Un pezzo sul lavorare gratis a cui non riuscivo a trovare un titolo
Bazzicando Livello Segreto mi è saltato all’occhio un post in cui Lorenzo pubblicizzava il suo ultimo articolo riguardo il lavorare gratis e la narrativa del lavoro pagato non in moneta sonante, che aiuta a pagare le bollette, ma in esperienza. Un po’ come quando un po’ di tempo fa la gente si sognava di chiedere cose assurde pagando “in visibilità”.
Lungi da me dare ancora visibilità a gente che di scempiaggini ne ha dette già troppe: in ogni caso è ormai ricorrente ogni tot mesi che arrivi qualche benpensante a sciorinare la sua rispetto al fatto che i giovani ultimamente non hanno voglia di fare nulla, non hanno minimamente intenzione di investire sul proprio futuro tanto che, incredibile (!), desiderano persino uno stipendio per mangiare qualcosa la sera.
È un discorso che sia io che Lorenzo, appunto, abbiamo visto e sentito spesso. Si applica alla cucina di un ristorante stellato, si applica alla redazione di un giornale famoso, si applica persino alle big corp americane di cui tutti i giorni utilizziamo il software: ho visto coi miei occhi aziende di cui non immaginereste mai questo atteggiamento provare a negoziare un salario relativamente basso solo perché “heyyyy, ma è la Silicon Valley babe, lo sai quanto vale un’esperienza qui?” - ebbene, è vero che le esperienze non sono tutte uguali e alcune contano più di altre, ma è altrettanto vero che le hard skill hanno un costo materiale e oggettivo sul mercato. E soprattutto, rispetto a quando magari un sessantenne o un cinquantenne di oggi poteva permettersi di rinunciare a una cena fuori in favore “dell’esperienza”, per quanto sbagliato in generale sia, l’inflazione galoppante ci ha portati a un punto di non ritorno dove il mercato del lavoro ci vede necessariamente col coltello tra i denti.
Scusate, datori di lavoro!
Investire: quando si può
C’è un mondo da dire riguardo il “lavorare per l’esperienza”, ma Lorenzo ha riassunto il tutto abbastanza bene:
L’altra volta dicevamo che a volte non sei il più bravo, il più veloce o il più preciso, sei quello che ha resistito di più, che è rimasto e si è fatto trovare al momento giusto e al posto giusto col bagaglio di competenze giuste. Ecco, il sistema prevede che per essere quella persona tu possa permetterti di resistere, o di essere così ricco e ben inserito che la tua eventuale bravura può essere notata grazie alle giuste conoscenze e alla serenità di scrivere senza dover pensare ai sacrifici fatti dalla vostra famiglia.
E per resistere devi poter non pagare molte spese prima le cose inizino a girare, devi poterti magari permettere anche dei corsi di comunicazione che oltre a formarti hanno il grande pregio di farti iniziare a frequentare ambienti in cui, se vali qualcosa, magari ti notano, e quei corsi costano.
Insomma, quando sentiamo questi ragionamenti è il segnale numero zero che siamo di fronte a una persona col bias del sopravvissuto fin sopra le orecchie. E non solo.
Come investire su se stessi nel software engineering
Se Lorenzo ci dice abbastanza schiettamente come investire su di sé nel mondo del giornalismo:
Volete scrivere gratis per fare esperienza e perché altrimenti non vi potete costruire un portfolio? Benissimo, apritevi un blog, fatelo con più persone e fondate un magazine come N3rdcore ma per dio se qualcuno mette dei banner e lucra sui vostri click non regalategli il vostro tempo.
Investire su di sé nel mondo del software engineering è qualcosa che va di pari passo, e anche se sembra scontato non lo è: non abbiamo alcun bisogno di essere sfruttati da aziende dimora di incompetenti per ottenere visibilità ed esperienza costruendo un sito brutto, avendo magari a che fare con stakeholder ancora più incompetenti. L’ecosistema open source ci permette di cominciare a farci il bagno con tutte le pratiche che potenzialmente faranno parte del nostro futuro lavorativo, e senza che nessun manager con la frusta stia lì a guardare quante ore sottopagate stiamo seduti su una sedia scadente in un ufficio in cui dobbiamo andare per forza perché - hey - mica vorrai lavorare da remoto.
Come al solito ricordiamo che i contributi a un progetto open source possono essere:
- Traduzioni;
- Documentazione;
- Segnalazione bug;
- Pacchettizzazione;
- Triage (ovvero una persona si mette lì a capire a capo chino quale bug è più importante di un altro);
- Design;
- Solo in ultima istanza: codice.
L’aspetto migliore? Presto detto: un level up della nostra carriera e delle leve negoziali di cui disponiamo, senza nemmeno aver iniziato a lavorare. Con la libertà di poter decidere noi l’investimento che possiamo fare su noi stessi. Di solito quello che succede con un progetto tradizionale commerciale di tipo tossico è un approccio all-or-nothing, ovvero se non puoi dedicare otto ore al giorno a un lavoro sottopagato non ottieni né la paga (magra), né l’esperienza (scadente. Fidatevi: scadente).
In un’organizzazione dove il progetto è aperto e noi siamo dei contributor individuali occasionali, siamo noi a controllare il quantitativo di tempo che dedichiamo al progetto. Se abbiamo un esame all’università, possiamo prenderci una pausa. Se abbiamo bisogno di una giornata libera, nessuno ci correrà dietro (e vorrei vedere: è volontariato). Il nostro curriculum però ne uscirà smagliante.
A differenza di quelli che hanno lavorato gratis per la web agency di quartiere.