Recensione: Chaos Monkeys, di Antonio García Martínez
Quando ho iniziato a leggere Chaos Monkeys, l’ho fatto consapevole del fatto che l’autore è un tizio estremamente controverso, il quale ha avuto notevoli conseguenze spiacevoli indietro dal suo libro anziché “la gloria” che un autore di un libro del genere, per come si pone in partenza, meriterebbe. In che senso, mi chiederete voi?
Vado a rispondere. È abbastanza pacifico intuire entro qualche capitolo dall’inizio che quella che è una storia di “oscena fortuna e fallimento casuale nella Silicon Valley” è in realtà il libro verità sulla Valley che chiunque dovrebbe leggere, almeno nella mente di Antonio García Martínez. È abbastanza scontato, di contro, che chiaramente alcuni passaggi siano esagerati e alcuni altri non siano credibili. L’idea che mi sono fatto tuttavia, e lo anticipo qui, è che nonostante parte del libro sia assolutamente squisitamente romanzata Chaos Monkeys sia davvero il libro verità sulla Silicon Valley, un posto dove ti basta un packaging carino per due righe di codice carine per prendere milioni su milioni di investimenti. E ovviamente, fare poi exit1 tramite acquihire2 lasciando a qualcun altro il padulo (sì, proprio lui) della gestione di una scatola il più delle volte contenente mota in quantità almeno eguale agli asset di valore della società.
La trama grossomodo è proprio questa, e si divide in tre atti:
- Il primo, in cui l’autore lavora per Goldman-Sachs ma si accorge di poter avere di più e si sposta in Silicon Valley;
- Il secondo, in cui l’autore fonda AdGrok, una startup che sostanzialmente fa un prodotto di gestione pubblicitaria per Google Ads (al secolo AdWords). Nota personale: il fatto che io abbia lavorato nel settore non ha fatto altro che aumentare il mio legame con questa parte della storia;
- Il terzo, in cui la startup di Antonio viene acquisita da Twitter (per acquihire, tra l’altro) ma lui con un sofisticato sistema di specchi e di leve riesce a tirarsi fuori dall’accordo e si fa assumere da Facebook come Product Owner nel ramo delle campagne pubblicitarie3, esperienza che si rivela meno rosea del previsto.
Personaggi discutibili e modi di fare opinabili
La cosa che ho adorato di Chaos Monkeys è innanzi tutto una estrema demistificazione del modo di lavorare di Facebook, la cui company culture sarà sicuramente cambiata negli anni, ma di sicuro l’autore sa mettere a nudo il modo tipicamente nordamericano di condurre il business. Appena c’è una difficoltà, testa nella sabbia, identificazione del responsabile, licenziamento e via. Tutti puliti.
È meraviglioso leggere come la cultura di Facebook sia solo in parte legata alla parola magica “HACK” impressa all’ingresso dell’edificio principale della sede di Menlo Park tanto quanto nelle menti dei dipendenti, e invece almeno in maniera uguale sia connessa a un intricatissimo gioco di poteri e politiche che farebbe impallidire qualsiasi personaggio di House of Cards, The West Wing, o Game of Thrones. Andando più indietro, ho apprezzato tantissimo l’onestà nella condivisione dei risultati enormi raggiunti grazie a quella che in termini più lusinghieri viene definita “hustle culture”, e che qualsiasi persona di buonsenso chiama invece con due locuzioni molto precise che possiamo trovare anche nel nostro codice penale: circonvenzione d’incapace e truffa aggravata.
Apprezzo enormemente l’autore e la sua visione di sé come antieroe estremamente negativo all’interno della propria storia, una persona che non si ammanta di nulla se non dei propri ricavi, riuscendo così non solo a passarla liscia ai miei occhi, ma persino a suscitarmi una certa qual simpatia.
Le polemiche
Certamente non è un libro scritto nel rispetto delle minoranze o della diversità di genere. Lungo la lettura si incontrano sovente digressioni su quanto siano belle le receptionist di questo o quel venture capitalist, oppure quanto sia “geneticamente dotata” la ex compagna di Martínez. Capisco chi si è sentito in dovere di firmare una petizione per far licenziare l’autore dalla sua posizione in Apple, ma io personalmente ho apprezzato l’onestà. Oltre questo, fatevelo dire: è un libro scritto per generare questo tipo di reazione.
Quindi chiaramente se la prima reazione di fronte a certi stereotipi è l’indignazione, beh, ci state cascando con tutte le scarpe, e Martínez sta dimostrando ancora una volta di essere più intelligente di voi. Immaginatevelo nella sua poltrona al centro del suo flat a guardarvi e ridere di voi, così come ride di tutta la Valley.
Finalino
Always Be Hustlin’. Uno dei principi cardine di Uber, che non ho mai apprezzato. La hustle culture è qualcosa di veramente tremendo, che personalmente tendo a rifiutare. Nonostante questo, la storia di Antonio García Martínez mi ha catturato, svelto antieroe della Valley intento venticinque ore al giorno a lavorare per il proprio tornaconto raccontandosi in maniera romanzata, sì, ma mai stridente. Se volete farvi un’idea più precisa di come funzionano le startup della Silicon Valley e come ci si muove realmente in quell’ambiente, sicuramente Chaos Monkeys non può mancare nelle vostre librerie.
Sfortunatamente, non esiste una traduzione italiana.
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La exit si verifica quando un fondatore o generalmente un imprenditore “esce” dalla sua creatura con dei soldi. Può accadere tramite liquidazione del socio, tramite acquisizione, in moltissimi modi insomma. Io sono un programmatore, quindi ne posso parlare solo sommariamente: per sapere meglio cos’è una exit e come farne una di successo, chiedetelo a un amico commercialista. O se volete farvi due risate, tutti abbiamo un amico CEO presso se stesso. Chiedetelo a lui! Vi divertiranno le risposte. ↩
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Generalmente l’acquihire si verifica quando una società più grande acquisisce una società più piccola principalmente per l’expertise del team di sviluppo. È come un gigantesco e superveloce processo di reclutamento, dove vengono assunte cinquanta, cento persone invece che una alla volta. Il prodotto su cui l’azienda più piccola lavorava viene di solito gradualmente strangolato, mentre la società più grande mette il team a lavorare altrove. ↩
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Anche qui, il fatto che io abbia un’esperienza lavorativa in quel dominio non ha fatto altro che aumentare la mia personale simpatia nei confronti di Martínez. ↩