05 Feb 2017
Tutto quello che ha un inizio, ha anche una fine. Sembrano le parole dell’Oracolo di Matrix, invece è solo banalmente quello che è successo negli ultimi tempi per me in Sourcesense; ho percepito che fosse arrivato in qualche modo il mio tempo, e che fosse venuto con questo il momento di misurarmi con qualcosa di nuovo.
Nel momento in cui abbozzo questo post sto formattando la mia macchina aziendale, e mi vengono in mente un sacco di esperienze che ho vissuto qui, e soprattutto un sacco di persone a cui dire grazie:
- Paolo Mariotti: quando ero un imberbe fanciullo mi ha insegnato meraviglie frontendistiche e javascriptistiche (ma si dice?) che non avrei mai immaginato;
- Ludovico Cafarelli: il mio sponsor, ha sempre creduto in me, e mi ha fatto sempre sbattere il muso sui lati peggiori del mio carattere;
- Matteo Nobili: perché è pelato;
- Eugenio Marzo: i nostri venerdì in Viale Europa mi hanno insegnato che c’è sempre una soluzione a qualsiasi problema che sarebbe meglio non far sapere troppo in giro perché fa cagare (e ricordati le best practice!);
- Piergiorgio Lucidi: lui e il suo gemello malvagio Piergioegio (che è nato quando gli hanno sbagliato il badge al Devoxx) mi hanno insegnato a conciliare la ricerca continua di novità con un approccio più orientato al mondo enterprise;
- Manuel Felici: il pulcino di tutti che adesso è un bel basilisco;
- Valerio Luzzi: no matter the day, every day is sushi day.

Con Sourcesense ho raggiunto dei traguardi notevoli, come notevoli sono state le persone che mi hanno accompagnato nel mio viaggio.
Chiariamoci: è decisamente una Sourcesense diversa dalla Sourcesense che ha fondato Gianugo Rabellino. Non è una realtà immune dalle arrabbiature, anzi: tuttavia è una compagnia che mi ha fatto crescere in modo esagerato, insegnandomi a lavorare con persone alle quali non ero esattamente affine (che non è banale), dando valore a tutto il ventaglio delle mie capacità, mettendomi alla prova e non facendomi annoiare mai.
A chi applica oggi per una posizione in Sourcesense, dico che fa bene: rispetto alla media delle società di consulenza romane, è un’azienda che spicca e che ha anche delle potenzialità di sbocco interessanti vista la sede a Milano e soprattutto quella a Londra. Chi sa forgiare il proprio cammino nel modo giusto da Sourcesense può ottenere esperienze internazionali e l’expertise di vicini di scrivania veramente preparati e appassionati. Forse tra i più appassionati e preparati che possiate mai trovare a Roma.
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Non ho lasciato Sourcesense per l’ignoto. Presto arriveranno novità. Qualcuno già le sa, ma prima di fare annunci a gran voce vorrei ambientarmi e capire che direzione ho intrapreso (si, non lo so nemmeno io…).
Alle persone che ho incontrato in questi anni, come a quelle che ho menzionato direttamente pocanzi, devo un enorme ringraziamento, perché sono tra quelle responsabili di ciò che sono oggi. E io sono molto fiero di quello che sono oggi, almeno per i tratti positivi del mio carattere 😁
Non c’è molto da dire su questo, ma è una piacevole notizia che la Node.js Foundation abbia deciso di aprire il suo programma di certificazioni su Node.js:
Node.js Foundation is worked closely with The Linux Foundation to create the blueprint and process for administering the program. The Linux Foundation offers a neutral home for running training and certification programs, thanks to its close involvement with the open source community.
Onestamente penso che questo aiuterà Node ad affermarsi sul mercato, e ad essere una piattaforma considerata maggiormente come enterprise-ready, per quanto possa essere considerata enterprise-ready una piattaforma che fa leva su un linguaggio debolmente tipizzato e tradizionalmente ritenuta “da frontendari”.
Nonostante questo, a ognuno le sue pecche, e a me piace. 😬
Russell Ivanovic ha scritto un pezzo interessante che avevo inspiegabilmente perso, in cui spiega il suo iter da un Mac Mini in salotto ad un Mini PC Intel con Windows 10:
Do I actually need this computer to run macOS? I quickly realised I don’t. I need Chrome, I need a few basic apps and I need my Elgato EyeTV Diversity USB stick to be supported so I can watch TV. It turns out there’s another OS that has all those: Windows. I’ve had Windows 10 on a gaming PC I built over 6 months ago and I’ve not had a single problem with it. It’s never bothered me, needed rebooting because it was flakey or even broken a sweat doing all the things I’ve asked of it.
Quello che continuo a non capire è come mai Apple continui ad inseguire la chimera di una rivoluzione sui propri laptop, senza consegnare alla propria utenza degli attrezzi con cui lavorare fuori da quello specifico fattore di forma. La cosa che per molti anni mi ha affascinato di Apple (a prescindere dai prezzi folli) era questa: hai bisogno di un mini PC? C’è il Mac Mini. Un portatile? A bizzeffe tra MacBook e MacBook Pro (che all’epoca erano veramente Pro). Necessità di lavorare con un hardware super-duper? Ecco il MacPro.
Una variegatura (e non ho parlato degli iMac) che oggi è solo un ricordo, con una linea d’offerta ridotta non dico al lumicino ma, beh, quasi - e soprattutto utenti che delusi si guardano intorno per scoprire che Microsoft può dargli quello che Apple ormai si rifiuta di dare. O addirittura che Linux è un’alternativa possibile.
27 Jan 2017

Ieri sera tra una sessione di terminale e l’altra ho visto spuntare come funghi in giro per l’internet una cosa molto, molto affascinante, ovvero il KDE Slimbook. Mi ha fatto alzare la testa per due ordini di motivi:
- Il primo è che è pensato per la mobilità, con un design che prende a piene mani dal MacBook Air di Apple, la quale però non ha intenzione (pare) di avventurarsi in un revamp di quella specifica linea;
- Il secondo è la realizzazione portata avanti a stretto contatto con la community di KDE, tramite l’interazione con dei membri selezionati molto vicini al progetto. Quello che è venuto fuori è un prodotto a mio parere competitivo, forte di una metodologia di creazione che in pochi possono permettersi di adottare e in ancora meno hanno effettivamente voglia di applicare.
A riguardo, è interessante leggere sicuramente il post ufficiale di KDE ma anche quello di Harald Sitter:
Naturally, as one of the neon developers, I was doing some software work to help this along. Last year already we switched to a more reliable graphics driver. Our installer got a face-lift to make it more visually appealing. The installer gained an actually working OEM installation mode. A hardware integration feature was added to our package pool to make sure the KDE Slimbook works perfectly out of the box. The device looks and feels awesome. Plasma’s stellar look and feel complements it very well making for a perfect overall experience.
Sicuramente guardando al form factor cadiamo nella trappola del “not invented here”, per il semplice fatto che viene sfruttato un concetto di scocca già implementato da altri e rodato fino allo sfinimento, per consegnare all’utente un’esperienza che non porta nulla di nuovo.
Da una parte è vero che questa macchina è una copia spudorata di un MacBook Air, dall’altro lato è vero allo stesso modo che nello specifico il MacBook Air ha un feeling estremamente sexy, e dato che a molti attuali utenti Apple (soprattutto power user) interessa un revamp di qualcosa di simile, potrebbe addirittura far alzare un sopracciglio a chi cerca un buon rimpiazzo per il proprio Mac e vuole passare a Linux.

La spesa
Un KDE Slimbook non viene via a poco, anzi. Però con la combo che ho scelto io viene comunque 300 euro meno di un Macbook, che insomma, buttali via. Quello che mi piacerebbe capire invece è quanto, a fronte della spesa abbastanza elevata, mi venga restituito in qualità costruttiva: il confronto con un MacBook viene spontaneo, e sicuramente pur costando un prodotto Apple un occhio della testa è vero che una volta pagato quel rene che ti viene chiesto, hai un prodotto che dura un sacco di tempo (parlando di computer, eh, beninteso: con i telefoni è tutta un’altra storia) e rimane solido come appena uscito dalla scatola.
Prodotti wannabe-equipollenti, con la stessa scocca, purtroppo all’interno non risultano essere assemblati a dovere, nei casi più eclatanti addirittura messi insieme col nastro adesivo, e alla fine pur pagando sensibilmente meno si rinuncia ad avere un portatile rock-solid.
Siccome a me questo aspetto del mio MacBook Pro piace molto, sarei curioso di sapere come si pone lo SlimBook da questo punto di vista. Ovviamente questa strizzata d’occhio non troppo velata significa che se state leggendo questo post e me ne inviate uno sarà mia cura recensirlo con tutti i crismi.
Tornando al punto iniziale, ho visto che recentemente Apple ha impoverito molto persino le possibilità di configurazione degli Air, mentre questo laptop ha una flessibilità molto alta in fase di build, permettendoci di arrivare fino a 16GB di RAM (dove un MacBook Air arriva a 8GB ed è grasso che cola).
Linux come cittadino di prima classe
Quello che mi ha affascinato enormemente di questo progetto è ciò che hanno fatto gli sviluppatori di KDE/KDE Neon con l’aiuto di un manufacturer che voleva semplicemente offrire un ultrabook con Linux. Quello in cui si è tramutato il tutto è stato un piacevole tentativo (riuscito, poi bisogna vedere se le persone premieranno lo sforzo) di fornire a un bacino di utenza di base non enorme la possibilità di avere un hardware testato e ritestato su cui ottimizzare i comportamenti del software, una sorta di macchina di riferimento su cui eseguire benchmark di qualsiasi tipo da quelli di usabilità a quelli di comportamento.
Questo rende Linux un cittadino di prima classe su questo laptop esattamente come macOS sui Mac, e me lo rende onestamente appetibile, anche perché per un tempo abbastanza lungo dopo essermi allontanato dal fronte GNOME sono stato un vero e proprio fanboy KDE. Date queste premesse, e data la flessibilità che offre la piattaforma di Plasma, penso che un OEM abbia spazio per inserire tante personalizzazioni senza rovinare l’esperienza utente di base di KDE. Allo stesso tempo sono piacevolmente sorpreso di come gli sviluppatori di KDE si stiano preoccupando di come possa apparire la loro software compilation su una macchina e su quella soltando, andando a risolvere problemi che riguardano anche il coupling tra la componente “interattiva” del computer e quella “fisica”.
Detto ciò, sono molto, molto curioso di capire come possa performare un altro sistema Linux su questo hardware, tipo Arch Linux con GNOME Shell. 😬 😬 😬
In barba a tutti quelli che “ma no, il 2016 è stato un anno come gli altri”, Jason Crease ha fatto un’analisi statistica clamorosa sulle celebrità morte nel 2016. Imbattendosi in qualcosa di molto peculiare. 🤓