New media, same shit
La solita riflessioncina delle quattro di notte. Ma come, tu alle alle quattro di notte non hai niente da fare che pensare a 'ste cose? Ebbene no, tantomeno dormire.
Ché uno dice, si adesso arrivano i new media e ti spaccano tutta la concezione tradizionale, con l'informazione capillare che pervade al rete. Beh si, è vero ma sino a un certo punto. Sul blog di Twitter infatti proprio in questi giorni è comparso un annuncio inquietante: la piattaforma si avvale del diritto di censurare singolarmente tweet o addirittura interi profili su richiesta di parti più o meno politiche. Ora, a parte tutti i pensieri possibili stile V per Vendetta del tipo "governi che hanno paura dei popoli" o cose del genere, voglio soprassedere. Considero il fatto da un punto di vista leggermente più esterno: innanzi tutto è tristemente vero quello che scriveva Nicola qualche anno fa. E soprattutto: è lecito dire che i new media rivoluzioneranno, o stanno già rivoluzionando il mondo, quando in realtà poi ci viene imposto un controllo di tipo cautelare dalle aziende che ci mettono a disposizione il servizio?
Morale della favola: come al solito sono fiero del cammino che ho intrapreso, lasciando a Twitter e Facebook solo i miei aggiornamenti effimeri, e postando su un blog le cose veramente importanti e la mia persona. Un blog che è costantemente esportabile in XML, un blog di cui tengo dei backup periodici per non perdere nulla di me, di quello che ho tracciato. L'altro pensiero che mi è venuto in mente è che magari, con Facebook che applica già un tipo di facoltà di censura simile, e Twitter con il suo nuovo meccanismo di autoprotezione alle porte, forse, e dico forse, Google+ otterrà maggiore attenzione, anche se non ne sono certo.
Di sicuro molti storceranno il naso di fronte a un potenziale di questo genere, e anche se il bacino di utenza verrà scalfito in minima parte, Twitter come compagnia ha da stare attenta a quello che fa.
Il meccanismo di censura "su richiesta" di Twitter ce lo spiega in italiano Mariangela Parenti su TechEconomy.