Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Fabio, ti parlo con la CPU in mano.

Come al solito mi è capitato di leggere grazie alle mie fonti supersegrete (hahah) questa interessante intervistina di Silvio Gulizia (da poco un mio collega peraltro) su Wired, a Fabio Erculiani, ossia una specie di idolo per noi hacker italiani, un ragazzo che dal cilindro è stato capace di tirare fuori soluzioni interessanti, ottimi hack, codice di fattura quasi perfetta. Tuttavia, Sabayon Linux (la sua distro) rimane appannaggio di pochi, gli stessi a cui si rivolge Gentoo, gli stessi che usano Arch Linux, gli stessi che anni e anni fa non avrebbero mai tradito la propria Slackware.

Fabio ha dato una sua opinione su Ubuntu, e sul perchè tende a creare come dice lui "utenti lobotomizzati". In realtà, la distro africana non fa niente di più di ciò che fa un OS con vari meccanismi di astrazione e automatizzazione dei processi di gestione: rende all'utente più facile la vita, non mettendolo al corrente di ciò che accade a basso livello. Ora, per carità, opinione legittima, ma paragonare Ubuntu a Windows, caro Fabio, mi sembra un'evidente forzatura. E ti spiego anche perchè, senza la minima presunzione, sia chiaro, di darti lezioni su cose che già sai: esprimo solo il mio punto di vista.

Ubuntu VS Windows - La differenza sostanziale

Le parole che sono volate sono state immense, e magari per un magazine più settoriale sarebbero state meno generiche, comunque si è detto che Ubuntu contribuisce a creare utonti, cosa che reputo assolutamente non vera; Ubuntu infatti mette a disposizione dell'utente una comunità, un wiki (seppur non il più fornito), e soprattutto è Linux: un sistema, ovvero, che non nasconde affatto le sue meccaniche al curioso, bensì lo sprona ad addentrarsi. File di configurazione ben commentati, una base Unix, e un approccio al software comunque sempre molto open fanno di Ubuntu una distribuzione che difficilmente può essere equiparata a Windows in quanto a lobotomizzazione dell'utente: se qualcosa non funziona o non piace, si è liberi di modificare il sistema in ogni suo aspetto, ovviamente seguendo il manuale o, con un po' più di fantasia, avendo le determinate competenze.

Per questo motivo quindi reputo che, in un'ottica end-user Ubuntu vada bene per la maggior parte degli utenti; l'utente smaliziato ha a disposizione Vi, la Bash, ed un "framework" che gli consente di essere piuttosto libero nelle scelte, anche se ovviamente Ubuntu si presta meno di Sabayon o Arch alla flessibilità estrema.

Usare un computer != essere hacker

Quando vengono fatte affermazioni sull'utenza di un determinato OS, e sul suo target, bisogna stare sempre piuttosto attenti a definire ciò di cui si parla, per non rischiare di fare, come si suol dire, di tutta l'erba un fascio: certo, Sabayon e Ubuntu (contestualizzando) sono due sistemi operativi basati su Linux con delle interfacce grafiche e una riga di comando, ma ci sono differenze sostanziali tra i due; la principale è che in realtà si rivolgono a due target differenti. Per quanto infatti una distribuzione che metta a nudo le sue meccaniche sin dall'inizio possa risultare affascinante anche per persone non propriamente addentro, comunque l'utente tipo, la persona comune, vuole utilizzare il proprio PC installando software ed eseguendo programmi senza incorrere nel minimo problema; già il meccanismo di copia-incolla è qualcosa che mia nonna di 75 anni fatica a capire.

Lo so, la mia affermazione è un po' da bastardo, però reputo vero quanto ho detto: pretendere che ogni individuo vada a smanettare nel proprio sistema operativo installato è un po' come pretendere che, guidando un'automobile, siamo tutti meccanici. Arrenditi all'evidenza Fabio: per quanto un automobilista possa interessarsi di motori e possa essere bravo, se gli si ferma la macchina in piena autostrada non può fare altro che chiamare il carro attrezzi. Certo, c'è da dire che Ubuntu potrebbe mettere a disposizione qualche tool in più, magari sviluppato in maniera comunitaria, per esplorare il sistema più a fondo e analizzarlo in maniera meno macchinosa (APT non aiuta), cosa che invece le distro user-centriche fanno, ma giustappunto perchè mettono l'utente al centro del processo di manutenzione del sistema, non per altri motivi.

Il fatto quindi che Ubuntu mantenga coperto da un velo il suo basso livello è solo un'accortezza, uno stratagemma per non spaventare il potenziale utente e, perchè no, il potenziale hacker: nonostante la curva d'apprendimento altissima di Arch e Gentoo mi abbia salvato molte volte dalla piatta noia giornaliera, comunque io ho apprezzato i sistemi Linux arrivando da Ubuntu e Mandriva, ossia due distribuzioni che ti si "aprono" solo se lo desideri. [Ok, al tempo dovevi aprirle per forza tra ndiswrapper e altro]

RTFM ma con moderazione

Ubuntu quindi produce lobotomizzati? Ma no, gli smanettoni ci sono ancora e ci saranno sempre, solo che questo processo di brandizzazione e di maschera delle meccaniche alla base del sistema è un ammiccare alle masse del kernel Linux, ecco.

Tuttavia, Fabio, hai anche un po' ragione. Non riguardo i potenziali hacker, che continuo a dire che sono una razza assolutamente non in via di estinzione, anche se quelli migliori si sono un po' sedati negli ultimi tempi, ma riguardo proprio l'utente di tutti i giorni, e non parlo di riga di comando o cose astruse: parlo di consapevolezza. Se infatti è vero che un utente tipico vuole solo usare la macchina, senza preoccuparsi dell'OS, è vero però che deve esserne sensibilizzato all'uso, deve capire cosa diamine fa quando preme un tasto sulla sua tastiera, deve fare un uso consapevole del mezzo che, ad oggi, non è più solo un elaboratore di uni e zeri, ma un HUB di condivisione di contenuti.

Peccato che io non abbia ancora visto in giro un insegnante di informatica disposto a scendere dal suo ridicolo piedistallo fatto di tracotanza e presunzione, per abbracciare un utente e dirgli, veramente, col cuore: "Vieni, ti insegno io come si fa".

Oddio, è vero anche che non ho visto nemmeno così tanti utenti ben disposti nei confronti di "quell'ammasso di ferro", come lo denominano piuttosto generosamente i meno abbienti.

Comunque... questo post avrebbe dovuto essere molto più lungo, ma credo di essermi lasciato andare abbastanza.

A proposito, alla fine di questo delirio senza capo nè coda, voglio cogliere l'occasione per fare i complimenti a Fabio per la sua prima patch sul GIT di kernel.org... già che si parlava di kernel :D

Chrome indemoniato VS Blaster: 0 - 1

La vita è quella cosa che accade tra una bestemmia e l'altra, mentre stai dietro a una macchina che non ha la minima intenzione di sottostare al tuo rude volere. È così che con il mio compagnuccio di studi Daniele ci siamo imbattuti in un piccolo inconventiente che ha visto protagonisti noi, il suo Chrome, e, udite udite, il Web Store. E si, perchè uno crede che le cose siano sicure, e invece non è sicura una beata mazza. Ma andiamo avanti col racconto.

Daniele mi contatta, e mi chiede come mai la pagina di Google Search è diventata così brutta ultimamente. Siccome io non ne so nulla, mi faccio inviare qualche screenshot, e si para dinanzi ai miei occhi una scena orrorifica, che potete osservare a dimensione naturale qui:

Nell'immagine, possiamo vedere come il tasto Cerca sia diventato bruttissimo, e soprattutto i risultati della ricerca fatta vengano sostituiti da dei link ADS di Google. La cosa mi puzzava, così ho tentato di vederci chiaro assistito dal povero Dan che si è sorbito tutto senza fare una piega. Potevamo infatti esimerci dall'indagare? Giammai; soprattutto considerando che, insomma, cancellare le preferenze del browser senza colpo ferire solo per questa inezia mi pareva esagerato. Dunque, accertato con un paio di sotterfugi che quella pagina non era assolutamente roba di Google, non potendo vedere che diamine di URL aveva, in quanto ben nascosto da astute menti a noi avverse, mi sono armato di questa praticissima estensione per copiare nella clipboard l'indirizzo della pagina.

Fatto il misfatto: l'URL rimandava chiaramente al codename di questa applicazione per Chrome, Doodle Devil: un gioco piuttosto divertente che però ha il brutto "vizio" di modificare la pagina di ricerca di Google quando si digita qualcosa nella OmniBar. Ora, il sugo del post non è tanto la mia mascolina presa di posizione nei confronti dell'astuto trucco, quanto una piccola riflessione a margine: con l'avvento del Chrome Web Store, delle applicazioni per Chrome, e soprattutto del famigerato Google Chrome OS, non pare anche a voi che quello in cui mi sono imbattuto sia un embrionale esempio di malware per Chrome?

Cloud, LAN sync, Dropbox. [Pensieri sparsi]

Sempre più spesso ormai mi capita di stare in università e tornare piuttosto tardi, oppure dover condividere semplicemente i dati da una macchina all'altra senza alzarmi. È tutto a portata di file manager, o di un comando mv: mi basta spostare i file interessati nella mia Dropbox, e in un istante li ho su tutte le macchine, come per magia. Riflettevo di questo qualche giorno fa, quando mi sono reso conto del livello certosino di accuratezza raggiunto proprio da Dropbox e sistemi simili.

Mettendo da parte infatti le riserve sulla sicurezza di un backend lato server essenzialmente chiuso e quindi indifendibile in quanto a privacy, in quanto non se ne conoscono le meccaniche di protezione e cifratura del dato, comunque Dropbox ha messo su un bell'ambaradan: i nostri dati infatti sono sui server dove risiede l'account, ma anche sulle macchine; tuttavia, se non si ha accesso alla rete globale, comunque il demone di Dropbox provvede a sincronizzare il possibile, grazie alla superba funzione di LAN sync.

Insomma: io ho la mia nuvoletta casalinga, fatta di più macchine che hanno accesso ai medesimi file sincronizzati localmente tra di loro; non appena sono provvisto di accesso alla rete globale, il demone grazie ad un complesso e meraviglioso sistema di versioning e diff binari, si sincronizza con i server centrali. Che sarebbe la grande nuvolona, l'astronave madre.

Siamo già nel futuro, ma non ce n'eravamo accorti.

Ubuntu attira... anche noi di Arch?

Stamattina aprendo il mio reader ho avuto l'opportunità di leggermi un articoletto scritto da Pierluigi, un personaggio della comunità ArchLinux con cui ho fatto amicizia negli ultimi tempi e che sin dal mio ingresso nella comunità di Arch ho sempre guardato con molto rispetto, dato che "ai miei tempi" manteneva un patchset per il kernel Linux (il -pierlo! Che tempi...). Ebbene, mi sono letto tutto il suo post dall'inizio alla fine, in cui spiega perchè ha dato una chance ad Ubuntu, ed elenca uno per uno i motivi che l'hanno fatto tornare ad Arch Linux come distro di produzione.

Sebbene sia anch'io molto tentato dalla distro di Canonical, comunque resto ad Arch per tutta una serie di motivi che sono perfettamente elencati nelle righe scritte con la mente ma soprattutto col cuore da Pierluigi. E il mio commento è: vai Pierlo, io ti seguo a ruota :P

Uniqo Kiwie: un tablet italiano... caruccio.

Nelle scorse settimane ho avuto il piacere immenso di fare da tester per Euronics Italia, che mi ha proposto un interessante device. Si tratta del tablet Android Uniqo Kiwie, nella sua versione da 8 pollici, che fornisce un'esperienza d'uso di questa classe di dispositivi abbastanza interessante; ma partiamo subito con i tre punti di questa recensione che vede al centro dei miei test Uniqo, il tablet, soprattutto per quanto riguarda il sistema operativo. Che è infatti il primo punto che andrò a trattare.

La ROM stock - potevate fare meglio

Per tutti coloro che smanazzano paciosamente con il robottino verde quest'affermazione può bastare; in ogni caso, espandendo, tutto ciò significa che la versione di Android fornita in Uniqo Kiwie è fornitissima a livello di software preinstallati; per esempio l'applicazione Books è ottima per leggere qualunque tipo di testo senza appesantire il processore pur con tutti gli effetti grafici del caso. Riguardo l'uso del sistema nel suo complesso invece ho potuto riscontrare parecchi impuntamenti soprattutto dell'interfaccia grafica più che dei thread e dei processi. Tutto ciò è dovuto a mio parere (e io sono un ROM chef nel mio piccolo, quindi credo di sapere di cosa parlo) innanzi tutto alla presenza di Android 2.1 anzichè 2.2, che come noto era molto meno reattivo delle versioni successive; a quanto pare però queste non sono state reputate "adatte" da Kiwie per un tablet, e così hanno preferito schiaffarci dentro un Eclair non troppo rifinito: in settimane di utilizzo infatti è capitato qualche increscioso riavvio improvviso, tralasciando poi anche qualche episodio di chiusura forzata di applicazioni.

Insomma, la cura per la ROM non è stata al massimo, tuttavia posso dire che questo difetto non pregiudica poi l'uso del dispositivo in sè.

Le caratteristiche

Uniqo Kiwie riesce a far avere all'utente tutto ciò di cui ha bisogno con solo 660MHz di processore: un clock abbastanza esiguo per un tablet che tuttavia riesce a soddisfare la maggior parte delle esigenze senza causare frustrazione nell'utente. Mi è stato però un po' ostico fare ad esempio una partitina ad Angry Birds. I task tradizionali come scrittura e social networking sono andati perfettamente a buon fine senza particolari imprecazioni da parte mia. Nonostante Kiwie abbia dotato l'Uniqo quindi di questo hardware non proprio all'ultimo grido, il tablet grazie anche alla sua maneggevolezza si difende abbastanza bene, mascherando gli impuntamenti con una scocca di materiali eccellenti per il retro, e buoni per la parte anteriore. Inoltre, la fotocamera frontale permette di videochiamare con le numerose applicazioni presenti sul Market (consiglio Tango).

In definitiva, il problema delle caratteristiche, fino a questo punto, non sarebbe un vero problema se tutto ciò non fosse contestualizzato in base ad un prezzo: la mia esperienza d'uso del tablet è stata proficua, anche sdraiato nella mia amaca a rilassarmi digitando "pigna pizzicotto manicotto tigre" come stress test per la reattività della tastiera, e mi era anche venuta la pulce nell'orecchio di fare un acquisto pazzo. E qui casca l'asino.

Quanto costa?

Ho sbiancato nel vedere che il modello da 8 pollici costa cinquecento euro.

Il che non sarebbe un problema, se dentro al tablet ci fosse un Tegra 2. Il problema è che la CPU è a 660MHz, la RAM c'è in abbondanza, fortunatamente, e soprattutto i materiali non giustificano tale costo; per questo motivo più che la versione da 8 pollici, mi sento di consigliare l'acquisto della versione da 7 pollici che viene circa duecento euro in meno ed ha le stesse caratteristiche tecniche. Certo, vi perdereste la custodia in pelle serigrafata Piquadro, ma poco male.

Un altro piccolo inconveniente è che la comunità non ha ancora iniziato a lavorare su questo dispositivo, quindi per il momento non si parla di sostituire la ROM stock, che come detto prima non mi sembra una build di Android adatta a questo dispositivo: c'è da sperare più che altro in un aggiornamento di Kiwie.

Conclusione

Non male veramente come prodotto, però costa troppo. :P

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