Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Stuck at work

Chiedo perdono ai gentili lettori ma ancora per un po', nonostante la mia voglia di scrivere su queste pagine, starò lontano dal blog. Si sta facendo sentire quel fastidio di fare il lavoro che è anche la tua passione; a volte magari le cose necessitano di essere scisse.

Mac

In ogni caso, tornerò a breve con degli spunti che, almeno per me, daranno parecchio da riflettere a chi si occupa di new media e open source, come sempre. Intanto, buona giornata e buon lavoro. A tutti noi.

Photo coutesy of Nathan Makan

Cinghialgeek

È un post in ritardo, lo so. Ma mi mancavano un paio di prove fotografiche, a parte quelle degli smartphone dei presenti che però non giudicavo sufficientemente rappresentative. Ho così atteso che Francesca pubblicasse il set di foto scattate a Mogliano, nella cornice rocambolesca della Cinghialgeek, evento che raccoglie saltuariamente appassionati di informatica e web attorno al suino principe, per fare i miei complimenti sia a Luca, e alla cuoca sua mamma, per averci fatto mangiare così bene e di gusto, sia ai presenti per l'atmosfera meravigliosa della serata, piena di sorrisi, di bei gesti, di nerd (già, ho scritto nerd).

Cinghialgeek

È stato un onore essere ospitato da Claudia, la quale mi ha dato occasione di lavorare pure a pochi passi dalle ferie, fornendomi lo spunto propizio per spiegare perché, se Android non soddisfa a pieno alcune esigenze, la colpa non è di Google; incontrare ancora tanti amici, ma anche facce nuove, è stato un piacere - anche per via del numero ingente di presenze che sinora erano solo state poco più che una scritta vicino ad un avatar.

Il tutto, come dicevo, è stato pervaso dalla costante presenza di cinghiale, presso la Trattoria Montechiaro a Mogliano, un locus amoenus dal quale si gode di ottimo panorama e, cosa non meno importante, lo stomaco può trovare un sorprendente conforto; chiunque sia interessato può rendere orgogliosi i propri avi sotto lo sguardo vigile di Luca che tutto vede, tutto sente e tutto feedbacka (dannazione, saremo pur nerd no?).

Vecchiogiovine e la maglia 4sq :Q_

Ovviamente ciò che mi ha stupito, ma non troppo considerato il target dell'evento e gli invitati, è stato il coefficiente di smartphone pro capite che siamo riusciti a racimolare; dire che qualcuno ne era sprovvisto non è possibile - anzi c'era chi scadeva nell'eccedenza come il sottoscritto che ne aveva due a portata di mano: ovviamente entrambi con blocco e sequenza numerica per colpa di Maxime che come un corsaro girava per i tavoli non solo in cerca di telefoni incustoditi da vandalizzare, ma anche, come abbiamo scoperto a nostre spese, di cibo non ancora puntato in particolare da qualcuno.

Non ci sarà una prossima volta. A Maxime che mi frega i cremini, intendo; per la Cinghialgeek, spero di poter partecipare alla prossima e alle prossime. Salud. ;)

Photos courtesy of Deviot (album Cinghialgeek)

Linux is Sexy - ovvero come è cambiato il rapporto tra Linux e la fotografia

Non prendiamoci in giro: se sinora abbiamo proposto l'utilizzo di Linux ai nostri familiari, a chi vedevamo sbattere la testa in preda al panico davanti a una macchina con Windows, l'abbiamo fatto con un briciolo di malizia, la malizia di chi pensa che esista una panacea al problema dei problemi, cioè quello che sta tra la sedia e lo schermo.

Guardando al passato, è veramente incomprensibile il successo di Linux sul desktop (già, perché quella misera percentuale di marketshare che abbiamo è veramente un successo considerando che c'è chi cerca di affossare Linux anche dall'interno), dicevo mi sembra veramente incomprensibile tutto questo data la notevole percentuale di utenti che fatica anche a premere il tasto per installare tutti i driver sulla propria macchina. Fatta la dovuta cifra di quanto Linux si sia portato avanti nonostante le notevoli difficoltà in campo desktop nell'ultimo paio d'anni, non risulta poi molto difficile vedere come Riley Brandt abbia iniziato ad usare Linux con profitto; lo sviluppo di applicativi come RawTherapee ha dato una notevole accelerata al mercato in questo senso, per non parlare di software banali come i batch renamer, che per un fotografo digitale, se fatti bene, sono letteralmente una manna dal cielo.

Riley Brandt Photo

Il caso di studio in questa occasione è piuttosto semplice: Riley ha prodotto un notevole set fotografico con un soggetto piuttosto degno di nota e un contorno ottimo nella sua raccolta "Linux is Sexy"; si tratta infatti di un ambiente in cui, chiaramente con intento geek, sono disposti gadget Linux-oriented - in particolare GNOME Shell figura molto bene nelle mani "sapienti" del giovane virgulto, poi le tazze di Ubuntu, i CD di Ubuntu.

Senza dubbio dell'ottimo materiale promozionale per la distribuzione di Canonical che è stata scelta come "campione rappresentativo" del mondo Linux in questo contesto, ma non solo: al di là delle foto, è di lezione sia ai detrattori che agli entusiasti guardare la toolchain di Riley Brandt e vedere come sia riuscito a fare a meno dei sistemi proprietari per darsi, finalmente, dopo anni di attesa, al lavoro con Linux. Ho apprezzato sia gli articoli di per sé, che il gesto: condividere sia il frutto del proprio lavoro, che le modalità attraverso cui questo è stato prodotto fa parte di quella cultura dell'open source e dello scambio di conoscenza reciproca che personalmente ho molto studiato e apprezzato negli ultimi anni e che mi piacerebbe fosse alla base della nuova cultura che sta prendendo piede.

Riley Brandt Photo

Si può quindi lavorare in ambito fotografico con Linux? Brandt lo dimostra con le prove fattive; ovviamente non esiste la risposta alle esigenze di tutti e sicuramente qualcuno obietterà la non disponibilità di alcuni software, ma... ma. Ma. Anni fa avreste detto che saremmo andati verso un'evoluzione di questo grado con la possibilità conseguente di ottenere del buon software (non necessariamente open) per costruirci un workflow maggiormente aderente alle nostre esigenze?

Pensateci. Poi pensateci ancora. Poi, beh, i commenti sono qui sotto. Vi aspetto, come sempre, fiducioso.

Photo courtesy of Riley Brandt - Linux is Sexy (very awesome photoset man!)

Outlook diventa una webapp. Recensione di Outlook.com

È da diverso tempo che seguo con interesse l'evoluzione di Microsoft da provider di semplice software a provider di servizi, talvolta innovativi. Se per tanti versi l'opera dell'azienda di Bill Gates e Steve Ballmer è criticabile, sia filosoficamente che fattivamente, trovo che questa volta, per usare del bieco gergo colloquiale, c'abbiano azzeccato.

Google infatti ci ha abituati ad un'interfaccia che non lascia spazio a fraintendimenti di sorta riguardo al look; personalmente, ho sempre reputato GMail la migliore interfaccia web per gestire la posta - migliore, se non altro, di quasi tutti i client e-mail nativi. È così che anche Outlook, che da blasonato (?) applicativo per gestire la posta sotto Windows, diventa Outlook.com, un'applicazione web per permettere a chiunque di accedere alla sua mailbox, in ogni maniera e soprattutto ovunque.

L'interfaccia è effettivamente appagante: non sono un fan di Metro, e trovo che le etichette ("Categorie"...) siano disposte male rispetto al resto, dato che sono meno distinte dalle cartelle di quanto GMail faccia; la distinzione non è lampante e per quanto possa essere simile a GMail (è uguale!) ho fatto un po' di fatica a raccapezzarmi, tanto più che, almeno per me, non è stato possibile trascinare un messaggio in una categoria. Nonostante questo, il resto della mia user experience è scorsa bene e senza intoppi: l'interfaccia si è rivelata molto fluida, e senza dubbio minimale e KISS come da brava linea guida dello stile Metro.

Outlook.com

Un paragrafino apposta lo dedico a questa moda assurda di Microsoft, non solo di impostare sempre come font predefinito per i messaggi Calibri che è Brutto con la B maiuscola (fatevene una ragione) - ma di non permettere di visualizzare la scrittura di messaggi, nemmeno in testo piano, dove il font lo vediamo io e il mio cane, con il loro stupendo set di caratteri che hanno creato per Windows Phone 7, di cui hanno proseguito l'adozione con Windows 8, e col quale io non potrò mai mio malgrado visualizzare la posta in arrivo e in uscita. Non che sia un difetto radicale, giusto per lamentarmi.

Le opzioni ci sono bene o male tutte: è molto facile creare alias per ogni utente - quindi per il mio account Live ho comunque creato un indirizzo [email protected] che userò, da quando questo post andrà online, anche per testare se lo spam filter è migliorato. Il resto è comunque roba già vista in GMail (send/retrieve da POP3, impostazioni dello spam, privacy, autoresponder): niente di eclatante, se non che, esattamente come i servizi di Google, Outlook.com si integra perfettamente con il resto della piattaforma cloud di Microsoft.

Metro

Sicuramente c'è da dire che era ora che Microsoft si svegliasse e trasformasse Windows Live Mail in qualcosa di più gradevole; c'è riuscita senza dubbio, secondo me, anche se per molti aspetti questo client web-based può risultare, almeno per chi viene da piattaforme simili, un clone malriuscito di GMail in prima battuta, di iCloud/MobileMe poi. Auguro comunque a Microsoft ogni fortuna con questo nuovo passo verso l'innovazione cloud; se non altro, darà loro una chance nel proporre le partnership cloud ai clienti senza dover mostrare uno scempio di interfaccia per la posta. ;)

Photo courtesy of tokyoform

Arch Linux e Virtualbox: compilare i moduli del kernel con DKMS

Attenziò, attenziò. Questa mattina ho aggiornato la mia Arch Linux e mi è comparso un bel warning che mi avvertiva del fatto che da questo momento (generico) in poi Virtualbox, per la generazione di moduli inerenti custom kernel, vuole assolutamente che vengano installati (a meno che non decidiate di farlo a mano) tramite DKMS - che mi sembra anche una buona soluzione.

Virtualbox Arch Linux

Per chi quindi fosse abituato con vboxbuild, non c'è problema. Come il cambiamento di gattopardiana memoria infatti non troviamo nulla di diverso se non nella sintassi:

# dkms install vboxhost/4.1.18

Una volta terminata la compilazione basterà rimuovere il vecchio modulo, inserire il nuovo con modprobe e tutto andrà al suo posto. Ovviamente, se serve (e servirà, credo, in seguito), modificate il comando affinché compili la versione giusta dei moduli. Potreste anche incorrere in qualche problema ulteriore sul riconoscimento degli header corretti; per questo vi indirizzo all'interessante topic sul forum di Arch Linux.

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