Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Linux comincia a farsi le domande giuste

Tale azalynx, su Reddit, ha espresso un punto di vista riguardo Linux e ciò che lo circonda col quale mi sono trovato a concordare molto negli ultimi tempi:

The fact that you think Gentoo out of all possible distributions could’ve solved this issue kind of shows us that there is a major disconnect between members of our community, and reality. Compiling software from source is never going to be a viable solution for ordinary users, and it’s a laughable proposition to suggest otherwise. The ironic thing is that our community actually got the closest to the solution, but we failed to make it user-friendly enough. Distribution repos are pretty good, but if you look at the way mobile app stores did it, they also containerized and sandboxed the apps, and they made the interface look and feel very clean; you’ve got your screenshots, reviews, and the install button. Our frontends were just never that easy, and of course we never had the sandboxing, or the ability for people to make money out of it (which is what created massive growth in mobile).

Credo che tutto il thread meriti uno sguardo, ci sono alcune cose interessanti, e dei link degni di nota. Buona lettura :-)

Half a decade with Go

Andrew Gerrand, sul Go Blog:

Today, Go has found a home in the cloud. Go arrived as the industry underwent a tectonic shift toward cloud computing, and we were thrilled to see it quickly become an important part of that movement. Its simplicity, efficiency, built-in concurrency primitives, and modern standard library make it a great fit for cloud software development (after all, that’s what it was designed for). Significant open source cloud projects like Docker and Kubernetes have been written in Go, and infrastructure companies like Google, CloudFlare, Canonical, Digital Ocean, GitHub, Heroku, and Microsoft are now using Go to do some heavy lifting.

Personalmente, vedo Go avere sempre più attenzione da parte di tutti, e lo vedo diventare oltre che sempre più grande anche sempre più stimolante. Io con Go ho cominciato da poco, ma non credo ci sia mai stato un momento migliore di adesso per impararlo.

.NET Core diventa open source, su GitHub

È molto interessante che da oggi (ieri?) il framework .NET sia diventato open source, con una chiara dichiarazione d’intenti per quello che riguarda l’esecuzione del codice nella maniera migliore su Linux e OS X. Per di più, su GitHub, che non è la piattaforma di Microsoft ma un ente terzo.

Dal blog ufficiale:

Don’t believe it? I was skeptical as well so I conducted a little experiment. I moved [one of my personal open source] projects from CodePlex to GitHub. During the two years it was on CodePlex I’ve only received a single pull request. Five days after I moved to GitHub I already received three pull requests and found two other contributors. This was three months ago. In total, I’ve received 16 pull requests since then, many of them with substantial feature work. (By the way: one of the first ones was around adding unit testing, how awesome is that?). While this is obviously not a representative sample size, it does very much echo what we heard from our customers.

Personalmente non sono un fan dell’approccio “GitHub forever and ever”, ma effettivamente ormai GitHub è molto più che una semplice piattaforma di hosting dei sorgenti progettata in ottica un po’ più social. Se persino Microsoft arriva a fare una cosa del genere, è sicuramente lo spunto per una riflessione di carattere più ampio su cosa effettivamente è diventato GitHub per tutti noi, e se eventualmente potremmo mai prescindere, ora come ora, da esso e dal significato che ha per l’ecosistema open.

Se ti chiami Gnome, quasi per sbaglio - ovvero sul caso GNOME VS Groupon

GNOME failed to load session

È interessante vedere come solo ora una cosa che accade abbastanza comunemente nell’ambiente del software libero venga notata e diffusa: GNOME ha visto minacciato il proprio marchio in questi giorni da Groupon, il quale ha bellamente deciso (update: ma anche no) di fregarsene di qualsiasi trademark e chiamare Gnome il suo chiosco da infilare nelle attività per aumentare il tasso di conversione dei visitatori dei negozi affiliati.

Ovviamente, essendo chiamato in causa un ente più grandicello (GNOME Foundation), che come ricorda l’ottimo Joey Sneddon ha lanciato anche un appello per la raccolta di 80.000 dollari i quali serviranno a far partire una causa per aggiustare le cose, l’occasione per un caso di studio relativo alla trattazione tra trademark e rispetto dei brand open source è ghiottissima. :-) Il tutto è reso persino ancora più comico dal fatto che Groupon è sempre stata dichiaratamente tutta sorrisi e moine con l’ecosistema open: a questo punto l’unica cosa che possiamo augurarci è che l’azienda venga presa a sberle da una salva di giudici.

Ma non solo; Lucas Nussbaum, Debian Project Leader attuale, si è pronunciato sulla questione:

This legal defense is not just about protecting GNOME’s trademark; it is about asserting to the corporate world that FLOSS trademarks can and will be guarded. Not just by the project in question, but by the community as a whole. As a result, all FLOSS trademarks will be strengthened at once.

Personalmente, non è la prima volta che vedo accadere una cosa del genere: c’è stato un periodo che il logo di Arch Linux veniva inserito in qualsiasi cosa e copiato dalla qualunque (come in questo caso) almeno una volta ogni tre mesi. Non c’è mai stata però una violazione del trademark così evidente, e soprattutto così grossa. Piccole ditte di manutenzione o di rivendita condizionatori hanno rubato spesso il logo di Arch Linux; Groupon che ruba il nome a GNOME era qualcosa che ancora mancava all’appello.

Purtroppo proprio mentre scrivevo l’ultimo paragrafo Groupon ha capito che non c’è trippa per gatti e ha rinunciato, dichiarando che troverà un altro nome per il proprio prodotto - e nel frattempo la raccolta fondi della GNOME Foundation è quasi arrivata a compimento. Quello che però mi avrebbe reso veramente felice, e avrebbe reso valide in maniera ancora maggiore le parole di Nussbaum, sarebbe stato vedere delle aziende, delle corporate schierarsi al fianco di una fondazione che a conti fatti costituisce uno dei loro asset, anche se in maniera indiretta. Società come Red Hat, o Canonical, invece, non hanno mosso paglia.

Photo courtesy of Luis M. Gallardo D.

Emoji di Twitter, da ora open source

Da giovedì le emoji di Twitter sono open source e liberamente utilizzabili da chiunque.

<script src="//twemoji.maxcdn.com/twemoji.min.js"></script>

Se vogliamo fare i virtuosi possiamo persino lavorarle nel DOM:

var div = document.createElement('div');
div.textContent = 'I \u2764\uFE0F emoji!';
document.body.appendChild(div);
 
twemoji.parse(document.body);
 
var img = div.querySelector('img');
 
// note the div is preserved
img.parentNode === div; // true
 
img.src;        // abs.twimg.com/emoji/v1/36x36/2764.png
img.alt;        // \u2764\uFE0F
img.class;      // emoji
img.draggable;  // false

E poco altro. Sicuramente è importante avere delle emoji di riferimento da far renderizzare all’utente al posto di qualche font di sistema che è una schifezza (come quello, aehm, di Apple? - O quel coso schifoso che c’è su Linux… :-D), tra l’altro distribuite attraverso MaxCDN per essere usufruibili al massimo delle prestazioni da chiunque.

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