28 May 2011
Come avevo scritto su OneOpenSource, oggi a Roma, al "solito posto" ormai, c'è stato l'Ubuntu-it Meeting; se sono partito da Villa Blaster con qualche riserva, posso dire di essermi ricreduto appena ho visto i partecipanti, e soprattutto appena ho visto la veemenza di alcune discussioni e delle opinioni in gioco.
Se infatti stavolta non abbiamo vinto dal punto di vista numerico, come abbiamo invece fatto al Linux Day 2010, stavolta è stato mantenuto un livello di eccellenza dal punto di vista della qualità dei temi trattati e della preparazione dei presenti; specialmente, sono stato colpito da quanto possa essere piacevole parlare con un membro dello GNOME Design Team quale è Lapo Calamandrei, una persona cosciente del ruolo che ricopre, delle scelte fatte, e che non è capace (spero :D) di provare alcun risentimento se una critica è mossa con delle ragioni precise e dei punti fermi. Ha anzi egli stesso teso una mano ai ragazzi di Ubuntu per un lavoro più sinergico, ed essere li in quel preciso momento mi ha fatto veramente piacere, perchè sentivo di essere parte di una macchina in movimento.
Il tutto ha avuto poi le solite sfumature dal tecnico all'umano della faccenda; l'importante comunque è che tutti ci siamo divertiti e nessuno si sia preso sul serio più del dovuto. Tutto ciò è stato sicuramente un fattore fondamentale perchè a trionfare alla fine fosse sempre lo spirito del confronto pacifico e del divertimento. Un mio grazie speciale va a Luca, che come lui stesso sa bene è il mio partner di "spettegolame" preferito, e a Flavia, che con il suo talk su Ubuntu Women mi ha fatto comprendere che la comunità italiana della distro di Canonical non è fatta in tutto e per tutto da gente solo chiacchiere e distintivo, anzi, al contrario. I miei complimenti vanno poi a Dario, per essere riuscito a tenere buone per tutta la giornata le sue bellissime bambine, che hanno incorniciato tutto l'evento in un'ottica piuttosto "familiare", citando alla lettera proprio Flavia, e che personalmente mi è piaciuta moltissimo.
Beh, quand'è che lo rifacciamo? :D
26 May 2011
Come al solito mi è capitato di leggere grazie alle mie fonti supersegrete (hahah) questa interessante intervistina di Silvio Gulizia (da poco un mio collega peraltro) su Wired, a Fabio Erculiani, ossia una specie di idolo per noi hacker italiani, un ragazzo che dal cilindro è stato capace di tirare fuori soluzioni interessanti, ottimi hack, codice di fattura quasi perfetta. Tuttavia, Sabayon Linux (la sua distro) rimane appannaggio di pochi, gli stessi a cui si rivolge Gentoo, gli stessi che usano Arch Linux, gli stessi che anni e anni fa non avrebbero mai tradito la propria Slackware.
Fabio ha dato una sua opinione su Ubuntu, e sul perchè tende a creare come dice lui "utenti lobotomizzati". In realtà, la distro africana non fa niente di più di ciò che fa un OS con vari meccanismi di astrazione e automatizzazione dei processi di gestione: rende all'utente più facile la vita, non mettendolo al corrente di ciò che accade a basso livello. Ora, per carità, opinione legittima, ma paragonare Ubuntu a Windows, caro Fabio, mi sembra un'evidente forzatura. E ti spiego anche perchè, senza la minima presunzione, sia chiaro, di darti lezioni su cose che già sai: esprimo solo il mio punto di vista.
Ubuntu VS Windows - La differenza sostanziale
Le parole che sono volate sono state immense, e magari per un magazine più settoriale sarebbero state meno generiche, comunque si è detto che Ubuntu contribuisce a creare utonti, cosa che reputo assolutamente non vera; Ubuntu infatti mette a disposizione dell'utente una comunità, un wiki (seppur non il più fornito), e soprattutto è Linux: un sistema, ovvero, che non nasconde affatto le sue meccaniche al curioso, bensì lo sprona ad addentrarsi. File di configurazione ben commentati, una base Unix, e un approccio al software comunque sempre molto open fanno di Ubuntu una distribuzione che difficilmente può essere equiparata a Windows in quanto a lobotomizzazione dell'utente: se qualcosa non funziona o non piace, si è liberi di modificare il sistema in ogni suo aspetto, ovviamente seguendo il manuale o, con un po' più di fantasia, avendo le determinate competenze.
Per questo motivo quindi reputo che, in un'ottica end-user Ubuntu vada bene per la maggior parte degli utenti; l'utente smaliziato ha a disposizione Vi, la Bash, ed un "framework" che gli consente di essere piuttosto libero nelle scelte, anche se ovviamente Ubuntu si presta meno di Sabayon o Arch alla flessibilità estrema.
Usare un computer != essere hacker
Quando vengono fatte affermazioni sull'utenza di un determinato OS, e sul suo target, bisogna stare sempre piuttosto attenti a definire ciò di cui si parla, per non rischiare di fare, come si suol dire, di tutta l'erba un fascio: certo, Sabayon e Ubuntu (contestualizzando) sono due sistemi operativi basati su Linux con delle interfacce grafiche e una riga di comando, ma ci sono differenze sostanziali tra i due; la principale è che in realtà si rivolgono a due target differenti. Per quanto infatti una distribuzione che metta a nudo le sue meccaniche sin dall'inizio possa risultare affascinante anche per persone non propriamente addentro, comunque l'utente tipo, la persona comune, vuole utilizzare il proprio PC installando software ed eseguendo programmi senza incorrere nel minimo problema; già il meccanismo di copia-incolla è qualcosa che mia nonna di 75 anni fatica a capire.
Lo so, la mia affermazione è un po' da bastardo, però reputo vero quanto ho detto: pretendere che ogni individuo vada a smanettare nel proprio sistema operativo installato è un po' come pretendere che, guidando un'automobile, siamo tutti meccanici. Arrenditi all'evidenza Fabio: per quanto un automobilista possa interessarsi di motori e possa essere bravo, se gli si ferma la macchina in piena autostrada non può fare altro che chiamare il carro attrezzi. Certo, c'è da dire che Ubuntu potrebbe mettere a disposizione qualche tool in più, magari sviluppato in maniera comunitaria, per esplorare il sistema più a fondo e analizzarlo in maniera meno macchinosa (APT non aiuta), cosa che invece le distro user-centriche fanno, ma giustappunto perchè mettono l'utente al centro del processo di manutenzione del sistema, non per altri motivi.
Il fatto quindi che Ubuntu mantenga coperto da un velo il suo basso livello è solo un'accortezza, uno stratagemma per non spaventare il potenziale utente e, perchè no, il potenziale hacker: nonostante la curva d'apprendimento altissima di Arch e Gentoo mi abbia salvato molte volte dalla piatta noia giornaliera, comunque io ho apprezzato i sistemi Linux arrivando da Ubuntu e Mandriva, ossia due distribuzioni che ti si "aprono" solo se lo desideri. [Ok, al tempo dovevi aprirle per forza tra ndiswrapper e altro]
RTFM ma con moderazione
Ubuntu quindi produce lobotomizzati? Ma no, gli smanettoni ci sono ancora e ci saranno sempre, solo che questo processo di brandizzazione e di maschera delle meccaniche alla base del sistema è un ammiccare alle masse del kernel Linux, ecco.
Tuttavia, Fabio, hai anche un po' ragione. Non riguardo i potenziali hacker, che continuo a dire che sono una razza assolutamente non in via di estinzione, anche se quelli migliori si sono un po' sedati negli ultimi tempi, ma riguardo proprio l'utente di tutti i giorni, e non parlo di riga di comando o cose astruse: parlo di consapevolezza. Se infatti è vero che un utente tipico vuole solo usare la macchina, senza preoccuparsi dell'OS, è vero però che deve esserne sensibilizzato all'uso, deve capire cosa diamine fa quando preme un tasto sulla sua tastiera, deve fare un uso consapevole del mezzo che, ad oggi, non è più solo un elaboratore di uni e zeri, ma un HUB di condivisione di contenuti.
Peccato che io non abbia ancora visto in giro un insegnante di informatica disposto a scendere dal suo ridicolo piedistallo fatto di tracotanza e presunzione, per abbracciare un utente e dirgli, veramente, col cuore: "Vieni, ti insegno io come si fa".
Oddio, è vero anche che non ho visto nemmeno così tanti utenti ben disposti nei confronti di "quell'ammasso di ferro", come lo denominano piuttosto generosamente i meno abbienti.
Comunque... questo post avrebbe dovuto essere molto più lungo, ma credo di essermi lasciato andare abbastanza.
A proposito, alla fine di questo delirio senza capo nè coda, voglio cogliere l'occasione per fare i complimenti a Fabio per la sua prima patch sul GIT di kernel.org... già che si parlava di kernel :D
25 May 2011
La vita è quella cosa che accade tra una bestemmia e l'altra, mentre stai dietro a una macchina che non ha la minima intenzione di sottostare al tuo rude volere. È così che con il mio compagnuccio di studi Daniele ci siamo imbattuti in un piccolo inconventiente che ha visto protagonisti noi, il suo Chrome, e, udite udite, il Web Store. E si, perchè uno crede che le cose siano sicure, e invece non è sicura una beata mazza. Ma andiamo avanti col racconto.
Daniele mi contatta, e mi chiede come mai la pagina di Google Search è diventata così brutta ultimamente. Siccome io non ne so nulla, mi faccio inviare qualche screenshot, e si para dinanzi ai miei occhi una scena orrorifica, che potete osservare a dimensione naturale qui:

Nell'immagine, possiamo vedere come il tasto Cerca sia diventato bruttissimo, e soprattutto i risultati della ricerca fatta vengano sostituiti da dei link ADS di Google. La cosa mi puzzava, così ho tentato di vederci chiaro assistito dal povero Dan che si è sorbito tutto senza fare una piega. Potevamo infatti esimerci dall'indagare? Giammai; soprattutto considerando che, insomma, cancellare le preferenze del browser senza colpo ferire solo per questa inezia mi pareva esagerato. Dunque, accertato con un paio di sotterfugi che quella pagina non era assolutamente roba di Google, non potendo vedere che diamine di URL aveva, in quanto ben nascosto da astute menti a noi avverse, mi sono armato di questa praticissima estensione per copiare nella clipboard l'indirizzo della pagina.
Fatto il misfatto: l'URL rimandava chiaramente al codename di questa applicazione per Chrome, Doodle Devil: un gioco piuttosto divertente che però ha il brutto "vizio" di modificare la pagina di ricerca di Google quando si digita qualcosa nella OmniBar. Ora, il sugo del post non è tanto la mia mascolina presa di posizione nei confronti dell'astuto trucco, quanto una piccola riflessione a margine: con l'avvento del Chrome Web Store, delle applicazioni per Chrome, e soprattutto del famigerato Google Chrome OS, non pare anche a voi che quello in cui mi sono imbattuto sia un embrionale esempio di malware per Chrome?
20 May 2011
Sempre più spesso ormai mi capita di stare in università e tornare piuttosto tardi, oppure dover condividere semplicemente i dati da una macchina all'altra senza alzarmi. È tutto a portata di file manager, o di un comando mv: mi basta spostare i file interessati nella mia Dropbox, e in un istante li ho su tutte le macchine, come per magia. Riflettevo di questo qualche giorno fa, quando mi sono reso conto del livello certosino di accuratezza raggiunto proprio da Dropbox e sistemi simili.
Mettendo da parte infatti le riserve sulla sicurezza di un backend lato server essenzialmente chiuso e quindi indifendibile in quanto a privacy, in quanto non se ne conoscono le meccaniche di protezione e cifratura del dato, comunque Dropbox ha messo su un bell'ambaradan: i nostri dati infatti sono sui server dove risiede l'account, ma anche sulle macchine; tuttavia, se non si ha accesso alla rete globale, comunque il demone di Dropbox provvede a sincronizzare il possibile, grazie alla superba funzione di LAN sync.
Insomma: io ho la mia nuvoletta casalinga, fatta di più macchine che hanno accesso ai medesimi file sincronizzati localmente tra di loro; non appena sono provvisto di accesso alla rete globale, il demone grazie ad un complesso e meraviglioso sistema di versioning e diff binari, si sincronizza con i server centrali. Che sarebbe la grande nuvolona, l'astronave madre.
Siamo già nel futuro, ma non ce n'eravamo accorti.
13 May 2011
Stamattina aprendo il mio reader ho avuto l'opportunità di leggermi un articoletto scritto da Pierluigi, un personaggio della comunità ArchLinux con cui ho fatto amicizia negli ultimi tempi e che sin dal mio ingresso nella comunità di Arch ho sempre guardato con molto rispetto, dato che "ai miei tempi" manteneva un patchset per il kernel Linux (il -pierlo! Che tempi...). Ebbene, mi sono letto tutto il suo post dall'inizio alla fine, in cui spiega perchè ha dato una chance ad Ubuntu, ed elenca uno per uno i motivi che l'hanno fatto tornare ad Arch Linux come distro di produzione.
Sebbene sia anch'io molto tentato dalla distro di Canonical, comunque resto ad Arch per tutta una serie di motivi che sono perfettamente elencati nelle righe scritte con la mente ma soprattutto col cuore da Pierluigi. E il mio commento è: vai Pierlo, io ti seguo a ruota :P