07 Nov 2020
Con grandissimo senso di colpa posto solo adesso una intervista che mi ha visto ospite, purtroppo è un periodo molto complicato a livello di progetti, tant’è che spero di condividerne sempre qualcuno su questo mio taccuino, e invece per sapere che sto facendo uno fa prima a prendersi un appuntamento su Google Calendar come abbiamo dovuto fare io e Mauro per questa sua puntata di Gitbar, il podcast per i software developer italofoni, in cui infatti ci sono molto più cose sui miei ultimi progetti che su questo stesso blog :-D
Innanzi tutto le cose importanti: il tema di questo episodio di Gitbar, in cui il buon Mauro “@brainrepo” Murru mi ha intervistato per una buona ora e mezza, è Elixir, insieme a una bella panoramica di CouchDB e alla discussione sull’importanza dell’open source per uno sviluppatore, sia come opportunità di crescita che ci consolidamento della maggior parte delle competenze – sia hard skill che soft skill.
Potete ascoltare l’episodio online, e andare su gitbar.it per altre perle ma soprattutto per i riferimenti al gruppo Telegram e per sapere in generale come entrare in contatto con la community.
Da parte mia non solo devo ringraziare Mauro per l’ospitalità, ma devo anche fargli i complimenti per la preparazione: la discussione sul pattern matching mi ha colto un filo impreparato perché di solito non mi trovo a dover rispiegare il concetto a qualcuno che già lo sa, e soprattutto non mi era mai capitato di parlare in “diretta radiofonica” con qualcuno che avesse una conoscenza così profonda di come si può usare il multi-master sync di CouchDB.
Sono molto felice del risultato: con un intervistatore così e un output del genere, spero che l’esperienza si ripeta!
Photo courtesy of Torsten Dettlaf
27 Sep 2020
Per tanto tempo durante le nostre chiacchierate negli orari più improbabili della giornata io e Mattia abbiamo scherzato sulla possibilità di un panel moderato da lui con il sottoscritto come partecipante. “Pensa se succedesse, che casino, hahah”, gli dicevo ingenuamente; poi all’improvviso mi ha scritto che sarebbe successo. Tipo lo scudetto della Roma, che non succede ma se succede.
E quindi il 29 settembre (ovvero questo martedì, dopodomani) saremo io, Leonardo Zizzamia e Matteo Collina, moderati da Mattia Tommasone, riuniti a parlare del perché contribuire a progetti open source renda sviluppatori migliori. La mia tesi di base, piccolo spoiler, è che renda sviluppatori migliori perché di base ci rende persone migliori.
L’orario lo trovate nella pagina dell’evento, a cui per accedere è necessaria l’iscrizione. Probabilmente verrà caricato poi il filmato anche su YouTube, ma è inutile che vi dica che così vi perdereste l’occasione di farmi delle domande imbarazzanti in diretta, o di fare delle domande serie a Matteo, Leonardo e Mattia che sono persone molto più competenti del sottoscritto.
Birba chi manca ;-)
22 Sep 2020
Ho avuto l’immensa fortuna di conoscere Massimo Chiriatti personalmente, ancor prima che professionalmente, e già da tempo volevo inaugurare una serie di recensioni su questo blog ma non riuscivo mai a trovare il libro adatto; così quando Massimo stesso mi ha scritto per comunicarmi che ne aveva (finalmente) scritto uno suo ho pensato di non potermi esimere. Quindi eccoci qua :-)
Humanless è un libro molto particolare, sarà che l’ho letto conoscendo l’autore, sarà che sono particolarmente preso dai temi che tratta, saranno tante cose, fatto sta che ormai lo sto consigliando a ogni piè sospinto a chi mi chiede “Alessio, ma hai della letteratura critica sull’industria del software?”. È un libro particolare perché parla di algoritmi senza contenere nessun algoritmo, ed è un libro particolare perché parla di generazioni di algoritmi: un concetto quasi cyberpunk, espresso da un tecnico, un padre di algoritmi, con un ritmo clamoroso che ti fa crogiolare nel piacere dell’attesa di capitolo in capitolo. Un libro particolare, ai miei occhi, perché parla a un padre di algoritmi col tono tutto sommato di un altro padre di algoritmi. Da creatore a creatore.
E dove stiamo andando?
Sostanzialmente il libro parla di questo, descrive uno status quo if-then-else
dove l’algoritmica di base si basava sul confronto singolo, della quale è avvenuta la spaccatura inesorabile, la disruption che tanto piace agli startuppari, attraverso uno strumento su tutti, ovvero quello del machine learning. Massimo ci pone quindi dinanzi alla narrativa di un mondo nuovo, dove agli algoritmi viene fatto un dono adamitico, ovvero quello di affrancarsi almeno in parte dal proprio creatore evolvendo in direzioni mai pensate, tuttavia rispettose dei bias, dei preconcetti che i programmatori stessi infondono alle proprie creature.
Da una parte l’autore invita a riflettere sulle conseguenze nefaste della tecnologia impiegata per gli scopi peggiori e senza un minimo di oculatezza: nonostante l’impronta tecnica, è un libro che parla di caveat, di diseguaglianza sociale, di impoverimento del genere umano.
Dall’altra parte viene messo in evidenza come l’applicazione di un pensiero maggiormente critico a queste tecnologie, a queste ricette, a questi ingredienti delle cucine digitali che sono oggi le workstation dei programmatori possa innescare un circolo virtuoso che ci consenta di reinventare i concetti stessi di società, di famiglia, di lavoro, di azienda, di stato. Tutto questo accompagnando per mano gli algoritmi, che sanno pensare solo a se stessi perché è il loro tratto intrinseco non curarsi di ciò che accade loro attorno. Una inconsueta immagine di un futuro dove piuttosto che soppiantarci, sono le macchine ad aver ancora una volta bisogno del genere umano.
Personalmente, Humanless me lo sono proprio goduto: lentamente assorbito pagina dopo pagina, non è passata una sera che non lo leggessi prima di andare a dormire; e piuttosto che addormentarmi di botto, passare quei buoni dieci minuti nel letto a riflettere su quello che avevo letto, su quanto quello che descrive Massimo si stia già avverando, quanto si sia concretizzato da anni, e quanto ancora ci attende. Una lettura a tratti terrorizzante, a tratti entusiasmante.
Come il futuro.
Potete comprare Humanless di Massimo Chiriatti su Amazon, e venire tracciati da un algoritmo. Oppure potete ordinarlo dal vostro libraio di fiducia: è una pratica un po’ desueta, ma non si sa mai.
07 Sep 2020
Non ve lo aspettavate un post su Gentoo in mezzo a tutto il marasma mainstream di Ubuntu e MacOS vari eh? E invece proprio di recente ho espresso a degli amici (Gianguido e Simone) il desiderio non solo di tornare a Linux sul mio bel fisso, ma soprattutto di farlo con una distribuzione diversa dal solito. Se questo sogno si realizzerà è tutto da vedere, ma se vogliamo credere nei segni del destino proprio oggi nell’RSS reader mi è piombata, sinuosa come un’anguilla ma sonora come un colpo di bombarda, la notizia che Portage è arrivato alla versione 3.0.
La principale novità? Proprio quella di aver eliminato, in occasione della conclamata end-of-life di quest’ultimo, Python 2.7 da tutta la codebase e da ogni ebuild, uno sforzo che ha visto il team di sviluppo di Gentoo focalizzato per la maggior parte del 2020.
Questa serendipità mi ha fatto sorridere in modo esagerato, chissà che uno di questi giorni non mi scarichi un tarball di uno stage 3 e non cominci a smanettarci di nuovo ;-)
23 Aug 2020
Riposto in maniera integrale un commento di Davide Di Pumpo che mi ha particolarmente colpito, ieri sera, nel mio thread su Facebook relativo a Apple che ha fatto – per così dire – la gradassa con Automattic e WordPress senza prendere in considerazione il ritorno d’immagine di una mossa del genere:
È un problema complesso.
Da una parte abbiamo la falla nr.1 del sistema capitalista globalizzato moderno: un’azienda per essere sana deve continuare a crescere. Anche se ha saturato il mercato, anche se hai i fantastiliardi, anche se non sei nemmeno più nel tuo core business, devi crescere e crescere sempre più dell’anno prima. Altrimenti le tue azioni crollano, ti tolgono gli investimenti, i prestiti (su cui fai margine) e ciaone. È difficile invertire un trend negativo (oscillazioni fisiologiche a parte). E quindi fagociti tutto. E quando diventi onnivoro così prima poi inizi a cagare stronzi maleodoranti.
E la puzza inizia a sentirsi anche contro vento.
Il secondo punto invece è colpa nostra. Per nostra intendo la gente che fa TECH. Ci siamo ingolositi con le figate astratte. Da fare siti alla portata di tutti, con un po’ di markup in ftp, abbiamo cluster kubernetes che chiamano lamba per app react SSR per compilare un cazzo di form. Il che ha allontanato la gente dal web. L’unico web browser non proprietario di una big5 sta licenziando gente a manetta. Le fonti di informazione si spostano su AMP Google e Facebook, viviamo nell’epoca del clickbait (che in pandemia ha dato il peggio di se) e abbiamo consegnato il più grande strumento mai inventato dall’uomo a 4 stronzi ammeregani che a confronto il grande fratello di Orwell è scritto dalla Marvel (cinematic universe).
Oh. A me piaceva l’idea del web come posto di tutti, il web2.0, il fatto della rete che Tim l’aveva venduta come cosa per comunicare anche con la guerra atomica, ma che in realtà era uno strumento anti censura.
E invece stiamo qua a sperare che un colosso mezzo cinese faccia intervenire un ente rimasto al medio evo digitale per pagare meno candy crush.
Dio santo ho bisogno di ferie. Proprio una figata averle finite oggi 😕
Lo riposto perché:
- Sono d’accordo al 100% e se fosse possibile anche di più;
- Le mie ferie stanno terminando anche loro, brutta storia;
- Lasciare questo commento così ben scritto su Facebook alla mercé dell’oblio dato dalla sovrabbondanza di contenuti sarebbe un vero peccato. Quindi me lo scolpisco qua in casa mia.
Il titolo, provocatorio, è simile a quello del manifesto di Unabomber, ma me ne accollo ogni responsabilità :-D
Apple, nel frattempo, ha ritrattato. Sono felice che fare la voce grossa serva ancora a qualcosa; mi dispiace che si debba tuttavia arrivare a questo.