Recensione: The Five Dysfunctions Of A Team, di Patrick Lencioni
Tempo fa, il mio amico Marco mi ha inviato un libro dicendo che lo avrei trovato illuminante. Consentitemi uno spoiler: lo è stato. Quando ho iniziato a leggere The Five Dysfunctions Of A Team, di Patrick Lencioni, non avrei mai immaginato che nonostante la semplicità dei concetti esposti l’avrei trovato così “eye-opening”. Una delle cose che mi hanno colpito, per esempio, è stato il fatto che il paradigma che viene esposto funzioni a tutti i livelli, senza distinzioni, che si tratti di un team di exec che fa del prendere decisioni ad alto livello il proprio mestiere, o che si tratti di un team di sviluppatori.
O ancora, che si tratti di un team con competenze orizzontali.
Esattamente come The Phoenix Project, che ho letto ma che non ho più pensato di recensire (mannaggia a me), i teoremi vengono esposti in una forma narrativa piuttosto gradevole: la storia, piuttosto lineare, racconta di un team di exec che, posto di fronte a nuove sfide e sostanzialmente una compagnia che non riesce più a carburare, deve reagire e riassestarsi. Chiaramente è tutto posto in una chiave piuttosto didascalica, ma diciamo che il punto non è tanto quello di una bella storia, quanto di mostrare le criticità di un team disfunzionale e come superarle.
Le cinque disfunzioni in breve
In ordine di importanza, lungo il racconto Lencioni fa descrivere alla nuova “capoccia” del suo artificioso team di exec i principi disfunzionali che affliggono un team malandato, suddividendoli in delle lezioni essenziali. Questi sono:
- Assenza di fiducia;
- Armonia artificiale e assenza di conflitto;
- Mancato coinvolgimento delle persone nelle decisioni e mancanza di impegno;
- Mancanza di iniziativa dovuta alla mancanza di responsabilità;
- Focus eccessivo sull’ambito personale tralasciando il team.
Le soluzioni che vengono proposte sono molteplici, ma sostanzialmente il punto dell’opera è quello di battere sempre sugli stessi pilastri per fissarli in maniera indelebile. Lencioni rende in maniera clamorosa tutto questo, mostrando anche chiaramente la difficoltà delle persone coinvolte nell’accettare un altro tipo di mindset rispetto a quello a cui sono abituate.
Le soluzioni a queste cinque disfunzioni sono cinque pilastri, secondo l’autore, che dovrebbero portare un team a performare molto meglio e in maniera estremamente più fluida. In ordine, rispetto ai difetti elencati sopra:
- Ristabilire la fiducia, il rispetto, la tolleranza all’interno del team, soprattutto mettendo in evidenza le vulnerabilità di ognuno cercando di far passare il concetto per cui ogni componente del team ha bisogno dell’aiuto degli altri per massimizzare la sua personale possibilità di successo;
- Creare spazio per del conflitto costruttivo. Tantissimi tizi americani sono estremamente fan di quello che viene chiamato “radical candor”. Io penso che “radical candor” sia un modo socialmente accettato di fare gli stronzi, quindi non è che ci creda più di tanto: i feedback vanno anche saputi consegnare al destinatario. Viceversa, è assolutamente vero che tanti leader osteggiano il dialogo all’interno di un team. Bisogna ricordarsi però che dopo la mutua fiducia il dialogo è la risorsa più importante per il lavoro di gruppo.
- Coinvolgere le persone nelle decisioni crea un clima migliore, e favorisce l’impegno che tutta una squadra si può prendere rispetto a un traguardo. Volete un esempio? Provate a chiedere, in un team Scrum, a tutti i membri del team se pensano che il planning che viene fatto sia ragionevole. Di solito, nella mia esperienza, domandare questo alla fine di una sessione di planning crea un grosso senso di responsabilità condiviso. Non fatelo, e un domani vi troverete un team che sta in silenzio, vi lascia in balia dell’overcommitment, e buca gli sprint. Matematico.
- Rendere le persone responsabili delle proprie vittorie e dei propri errori favorisce azioni immediate per raggiungere il successo o evitare i burroni. Pensate che quello che ho appena scritto sia banale? Pensateci di nuovo. Una vostra vittoria è una vostra vittoria, o è una vittoria del vostro capo? Ve lo lascio come quesito da risolvere a casa. Potete mandarmi la risposta via mail. (Non sto scherzando: [email protected] se volete)
- Porre il focus costantemente sui traguardi del team e fare sì che il raggiungimento di questi si tramuti in crescita personale è la più grande delle sfide. Ma vale comunque la pena affrontarla.
Possono sembrare consigli da frasi dei cioccolatini o da biscotti della fortuna, eppure a me hanno aiutato recentemente a rimettere un sacco di cose in prospettiva, a indirizzare i miei manager nella giusta direzione ma soprattutto a capire i miei, di errori. Spero che leggiate questo libro e ne traiate gli stessi insegnamenti che ne ho tratto io, o anche di più: scrivetemi se trovate che abbia mancato dei punti. :-)