Alessio Biancalana Grab The Blaster di Alessio Biancalana

Cauldron e la sua nuova icona - ma anche copia, apri, ama

Pur essendo una persona che soffre moderatamente il cambio di stagione1, devo dire che sto accusando quest’entrata della primavera in maniera meno grave del solito, e uno dei motivi è che il design team di GNOME (nella persona di Brage Fuglseth) ha finalmente dato un’icona a Cauldron. Sinceramente sono sempre stato emozionato più del dovuto per questa cosa, e devo dire che fin dal primo momento mi sono eccitato come un cucciolo di labrador perché non solo ho provato a fare un’app desktop e ci sono sommariamente riuscito, ma grazie a questa icona adesso sembra anche una “cosa vera” - di quelle del desktop environment per davvero, ecco.

L'icona di Cauldron in anteprima

Questo mi ha dato un boost di motivazione per aggiungere due cose che volevo piazzare dentro Cauldron da tantissimo tempo:

  • Copia nella clipboard: ovvero, appunto, un pulsante per copiare nella clipboard l’URL del post che si sta visualizzando;
  • Apri nel browser: un altro pulsante che apre nel browser di default l’articolo che si sta visualizzando.

Sono due cose che ho sempre avuto a disposizione in tutti gli RSS reader per ogni piattaforma, ovviamente a partire dal mitico Newsflash, e dato che erano tutto sommato delle vittorie facili non vedo perché farcele mancare. Anche perché, appunto, Pocket for Mac, da cui ho preso spunto2, ce le ha entrambe e sono comodissime.

Godetevi tutto!

  1. Vi giuro che la sto prendendo da lontano ma non sono ancora arrivato a fare come quei vecchi attaccapippe che parlano del tempo. 

  2. Che tra l’altro è stato mandato a sunset, quindi praticamente il mio è attualmente il miglior client Pocket sulla faccia della terra - tant’è che Lorenzo mi ha inaspettatamente chiesto se supporterò mai macOS. 

openSUSE membership (aka: non sapevo di poter essere più di un contributor)

Dato che ormai è parecchio tempo che contribuisco a openSUSE in maniera attiva (principalmente mantenendo aggiornato insieme a un manipolo di bravi il pacchetto di Elixir) ho trovato il coraggio e il tempo di sottopormi al processo di assegnazione della membership all’interno del progetto.

Lo status di membro è una cosa incognita, e ne sto appunto parlando perché rispetto alle decine (se non centinaia) di persone che ogni giorno inviano patch e documentazione secondo me non gli viene data abbastanza attenzione. Innanzi tutto se siete interessati a contribuire a una distribuzione Linux vi consiglio di leggere la pagina wiki associata.

Dopodiché, nel mio caso è andato tutto molto bene dato che ho partecipato parlando di openSUSE a varie iniziative e conferenze, oltre al codice. Se siete italiani e avete contribuito in maniera costante e misurabile vi consiglio di richiedere la membership perché così almeno potete:

  • Sfoggiare l’IRC cloak (se siete anziani)
  • Sfoggiare l’indirizzo email @opensuse.org
  • Essere su Planet SUSE
  • Partecipare alle elezioni del board
  • Essere eletti nel board

In realtà le funzioni del board di openSUSE sono parecchio limitate, si tratta per lo più di organizzazione ad alto livello, ma se volete avere un impatto maggiore è sicuramente una cosa da prendere in considerazione. In particolare negli ultimi tempi ho avuto modo di constatare che, appunto, lo status di openSUSE Member è qualcosa di abbastanza misconosciuto.

Dopo di me è stato anche accolto a braccia apertissime il buon Paolo che, io non lo sapevo, è maintainer della ZSH che uso tutti i giorni su tutti i miei setup, quindi ne aveva molto più diritto di me :-D

FOSDEM 2025: tra eBPF e strane distro Linux

“Ci sei al FOSDEM?”

Penso che questa sia la frase che ho sentito di più nelle ultime settimane: sono contentissimo di aver beccato in giro chi sono riuscito a vedere, mortificato con chi invece non è riuscito a incontrarmi. Non me la sto tirando o qualcosa di simile: il FOSDEM, sin dal primo anno in cui ci sono stato, si è sempre dimostrato una grande bolgia e se ci si dà appuntamento in parecchi è assolutamente impossibile riuscire a beccarsi tutti. È per questo che il mio approccio a questa conferenza è parecchio best effort, ovvero se si riesce a darsi un cinque nei corridoi bene altrimenti ciccia.

Fatta questa doverosa premessa, anche quest’anno a Bruxelles si è tenuto il FOSDEM, che ormai è il più grande evento riguardante il software open source in Europa, probabilmente nel mondo, e probabilmente l’unico ormai davvero rilevante per massa e per argomenti.

Ogni anno le devroom che la conferenza ospita cambiano, in modo da coprire uno spazio di interessi molto vasto. In particolare quest’anno le devroom che ho frequentato di più sono state:

  • Containers: Avrei voluto fare di meglio specie per seguire il talk di Luca Di Maio, ma me lo sono seguito a metà per colpa di un kebabbaro particolarmente lento e del bisogno di pranzare;
  • eBPF: Ovviamente la mia più grande passione degli ultimi tempi;
  • Monitoring and Observability: L’ho fatto per tre anni, lo faccio ancora, nemmeno a dirlo mi sono sparato un po’ di talk qui dentro;
  • Distributions: Dato che ho il kink delle distribuzioni Linux e dintorni, ovviamente mi sono fiondato in Distributions Devroom dove il mio amichetto Dan Cermak doveva tenere un paio di talk. Purtroppo ha avuto dei problemi e non è riuscito a presenziare, ma il suo secondo ha comunque portato a casa il risultato incuriosendomi riguardo Packit.

Oltre il talk su Packit devo fare una menzione speciale al talk su CentOS di Troy Dawson, che è stato condotto con una passione tale da farmi venire quasi voglia di contribuire al progetto; sicuramente me ne studierò la struttura meglio, e cercherò di capire come nonostante Red Hat ne abbia sfondato tutto il valore che aveva, comunque la nuova organizzazione stia avendo un sacco di senso. L’altro pezzo che mi porto a casa da questo e da altri talk è quello sui SIG, gli Special Interest Group attorno a cui gravitano moltre distro tra cui Fedora e CentOS appunto, ma anche altri progetti open come Kubernetes.

Menzione d’onore, tra tutti gli stand che ho visitato, oltre quello di FOSSAsia dove ho comprato uno stravagantissimo badge LED da attaccare alla felpa, ovviamente lo stand di openSUSE dove si sono avvicendati personaggi del calibro di Richard Brown, Douglas De Maio e Patrick Fitzgerald. Chi non è a contatto con il team di sviluppo e con il board non sa nemmeno di cosa sto parlando, ma sono tre tra gli individui più di rilievo nella community di openSUSE: Richard è l’inventore di Tumbleweed nonché di Aeon (il flavor atomico/immutabile di openSUSE), Doug è stato a capo del board svariate volte e Patrick è colui che ha inventato Leap. Insomma, bella gente.

Vorrei fare un listone di tutte le persone che ho potuto abbracciare a questo FOSDEM, ma sarebbe praticamente un elenco del telefono senza alcun valore per i lettori e senza alcuno spessore dato che per ognuno degli elencati mi dovrei mettere a spiegare come mai sono stato così felice di essersi visti. Con chi non ci siamo visti, ragazzi: come se. Purtroppo mi devo ripetere, ma quella bolgia che è il FOSDEM non lascia scampo e in realtà i piani sono sempre abbastanza soggetti a cambi di rotta dell’ultimo secondo.

Io per conto mio conservo nel cuore la sensazione di essere parte, ancora una volta, di una comunità vibrante che nonostante le pressioni aziendali è ancora parecchio “grassroot”. Una comunità di amici, dove nessuno ti nega mai una spiegazione e dove basta un’email o un messaggio di chat per iniziare una conversazione tra le più stimolanti.

È il motivo per cui in questa comunità ci sono entrato, ed è il motivo per cui ci resto.

Developing an application for GNOME in Rust - il video di openSUSE Asia 2024

Non so nemmeno come iniziare questo post - come in realtà grandissima parte dei miei post, soprattutto recenti - ma, sulla strada per il FOSDEM 2025, sono contentissimo di riportare qui che finalmente è stato pubblicato sul canale YouTube di openSUSE il talk che ho tenuto durante openSUSE Asia 2024.

Dato che sinora è comparso solo il mio ho modo di pensare che quelle che io pensavo fossero gentilissime richieste da parte mia siano state interpretate come intimidazioni da parte degli organizzatori, spero di non aver fatto figuracce. In caso, però, voi comunque potete gustarvi questi venti e passa minuti di me che blatero in inglese, con finalino in giapponese. :-D

Una nuova tastiera: ovvero come ho costruito la mia tastiera finale

Sono sempre stato appassionato di hardware strani. In particolar modo, una tunnel in cui ho deciso di infilarmi alcuni anni fa è quello delle tastiere meccaniche1. Al che, come primo acquisto ho deciso di buttarmi su qualcosa di precostruito che mi ha servito, devo dire, molto bene sino ad oggi.

A Natale però ho deciso di farmi un piccolo regalo extra, grazie anche allo stimolo di Agnese che mi ha regalato dei keycap nuovi (che avevo già deciso di destinare a questo piccolo progetto): costruirmi una tastiera da zero, con pezzi completamente selezionati da me, puntando ad avere un sound in stile “THOCK” quando vengono premuti i tasti. Facendomi un giro su vari siti e soprattutto ascoltando fino alla noia sound test su YouTube, sfruttando anche vari appunti in passato ho deciso di procedere con questo setup:

  • Case: Tofu60 Redux, meteorite gray, in alluminio anodizzato;
  • PCB: in realtà ho preso un kit, quindi il PCB è arrivato incluso con il case Tofu60. Un generico 60% ANSI hotswap2, con layout WK;
  • Foam mod3: per forza. Il kit della Tofu60 arriva con due strati di foam, uno da mettere tra il PCB e la switch board, l’altro da infilare direttamente a contatto con il case per farlo suonare meglio
  • Weight bar: presente. Ovvero, una barra di ottone da inserire all’interno del case per farlo pesare un po’ di più e avere una sensazione di solidità maggiore;
  • Switch: Gazzew Boba Linear Thock, prelubrificati;
  • Keycap: SOLIDEE 135 bianchi, con l’alfabeto hiragana riportato a lato, regalo di Agnese.

L’arrivo

La sfida maggiore è stata reperire tutti i pezzi: il case/kit Tofu60 si trova abbastanza facilmente, i keycap sono stati ordinati su un noto sito di ecommerce, mentre per gli switch ho dovuto impegnarmi un po’ di più: oltre a venire oggettivamente un rene rispetto a degli switch per delle tasche più contenute, ho scoperto che i Boba Linear sono rari come il santo Graal, motivo per cui ho dovuto prenderli da un sito terribile, che non nominerò, ma che ha affidato la sua logistica a UPS.

Close-up della confezione dei Boba Linear

Non lo sapevo, ma UPS ha il peggior servizio di notifica esistente al mondo: una volta lasciato il suono americano, non ho più avuto notizie del mio pacco finché non mi sono trovato un bellissimo avviso di giacenza una volta tornato dal mio viaggetto a Londra con gli amici, scoprendo contestualmente che:

  • Il tentativo di consegna era avvenuto in un giorno assolutamente a caso senza che io ne sapessi niente, mentre non c’ero, senza una telefonatina né niente
  • Mi spettava anche di pagare più di un paio di kebab alla dogana di Stato

Siccome so che ve lo state chiedendo: oggettivamente sono gli switch migliori che abbia mai sentito e su cui abbia digitato. Nonostante questo ho intenzione di pagare a peso d’oro, la prossima volta, chiunque mi possa risparmiare la quasi-mezza-giornata che ho speso all’ufficio postale tentando di ritirare il mio pacco in giacenza, godendomi una assolutamente innecessaria dose di interazione col mondo circostante e con la fauna locale.

La weight bar infilata dentro il case

Il montaggio

A posteriori, devo dire che il montaggio non mi ha preso troppo tempo, e pensavo molto peggio. Lì per lì, tuttavia, ci sono stati dei momenti in cui ho detto “adesso appendo tutto e vado a farmi un giro” da quanto ero frustrato. Il motivo di questa frustrazione è che il kit di suo arriva senza un vero set di istruzioni. Alla seconda build guide che guardavo su YouTube ho anche capito un po’ come funzionava tutto il giro, e sono andato a riguardare la pagina del kit stesso su KBDFans, dove c’è in realtà un breakdown abbastanza preciso delle parti e di come si combinano tra di loro.

PCB, foam e plate

Tra una build guide e l’altra sono più o meno riuscito a capire per conto mio cosa fare e cosa non fare, con somma soddisfazione mia che con le cose “fisiche e meccaniche” sono sempre stato una grandissima frana, e di mio padre a cui mandavo le foto in realtime per provargli che suo figlio non è un imbranato del cazzo quando si tratta di tenere un cacciavite in mano4.

Sua maestà il PCB

Il momento peggiore per quanto riguarda il quantitativo di frustrazione è stato il montaggio degli stabilizzatori: senza nessun tipo di guida ho dovuto imparare a montare uno stabilizzatore screw-in per poi agganciarlo al PCB in maniera sicura e avvitarlo successivamente. Non è sicuramente scienza missilistica (anzi) ma devo dire che prima di capire dove infilare cosa ci ho messo svariati minuti se non decine di minuti. Se è una cosa che non hai mai fatto in vita tua, sicuramente avere in mano uno stabilizzatore smontato intimidisce un po’, almeno per me. L’unico metodo che ha funzionato nel farmi capire, infine, come muovermi, è stato questo post di (santi subito) Keyboard University.

Fortunatamente una volta scollinata la fase degli stabilizzatori il resto è stato abbastanza tranquillo: montare il PCB completo di stabilizzanti dentro il case, applicare la foam mod, applicare la piastra per gli switch sopra, agganciare gli switch e completare l’opera con i keycap. Prima che me ne fossi accorto, avevo montato la mia tastiera!

La tastiera mezza montata, con qualche switch e qualche keycap

Ovviamente con qualche sbavatura però: ho scoperto infatti a mie spese che conviene fare un test degli switch, altrimenti si rischia di doverli rimpiazzare; personalmente non ho trovato nessun modo di distinguere tra uno switch i cui piedini sono infilati a regola d’arte e uno switch dove semplicemente montando il pezzo nel suo alloggiamento e spingendo, uno dei piedini è andato a farsi benedire piegandosi come un panetto di burro al sole.

Tastiera completamente montata, senza RGB, a cavo scollegato

È stato per questo motivo che ho dovuto rimpiazzare, se non sbaglio, sei switch. Meno male che la tastiera ha un layout 60% e avevo ordinato il pacco da 90.

La tastiera completamente montata e in funzione

Sono ormai un paio di giorni che la sto usando, e ovviamente rispetto a una precostruita c’è un abisso, non tanto per quanto riguarda la qualità, ma per quanto riguarda la cura che ho messo nel selezionare ogni componente (PCB a parte: la prossima sfida è quella di saldarmelo da me). Devo dire che una bella porzione di soddisfazione deriva anche dall’aver visto realizzare e crescere sotto i miei occhi questo progettino che era in pigra gestazione da circa quattro anni, e dall’aver visto realizzarsi come esatta ogni mia supposizione.

O forse dovrei dire… “quasi ogni”: la build originale che avevo in mente era con i Boba U4T, ma alla fine sono andato all-in sulla nuova serie Linear, che quando ho ideato questa build (nella notte dei tempi) non era ancora sul mercato.

Il problema più grande ora è che non riesco a smettere di pensare a che altro tipo di build potrei mettere in piedi, una volta superata la paura del mio primo montaggio da zero… quindi che dire, alla prossima build :-D

  1. Devo dire che comunque è uno dei tunnel meno strani riguardo l’hardware. Per esempio potrei parlarvi per ore della mia fissa per il Flipper Zero. 

  2. Ovvero un PCB dove gli switch si possono scambiare. Non ne ho mai visto uno che non fosse hotswap, sembra che abbiano conquistato il mercato negli ultimi anni. 

  3. Un foglio di polietilene messo di solito tra il PCB e la board dove si infilano gli switch. Serve ad ottimizzare l’acustica della tastiera. 

  4. Tema che ho già ampiamente sviscerato in terapia, quindi nonostante tutto penso di averlo fatto in maniera assolutamente sana e senza urlare “I’M THE ELDEST BOY!” (cit.5

  5. Occhio se aprite il video che è uno spoiler del finale di una delle mie serie preferite di sempre. 

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