28 Nov 2013

E insomma, finalmente è arrivato il momento per Firefox OS di scalare sui dispositivi di fascia alta, rendendo ultrafelici noi poveri consumisti dell'occidente che abbiamo un occhio sin troppo critico verso il lato prestazionale di un dispositivo, non valutando invece tutto il resto dell'iter (a volte anche filosofico) che conduce magari determinati processi ad un certo risultato.
Geeksphone Revolution quindi è il nome di questo nuovo smartphone in lavorazione da parte di Geeksphone, che come al solito si pone un passo avanti a tutti e dimostra ancora una volta di avere le idee chiare rispetto al piano di Mozilla e di essere disposta ad investire un ammontare di risorse notevole sul progetto, ormai non più proprio in fase di kickstart.
Onestamente i precedenti (Keon, Peak) developer phone per Firefox OS non mi hanno fatto impazzire: purtroppo l'hardware limitato ne coerciva le capacità e sicuramente su un hardware più prestante Firefox OS potrà colpire sicuramente gli utenti, ma anche gli sviluppatori con qualcosa di magari più reattivo.
La cosa interessante di tutto questo è che i pazzi (secondo me eh :D) che hanno ordinato un Peak+ qualche mese fa, e che non è ancora stato spedito, potranno senza costi aggiuntivi fare lo switch direttamente al Revolution, che a questo punto sembra essere veramente una grossa scommessa sul piatto da parte di Geeksphone.
Vedremo qualche video review. E se mi convince... beh, non penserete mica che io sia così abominevole da lasciarlo tutto solo sullo scaffale?
22 Nov 2013

Facebook mi ha "rollato" la nuova chat.
Considerazioni: nulla che non sia già stato detto. I cosetti verdi a lato che indicano da quale device sei disponibile sono illeggibili. I balloon nella finestra di conversazione sono orripilanti, troppo diversi dal resto della UI e troppo simili al form factor mobile.
Una menzione di (dis)onore la merita il design con gradiente annesso dei balloon di chat, assolutamente incoerente con le barre piatte di Facebook, che in un certo senso è stato un antesignano della moda del flat. Ma poi, voglio dire, se dovete fare i balloon con le stondature (quando tutto il resto è spigolosissimo...) almeno fateli pixel perfect. Non così, ché esiste un aggettivo solo per definire quegli angoli: brutti.
La foto che vedete in cima al post è la mia faccia: ma non potete ridarmi la versione precedente? Di solito odio chi fa questo tipo di richieste, ma questa volta è stato passato ogni limite: dopo una serie di aggiornamenti accettabili, *Facebook ha fatto del suo meglio per fare del suo peggio**. Notevole.
Photo courtesy of Heather Buckley
14 Nov 2013
Proprio in questi giorni, ho visto che Yandex ha finalmente messo in stato di operatività il proprio DNS pubblico. Evidentemente l'operazione del colosso russo è un po' la stessa di Google, anche se in scala minore (non intesa come worldwide) e - beh - anche dai risultati un po' troppo deficitari per quello che a tutti gli effetti è uno dei motori di ricerca e provider di servizi di maggioranza da quelle parti.
Ho infatti voluto fare qualche test, tanto per fare, dato che nel frattempo seguivo Omar che spiegava un po' di iOS, così ho attivato namebench, un pratico programmino in Python fatto da Google proprio per individuare i DNS migliori nella propria zona.
Gli IP dei server sono rispettivamente:
- 77.88.8.1 per il server DNS primario;
- 77.88.8.8 per il server DNS secondario.
Test tramite namebench
Il caso d'uso mi ha fornito la possibilità di documentarmi su namebench e usarlo: è un cosino carino, e per fare qualche analisi prestazionale sui DNS che ci interessano è probabilmente uno dei migliori software sulla faccia della terra. L'unico all'altezza, mi pare, avrei dovuto farlo girare tramite Wine (essenzialmente perché solo per Windows), quindi anche no.
Namebench mi ha dato qualche risultato interessante. Per esempio, dei bellissimi grafici fatti con Google Charts della reattività di alcuni popolari server DNS comparati a quelli di Yandex:

Come vediamo, i DNS di Yandex in questo ambito arrivano praticamente ultimi. Se la cavano un po' meglio guardando la distribution chart delle risposte, anche se chiaramente non c'è storia con i DNS di Google, tantomeno con quelli delle major principali con cui è stato fatto il confronto. Chiaramente con i DNS di Telecom il confronto viene impari, perché si trovano su territorio nazionale, mentre verso la Russia a me potrebbero essere state applicate delle limitazioni di servizio per quanto riguarda i miei pacchetti in entrata da loro (è normale, ogni provider lo fa).

Insomma, come mi aveva preannunciato il buon Dema su Twitter e come era emerso dai miei rapidi ping preliminari, poca roba di cui essere felici. Però è stato un bell'esperimento nerd.
http://twitter.com/dema/status/400217983970447360
04 Nov 2013

Simone Cicero qualche giorno fa mi ha portato a riflettere sulla questione open data, linkandomi un articolo piuttosto interessante, attraverso un tweet che ha scatenato qualche battuta anche da dei miei sodali quali Roberto Sambuco, Salvo Mizzi e Antonio Pavolini:
http://twitter.com/meedabyte/status/396308827257458688
http://twitter.com/RobertoSambuco/status/396318182837071872
http://twitter.com/antoniocontent/status/396365905028206592
http://twitter.com/dottorblaster/status/396389692381609984
(Mi paro preventivamente: sono estratti di una conversazione leggermente più larga. Il resto lo trovate integralmente su Twitter)
Qualche giorno fa, ho letto questo virgolettato di Bill Gates su Business Insider, riferito a quella che ha tutta l'aria di essere (e lo è) una risposta a Mark Zuckerberg, che si professa quale azzeratore del digital divide, portando tutto questo ad essere un fine piuttosto che un mezzo:
Take this malaria vaccine, [this] weird thing that I’m thinking of," Gates told Richard Waters of FT. "Hmm, which is more important, connectivity or malaria vaccine? If you think connectivity is the key thing, that’s great. I don’t.
Possiamo pensare che siano ordini di grandezza differenti, ma non lo sono. Abbiamo davanti, tutti i giorni, tutto il giorno, una serie di persone che difendono con tutte le loro forze un mezzo, senza dichiararne un fine specifico. Ovviamente per loro il fine è farsi entrare in tasca più soldi possibile, ma noi? Noi abbiamo una comunione d'intenti con questi individui, che spesso amministrano i mezzi che propongono? Ecco, ho pensato a un parallelismo tra la questione open data e il digital divide combattuto da Zuckerberg non a caso.

Spesso infatti si parla di open data (e di qualsiasi altra cosa simile) rinforzando l'argomento in sé e non il fine, se non quello della trasparenza, che è un baluardo a cui di solito le pubbliche amministrazioni si attaccano quando non sanno di cosa parlare in un ambito così tecnico. Tramite open data infatti possiamo realizzare tutta una serie di servizi in "stile" Internet of Things, che con la trasparenza c'entrano poco e niente, e se vogliamo si può anche sottrarre tutto il discorso dell'amministrazione pubblica per guardare il tutto da un punto di vista più ampio, quello tecnico/tecnologico dove ci sono macchine comunicanti tra di loro in formato JSON, che recentemente è stato proclamato standard ECMA, assolutamente interoperanti senza intervento umano. Carino no? È veramente un peccato che dal settore privato e dal settore pubblico continuino ad arrivarci dei CSV senza capo né coda, pieni di cose inutili che a nessuno interessano, mentre il fine di tutto questo sarebbe mettere innanzi tutto i developer dinanzi a risorse interessanti, e la cittadinanza di fronte a un'opera di disclosure mostruosamente potente, sfruttando un mezzo, ossia i famosi raw data.
Prendiamo in esame il secondo esempio: la connettività, l'individuo e il digital divide. Quello che alcuni sostengono è che la connettività in sé sia un bene, ma lo troviamo vero in ogni caso? È forse vero che come direbbe un matematico per ogni X esiste un risultato di questa funzione che è ottimo (non lo è mai, in reatà, ma parlando da matematici, approssimiamo...)? È vero, il digital divide oggi più che mai è un male. E stando fuori dalla questione della legittimità delle opinioni personali in alcuni casi, è in assoluto un male che un individuo venga coercito della libertà di esprimersi al mondo attraverso un doppino telefonico o una cella 3G, come avviene adesso per molti di noi. Il problema è che ci facciamo dire (e lo prendiamo per buono) che tutto questo ci è indispensabile da un tizio che fa una montagna di soldi coi nostri dati personali; io sono molto contento per questo tipo di persone, perché hanno tirato fuori un business praticamente dal nulla, ma accettare di far difendere un principio sostanzialmente per il fine sbagliato è il modo perfetto di prostituire un'idea. E andiamo, chiunque abbia anche solo qualche mese più di me lo sa: Internet senza l'NSA a stendere la mano con PRISM era davvero un posto diverso. Non sto dicendo che non ci fosse qualcosa, una parte di questo, già da prima: sto solo dicendo che anche le proteste, le suppliche e i discorsi hanno un fine. Predicare la fine del digital divide solo per poterci spiare meglio, con noi sotto applaudenti, è in definitiva la miglior forma di autoincaprettamento dell'individuo mai vista.
Esattamente come richiedere a gran voce dei CSV senza capo né coda è la miglior forma di autoincaprettamento di varie categorie: utenti, sviluppatori, amministratori pubblici, società civile in toto.
Vogliamo finirla di legarci da soli?
Photos courtesy of Seth Sawyers, Gregory Haley
02 Nov 2013

Francamente, non mi sono aspettato mai molto dalla mia Fedora installata sulla workstation casalinga, se non che funzionasse senza darmi grattacapi. Ultimamente invece ha cominciato a rendermi veramente fiero di usarla (cose configurate automagicamente, uso del PC scordandomi che OS ci fosse sotto) dandomi però qualche liscebusso per controbilanciare la facilità d'uso. In particolare, stavo andando a scrivere qualche riga di codice per TwitAntonio (dato che, a quanto pare, le API non vogliono funzionare come dovrebbero) e facendo partire il demone di MongoDB mi sono accorto come la procedura di start fosse fallita miseramente.
Uhm - mi sono detto - strano, il pacchetto è installato correttamente. E in effetti controllo: è lì, installato, senza fare una piega. Ho anche il client da CLI: me ne servo, ma mi restituisce che non riesce ovviamente a connettersi al mio host, dato che il demone è spento. La faccio breve: dopo una serie di ricerche, mi è venuto in mente che forse quei buontemponi dei developer di Fedora potevano aver cambiato la nomenclatura e lo stato dei pacchetti nei repository.
$ yum search mongodb
E improvvisamente vedo che spunta qualcosa, qualcosa che prima non avevo mai installato né avuto la necessità di usare:
[...]
mongodb-server.x86_64: MongoDB server, sharding server and support scripts
[...]
Eccolo lì, t'ho trovato maledetto. È stato sufficiente per me dare da terminale:
$ sudo yum install mongodb-server
E la questione è andata a posto da sé: MongoDB è tornato a funzionare senza problemi dato che il file relativo al demone si trovava in quel pacchetto insieme al resto della struttura "server". Per far partire il servizio di MongoDB su Fedora successivamente basta usare systemd:
$ sudo systemctl start mongod