Andrea Contino, sul suo blog, nel suo post di inizio anno:
Sento di dovere delle scuse innanzi tutto a questo blog
Si, gliele devi. Vorrei che scrivessi di più 😛
I social network sembrano aver definitivamente abbandonato la loro natura prettamente testuale […] Aggiungo che, nei miei personalissimi confronti, hanno perso qualsiasi forma attrattiva. Uso praticamente solo Twitter e abbandonato pian piano tutto il resto. Qualche sporadico update su Facebook, giusto per condividere qualcosa, e niente più.
Sinceramente, provo lo stesso sentimento. Facebook è un luogo tramite il quale porto avanti conversazioni spesso degne di nota, ma sta diventando un raccoglitore di sempre maggior rumore, e purtroppo ho notato durante l’anno passato un appiattimento dei contenuti tendente verso il basso.
Viceversa vorrei che altri posti (come questo blog) tornassero ai fasti conversazionali di un tempo, quando il commento era all’ordine del giorno. Ma su questo ho altre riflessioni in arrivo.
31 Dec 2016

È stato un anno difficile. Non mi sento di aggiungere altro. Sicuramente mi sono sentito messo alla prova in varie situazioni, su altre non ho avuto il minimo potere, e sono successe molte cose positive, negative, e tutto quello che ci sta di mezzo.
Non mi piace fare i bilanci perché non mi piace guardare indietro; sono una persona che cerca di guardare sempre avanti, ma saper analizzare il passato è fondamentale per evitare ciò che non ci piace nel nostro futuro. È stato un anno in cui ho fatto lavorare incredibilmente la testa. È stato anche un anno che di botta in testa me ne ha data qualcuna.
A livello personale, ci sono stati momenti bui e perle di indimenticabile splendore. A livello professionale altrettanto, tanto che presto seguiranno delle novità per le quali non sto nella pelle.
Il mio augurio per il 2017, per me stesso, e per tutti voi, è che questo nuovo anno vi dia delle sfide impegnative, risolte le quali la vostra vita ne risulti incredibilmente ricca, appassionante e piena di bellezza.
La mia checklist per il 2017 è la seguente:
- Finire il webserver in C per il mio esame di Reti di Calcolatori
- Portare all 99,9% la mia competenza di Javascript
- Aiutare qualcuno (so già chi 😁) a costruire qualcosa di grande
- Imparare Elixir
- Diventare un boss della programmazione funzionale
- Imparare a fare gli integrali
- Visitare due o tre posti meravigliosi
Penso sia tutto.
Spero che il 2017 mi porti tutte queste cose e altre ancora. Deve farlo. Altrimenti lo meno.
30 Dec 2016

Proprio poco fa leggevo questo post di Nicola che mi ha fatto ricordare di un dettaglio fondamentale, una differenza tra come io uso le mie macchine e come la maggior parte della gente usa le sue. Si, posseggo un Mac, anzi due. Uno aziendale, uno personale, e svariati altri computer tra cui il mio fulgido fisso con Arch Linux, sul quale quest’anno ho anche testato Windows 10 (rimanendone sorpreso positivamente).
Tra l’agnosticismo relativo al sistema operativo e altri fattori, alla fine i miei Mac sono diventati molto più simili alle mie macchine Linux di quanto uno possa pensare, perché - beh - ecco come li uso:
- Installazione di Homebrew;
- Disabilitazione della System Integrity Protection;
- Uso di iCloud: zero;
- Strumenti di sviluppo disponibili su tutti i sistemi operativi: Atom, Zsh, ecosistema NodeJS/Go/eccetera, più i vari IntelliJ, Eclipse e compari;
- Limitazione nell’uso dello store di Apple, priorità ai software open source o comunque indipendenti.
Alla fine, dopo l’applicazione di queste piccole misure (che io adotto in maniera totalmente inconscia, perché è così che uso i computer), i miei Mac rimangono solo “degli Unix con un’interfaccia carina”, e nulla più.
Viceversa, per il modello di connettività previsto “always on”, nemmeno io ho una soluzione. Di certo utilizzare il computer in questa maniera, di fatto evitando di entrare nel circolo vizioso del cloud in ogni dove, facilita il mantenere un certo tipo di rapporto con i propri dati, con le proprie macchine.
Alla prova dei fatti, quando poi mi serve avere una copia condivisa e accessibile in mobilità di certi documenti, sostituisco un male con un altro utilizzando Google Drive al posto di iCloud; che almeno però non è integrato nativamente nel sistema operativo.
Anch’io come Lorenzo penso che sia molto importante saper trovare dei mentor lungo il proprio percorso, e anch’io come lui penso che sia decisamente più importante, se possibile, imparare a riconoscere cosa non ci piacere di noi e degli altri per evitare di riproporlo.
A volte la ricerca del miglioramento passa non solo dal copiare i maestri, ma anche dall’individuare problemi e comportamenti errati e starne lontani.
(E con questo do anche il bentornato a Lorenzo sul suo blog su UGIdotNET 😁)
Rust mi sembra un progetto interessante, tra tutti i linguaggi uno di quelli francamente fascinosi dal punto di vista “hipster” (keyword and co.), e dal punto di vista delle prestazioni. Oltretutto sulla carta sembra non voler esattamente prendere il posto di Go, anche se sicuramente in alcuni ambiti compete molto con il linguaggio di Google.
Questo piccolo racconto di Karol Kuczmarski però (nonostante l’autore cerchi di farla passare come una figata) mi scoraggia un pochettino: esattamente come Python 2 VS Python 3 nella stragrande maggioranza della distribuzione software (e dicotomie similari), il channel Nightly di Rust è decisamente diverso dalla sua controparte stabile, e addirittura parecchi framework ne richiedono l’utilizzo esclusivo.
In fact, nightly Rust is essentially its own language.
Nemmeno arrivato ad un grado di maturità stabile, Rust già soffre di queste problematiche. Il fatto che alcuni switch non possano essere stabilizzati di per sé, di fatto a mio modo di vedere si trasforma in una falla di design.