29 Apr 2018
In questa soleggiata manco per niente domenica di Aprile, smaltisco la stanchezza accumulata dalla settimana che è appena passata e che sul finale ha visto ripetersi ancora una volta l’eccezionale reunion di nerdoni di tutta Italia (circa, e anche circa un po’ di gente da fuori), ovvero Codemotion. L’edizione romana è quella a cui sono più affezionato per motivi ovviamente etnici, essendo io di Roma, ma in maniera altrettanto importante perché è stata la prima, quella da cui è partito tutto, e quindi oltre l’aspetto tecnico, di crescita professionale, di crescita personale, mettiamoci anche il Grande Amarcord Anulare di tutte le edizioni passate, di tutta l’acqua passata sotto i ponti, delle interviste a un ragazzo alle prime armi col public speaking che pensava due cose e se ne dimenticava quattro per strada.
Abbandonando il pensatoio dei ricordi, questo Codemotion mi ha permesso come al solito di vedere speaker di livello e soprattutto di reincontrare amici che non ho mai occasione di abbracciare. Riguardo gli speaker, quello che ha attirato di più la mia attenzione è stato il clamore intorno alla programmazione funzionale, un keynoter particolare, e quello che mi aiuta a portare il pane a casa ovvero i talk sullo sviluppo frontend e su JavaScript più in generale.
The Power of the Paradigm by Douglas Crockford
La sessione di keynote è stata emozionante, principalmente perché è stata tenuta da Douglas Crockford, l’autore della prima proposta riguardante JSON, e l’autore di “JavaScript: The Good Parts”. È uno dei miei miti, quindi non potevo assolutamente perdermelo.

Quello di cui ha parlato è stato illuminante, nel senso che ha consumato due filoni consequenziali: il primo è stato l’illustrare come i paradigmi evolvano a loro volta in altri paradigmi, e come lungo la storia dello sviluppo software siano stati trovati all’interno di determinati paradigmi dei concetti che abbiano portato al superamento di quegli stessi modi di concepire i programmi. Questo ci ha portati diretti al nuovo paradigma che si sta affermando, ovvero la transizione dalla programmazione sequenziale allo scambio asincrono di messaggi.
Secondo me a questo punto Crockford si è un po’ perso, nel senso che ha illustrato il suo nuovo progetto, una piattaforma per portare su tutti i linguaggi quello che è sostanzialmente lo scambio di messaggi tra processi tipico di indovinate un po’ quale piattaforma? Ma ovviamente la BEAM, con Erlang ed Elixir in prima fila come linguaggi con cui programmarci su.
Chiaramente Crockford ha incentrato le prime iterazioni di Seif, così si chiama il suo nuovo progetto, su una prima implementazione in JavaScript, tuttavia Seif è un vero e proprio protocollo di cui esisteranno miriadi di implementazioni in futuro.
Questo è senza dubbio interessante, ma in una sessione di keynote di Codemotion avrei preferito che venisse proseguito l’aspetto concettuale, dato che alcuni punti solamente lambiti riguardo la cultura del cambiamento e dell’evoluzione paradigmatica all’interno del software potevano essere approfonditi veramente tanto.
Unbundling the JavaScript module bundler
Il mitico Luciano Mammino durante il suo bellissimo talk ci ha fatto vedere quali sono i principi attraverso un cui funziona un module bundler per JavaScript come Browserify o Webpack. Siccome Webpack è un argomento che mi ha sempre affascinato, ho seguito il tutto con interesse apprezzando soprattutto il fatto che Luciano abbia anche spiegato come costruire un module bundler rudimentale attraverso pochi principi di base.
La presenza di Douglas Crockford al suo talk deve averlo innervosito un po’, ma tranquillo Luciano, se ho capito io tutto quello che hai detto significa che ti sei spiegato perfettamente e ce la possono fare tutti. Voto 10+ per il ragazzo dublinese d’adozione.
Beyond JavaScript frameworks with Elm
Nonostante io abbia cominciato a pistolare con molto poco successo con i linguaggi della famiglia ML tipo Haskell, una tecnologia che continua ad incuriosirmi per quanto riguarda le applicazioni frontend è Elm.
Erik Wendel, che è il founder dell’Oslo Elm Meetup e dell’Oslo Elm Day, ha illustrato una panoramica abbastanza ampia riguardo le funzionalità che offre Elm, quali problemi risolve, e perché sia meglio di JavaScript vanilla per le webapp. Tra le cose che ho apprezzato ci sono le seguenti:
- Un meccanismo centralizzato di gestione dei side effect
- Un linguaggio funzionale ML molto molto espressivo
- Il compilatore. Erik ha mostrato pochissimo del compilatore ma è veramente fichissimo
BEAM in Action: scrivere una web application con Elixir
Qui si giocava in casa, ma è stato comunque un talk rilevantissimo: i carissimi Claudio D’Alicandro (già mio collega e fondatore di Elixir Roma) e Gabriele Santomaggio (eminenza dell’ecosistema Erlang) hanno presentato una panoramica dei vantaggi di programmare in Erlang o (ancora meglio) in Elixir per le proprie webapp, stressando il punto chiave alla base della keynote di Crockford della mattina.
Ovvero il fatto che non solo Asynchronous Message Passing è il nuovo paradigma da inseguire, ma che grazie alle feature di actor modeling esposte dalla BEAM tramite (ad esempio) i GenServer, possiamo raggiungere questo status quo con Elixir in pochissime righe di codice.
Voto 10+ anche a Claudio e Gabriele 😍
Who’s afraid of open design?
Non avevo mai sentito Emanuela Damiani parlare, mi ero limitato a leggere qualcosa di suo e scambiarci qualche commento in giro per l’internet. Lei è nel team che ha sviluppato Photon, il nuovo design system alla base di Firefox. Ci ha parlato di come Mozilla si è messa in gioco per implementare davvero una strategia di open design, di come il team si sia dovuto fidare della community su alcune scelte, e abbia per altre dovuto imparare a comunicare le decisioni all’esterno.
E perché no, anche imparare a ricevere feedback.
Il talk di Emanuela è stato molto bello, perché ha contribuito secondo me a demistificare da un lato, e valorizzare dall’altro, l’operato di Mozilla che spesso è vista come una sorta di organismo immanente, ma che al suo interno in realtà ha delle persone che sono sensibili ai feedback come tutti noi e che cercano semplicemente di fare il loro lavoro al meglio.
Il nuovo Firefox per quanto mi riguarda è espressione perfetta di questo. E con le bellissime slide di Emanuela ho chiuso il mio giorno 1, lasciando perdere (mea culpa (?)) la birra finale dato che c’era una folla tale che sembrava un mosh pit ad un concerto dei Meshuggah.
Dopo il birrozzo in realtà c’era un altro intervento di rilievo che però ho saltato per negligenza (perdonatemi ragazzi!), ovvero Federico Caprari insieme a Enrico Risa per un talk a due bocche, quattro mani e quattro gambe tipo Goro di Mortal Kombat sulla combinazione di codice Elixir e Rust per applicazioni distribuite e iperperformanti.
Giorno 2: “Ah ma siamo ad una conferenza?”
Ultimamente sto provando una certa avversione nei confronti del mondo dei videogiochi, inspiegabilmente. Questo ha fatto si che il giorno 2, dove la track di game development era leggermente più nutrita, in preda ad una certa mancanza d’attenzione, ho preferito non guardare nessun talk dato che la scaletta che ho visto ha solleticato a malapena la mia curiosità.

Tra le cose interessanti che c’erano, in mezzo al marasma di talk sullo sviluppo videoludico, ho identificato queste:
- What Service Workers can do - di Maurizio Mangione (ciao Mauri! Mi hai salutato in conferenza ma ero veramente storto di sonno)
- Monads Explained for OOP Developers - di Mikhail Shilkov
- What Haskell taught us when we were not looking - di Eric Torreborre
Cui però non ho dato spago. Quello che invece ha impiegato la maggior parte del mio tempo è stato bighellonare insieme al mio esimio collega Francesco e al mio tecnicamente ineccepibile compaesano Alessandro parlando principalmente di programmazione funzionale, Lisp, Haskell, amenità, infrastrutture ridondate, sarcicce.
Codemotion si conferma anche con questa edizione quindi non solo quel coacervo di talk interessanti che è già da un paio d’anni, continuando ad alzare il tiro sia con gli speaker che con i keynoter, ma anche l’occasione a Roma e Milano per incontrare quegli amici che non vedi mai, con cui interagisci troppo tempo da dietro una tastiera e un monitor, per chiacchierare a colpi di birra anziché di righe di codice.
L’unico difetto che gli trovo comincia ad essere la track sul game development, dato che mi sembra una cosa abbastanza rara che le persone interessate a quella specifica traccia si facciano contaminare anche dalle altre, mentre chi frequenta Codemotion per (attenzione, buzzword in buca) DevOps, sviluppo frontend (React, Elm et similia), programmazione funzionale - ripeto - a me pare che non abbia molto l’interesse, a parte rari casi, di spararsi un’ora di sviluppo di videogiochi. Ma probabilmente è un mio limite, e sto solo generalizzando l’impressione che ho avuto personalmente.
Il verdetto finale non richiesto è ovviamente che anche le prossime edizioni mi vedranno in prima fila. Vorrei arrivare a proporre un talk. Che la Forza sia con me, con lo staff di Codemotion (sempre cari ragazzi), e con tutti li nostra.
Questo post è stato scritto principalmente su due letti, uno a Palestrina e uno a Cetona. Le foto sono ovviamente dei bellissimi e bravissimi ragazzi di Codemotion. La colonna sonora è To Be Everywhere Is To Be Nowhere dei Thrice.
31 Mar 2018
In questi giorni mi è scorso davanti agli occhi un package interessantissimo per Elixir, ovvero pond. Pond permette di implementare quello che a conti fatti è quasi un antipattern della programmazione funzionale, ovvero funzioni che mantengano al loro interno uno stato.
All’interno del README di pond c’è una dissertazione piuttosto interessante sul fatto se convenga o meno fare uso di GenServer, ovvero di quelli che ad alto livello sono degli attori, e a basso livello sono processi, solo per mantenere lo stato di un software.
Don’t get me wrong, one of the best features of the BEAM is that it’s very cheap to create tons of processes and supervise them.
However abusing spawn, just because you want to keep state, well, that’s certainly not the smartest thing. If you created zillions of tiny processes all data between them would actually be duplicated on each message pass, since processes prefer to share nothing, messages get copied between them when sent.
Think about the Server part in GenServer, it sounds like something intended to be used by many clients something much more complex than just maintaining state.
Di seguito troviamo qualche link come “To spawn or not to spawn?” per corroborare la discussione su questo aspetto. Sinceramente tutto questo mi è stato utile per capire il ruolo dei GenServer nello sviluppo di un’applicazione Elixir (o Erlang), ed il fatto che è assolutamente vero che creare nuovi processi grazie alla BEAM è molto semplice, ma la creazione di nuovi processi dovrebbe essere qualcosa che viene dall’architettura dell’applicazione che stiamo progettando, e non tanto dalla volontà di cavarsela con poco nella gestione di uno o due staterelli.
25 Feb 2018
A quasi un mese di distanza, mi sembra giusto parlare del fatto che sono stato speaker in un meetup: lo scorso Facebook Developer Circle di Roma. Strano che non ne abbia parlato prima, ho come buttato la cosa nel dimenticatoio, ed è strano perché invece sono veramente fiero di com’è andata, del tema che ho trattato, delle tecnologie che ho usato per il mio proof of concept.
Generalmente i meetup che frequento stabilmente sono due: RomaJS, di cui sono un affezionatissimo, ed Elixir Roma, a cui ormai lavorando con Claudio e facendogli da vassallo nell’organizzazione sono legato per la vita. (:-D)
Nel corso del tempo mi sono accorto di aver bisogno di sgranchirmi come speaker, così quando Innocenzo e Giovanni hanno deciso di cooptarmi per farmi diventare il loro uomo della serata - insieme a degli altri eccezionali compari - sono stato ben lieto di dirgli si in modo da vedere se potevo cavarmela di fronte a quel tipo di audience o se a ventisette anni devo già relegarmi tra i grandi successi del secolo scorso. A proposito, grazie per lo speaker pack ragazzi!

E invece è andata bene: l’argomento che ho deciso di trattare è stata la creazione di un chatbot sulla piattaforma di Facebook Messenger in pochissimo tempo. Per scrivere il bot mi sono destreggiato con Elixir in una giornata natalizia, e devo scrivere che per tanti aspetti questo ha contribuito a farmi credere ancora di più che Elixir sia adatto sia per codebase piccole che per grandi monoliti. In foto mi vedete ritratto da Andrea Millozzi mentre cerco di commentare una mappa che non è uscita fuori esattamente nel modo che mi aspettavo, e che rappresenta una risposta dei server di Facebook a un evento di messaggistica arricchito con dei dati relativi al Natural Language Processing del messaggio.
Se non ci metto del mio in termini di idiozia non sono mai contento, così ho inserito (dato il clima delle festività passate) un pezzettino di logica ulteriore che facendo leva sulle meccaniche dell’NLP offerto da Facebook, in caso di auguri, risponda con “a te e famiglia”. Utile per il prossimo Natale, no?

E (lo so che non si iniziano i periodi con “e”, ci sono andato a scuola, ma il libero arbitrio prevede anche fottersene delle regole dei grandi) se tutto questo non basta per fare una grande serata, a quanto pare entrando in sala ho scoperto di avere un fan club. A quanto pare l’insanità mentale che mi porto dietro ha deciso di estendere i suoi tentacoli ai miei amici, che si sono fatti fare di nascosto delle magliette che potete vedere in diapositiva, per poi sfoggiarle la sera del meetup. Giusto per farmi rilassare quei cinque minuti prima di parlare, senza mettermi pressione addosso.
Il lato tecnologico
Facebook permette di mettere in piedi un bot in pochissimo tempo, basta creare un’applicazione dal developer portal, legarla a una fanpage, dopo di che abilitare la piattaforma Messenger e utilizzare il token che ci viene fornito. In aggiunta a questo c’è il webhook da configurare. Il mio talk ha parlato di questo, detto in estrema sintesi.
Quello su cui voglio concentrarmi adesso invece è qualcosa di leggermente diverso, ovvero la codebase del bot, scritta in Elixir, che potete trovare su GitHub. Ho deciso di scrivere il bot in Elixir per due ordini di motivi:
- Avere alla fine del processo di sviluppo una demo da portare al talk che non fosse un copincolla della documentazione di Facebook, che pur fatta benissimo è molto incentrata su NodeJS;
- Mettere alla prova Elixir per scrivere una codebase semplice che però avesse una serie di caratteristiche.
Le feature di Elixir che ho apprezzato rispetto alla scrittura di un bot sono state i module attributes, che ho arricchito facendo arrivare il valore di un attributo direttamente dalla configurazione del bot, e la possibilità di implementare un client HTTP per i propri servizi in un tempo praticamente nullo grazie ad HTTPoison, con un semplice use
.
A dire il vero volevo fare qualcosa di più, e pubblicare un client fatto decentemente per la Messenger API direttamente su Hex, ma non ci sono riuscito per mancanza di tempo.
Conclusioni
Dovremmo sempre dire dei “sì” che non possiamo permetterci di dire. Da questo sì, detto in un momento in cui ero pieno di lavoro e codice da scrivere (e non solo), ho ricavato il superamento di un limite, un bel talk, un bel software, e tantissimi amici che mi hanno fatto una delle sorprese più belle di sempre.