FOSDEM 2025: tra eBPF e strane distro Linux
“Ci sei al FOSDEM?”
Penso che questa sia la frase che ho sentito di più nelle ultime settimane: sono contentissimo di aver beccato in giro chi sono riuscito a vedere, mortificato con chi invece non è riuscito a incontrarmi. Non me la sto tirando o qualcosa di simile: il FOSDEM, sin dal primo anno in cui ci sono stato, si è sempre dimostrato una grande bolgia e se ci si dà appuntamento in parecchi è assolutamente impossibile riuscire a beccarsi tutti. È per questo che il mio approccio a questa conferenza è parecchio best effort, ovvero se si riesce a darsi un cinque nei corridoi bene altrimenti ciccia.
Fatta questa doverosa premessa, anche quest’anno a Bruxelles si è tenuto il FOSDEM, che ormai è il più grande evento riguardante il software open source in Europa, probabilmente nel mondo, e probabilmente l’unico ormai davvero rilevante per massa e per argomenti.
Ogni anno le devroom che la conferenza ospita cambiano, in modo da coprire uno spazio di interessi molto vasto. In particolare quest’anno le devroom che ho frequentato di più sono state:
- Containers: Avrei voluto fare di meglio specie per seguire il talk di Luca Di Maio, ma me lo sono seguito a metà per colpa di un kebabbaro particolarmente lento e del bisogno di pranzare;
- eBPF: Ovviamente la mia più grande passione degli ultimi tempi;
- Monitoring and Observability: L’ho fatto per tre anni, lo faccio ancora, nemmeno a dirlo mi sono sparato un po’ di talk qui dentro;
- Distributions: Dato che ho il kink delle distribuzioni Linux e dintorni, ovviamente mi sono fiondato in Distributions Devroom dove il mio amichetto Dan Cermak doveva tenere un paio di talk. Purtroppo ha avuto dei problemi e non è riuscito a presenziare, ma il suo secondo ha comunque portato a casa il risultato incuriosendomi riguardo Packit.
Oltre il talk su Packit devo fare una menzione speciale al talk su CentOS di Troy Dawson, che è stato condotto con una passione tale da farmi venire quasi voglia di contribuire al progetto; sicuramente me ne studierò la struttura meglio, e cercherò di capire come nonostante Red Hat ne abbia sfondato tutto il valore che aveva, comunque la nuova organizzazione stia avendo un sacco di senso. L’altro pezzo che mi porto a casa da questo e da altri talk è quello sui SIG, gli Special Interest Group attorno a cui gravitano moltre distro tra cui Fedora e CentOS appunto, ma anche altri progetti open come Kubernetes.
Menzione d’onore, tra tutti gli stand che ho visitato, oltre quello di FOSSAsia dove ho comprato uno stravagantissimo badge LED da attaccare alla felpa, ovviamente lo stand di openSUSE dove si sono avvicendati personaggi del calibro di Richard Brown, Douglas De Maio e Patrick Fitzgerald. Chi non è a contatto con il team di sviluppo e con il board non sa nemmeno di cosa sto parlando, ma sono tre tra gli individui più di rilievo nella community di openSUSE: Richard è l’inventore di Tumbleweed nonché di Aeon (il flavor atomico/immutabile di openSUSE), Doug è stato a capo del board svariate volte e Patrick è colui che ha inventato Leap. Insomma, bella gente.
Vorrei fare un listone di tutte le persone che ho potuto abbracciare a questo FOSDEM, ma sarebbe praticamente un elenco del telefono senza alcun valore per i lettori e senza alcuno spessore dato che per ognuno degli elencati mi dovrei mettere a spiegare come mai sono stato così felice di essersi visti. Con chi non ci siamo visti, ragazzi: come se. Purtroppo mi devo ripetere, ma quella bolgia che è il FOSDEM non lascia scampo e in realtà i piani sono sempre abbastanza soggetti a cambi di rotta dell’ultimo secondo.
Io per conto mio conservo nel cuore la sensazione di essere parte, ancora una volta, di una comunità vibrante che nonostante le pressioni aziendali è ancora parecchio “grassroot”. Una comunità di amici, dove nessuno ti nega mai una spiegazione e dove basta un’email o un messaggio di chat per iniziare una conversazione tra le più stimolanti.
È il motivo per cui in questa comunità ci sono entrato, ed è il motivo per cui ci resto.