dalle Forze del Male poco prima del suo talk, ma è stato comunque in grado di dare grande prova della sua preparazione tecnica e di farci divertire, persino tirando fuori un evergreen tra i “fail” (se così vogliamo chiamarli) della Nintendo, ossia il Vitality Sensor.
  • Andrea Pompili - “Chi l’ha detto che i Virus su Linux non esistono? Come il vostro router ADSL può diventare una comoda botnet da salotto”: figata totale globale :-D l’immenso Andrea ha provato che non solo i virus per Linux esistono (come già testato da parecchi analisti di IT security già prima), ma ha anche dato un’overview abbastanza precisa e piacevole del perché dovremmo cominciare a temere non tanto per i nostri computer, quanto per i nostri handset, smart device come un termostato NEST o la nostra Smart TV, e soprattutto per il nostro router (un attrezzo di cui è decisamente difficile fare un wipe quando le cose si mettono male).
  • Alessio Biancalana - “Rilascia responsabilmente: tip e best practice che ti faranno amare dai dev”: è il mio nome quello? :-) Che dire, un talk sulla scoperta dell’acqua calda. Trovate le slide e un video più in basso.
  • Giulio Santoli - “Sviluppo live e deploy di una web app su IBM Bluemix e DevOps Services”: ho apprezzato particolarmente la performance di Giulio perché ha scritto un programmino in Go (linguaggio che adoro) di cui eseguire rapidamente il deploy su Bluemix. Gli ho promesso di scrivere un buildpack per far girare Monicelli su Bluemix, spero di farcela.
  • Filippo Liverani, docente di workshop a Codemotion Roma - Presentazione e Q&A: è stato un piacere vedere un “collega” mentre presentava la filosofia DevOps e le modalità operative di questa fetta dell’informatica che continua ad espandersi a dismisura. Auguri per il workshop, Mauro! :-)

Release Responsibly: il video

Antonio Pavolini è stato così gentile da riprendere il mio talk, quindi lo condivido qui sotto, insieme alle slide senza nemmeno essere epurate di qualche elemento di disturbo che mi è servito essenzialmente come deus ex machina.

Release Responsibly from Codemotion

Anche le discussioni tecniche durante l’aperitivo sono state soddisfacenti. Quand’è che lo rifacciamo? :-P

Photo courtesy of BackInCode

Replace CoffeeScript with ES6

Da Giant Robots Smashing into Other Giant Robots, che è uno dei miei blog preferiti (vi consiglio di seguirlo, postano un sacco di cose fichissime), Blake Williams ci dà una overview di come sostituire il proprio codice CoffeeScript con ECMAScript 6:

We can start using ES6 today through the 6to5 project which transpiles our ES6 code into ES5. 6to5 supports a plethora of build tools including Broccoli, Grunt, Gulp, and Sprockets. I’ve had a lot of success using sprockets-es6, and Sprockets 4.x will have out-of-the-box support for 6to5.

Non è nemmeno il primo articolo che leggo su questo tema; probabilmente con ES6, anche se non ho ancora testato personalmente la comparazione con CoffeeScript, si andrà a usare sempre meno CS.

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