Controavvento 2020: basta con 'ste cose fighette, arriva il post-avvento punk
È stato un anno particolare: riflettevo con un amico carissimo su come abbia l’impressione che dal momento in cui eravamo a casa sua a cercare un po’ di refrigerio dal caldo estivo1 a questo Natale siano passate tipo due sere. Il tempo passa inesorabilmente: è il suo bello e il suo brutto. E in un anno bislacco come questo, il tempo passa proprio in maniera altrettanto stramba, perché chiaramente siamo stati messi alla prova in diversi modi dei quali non mi va nemmeno di parlare per non cadere nella solita retorica di come una pandemia globale ha cambiato il nostro modo di vivere.
Anche perché a me col piffero. Nel senso: ero un orso, permango nel mio status di orso.
Fatto sta che sono successe due cose molto importanti: la prima è una certa qual proliferazione di contenuti atti a insegnarti financo come lavarti i denti, dall’altra una certa insofferenza crescente da parte del sottoscritto e di tutta una silente parte di pubblico rispetto a dati contenuti.
È così che Agnese, nel pieno del suo anno di “walkabout”, ha intrapreso un progetto che non solo risuonava con la sua indole e con l’indole di tutto il suo gruppo di lavoro2: un Calendario del ControAvvento, per ricordare a tutti che va bene scegliere di passare il tempo sul divano a guardare il muro, che non dobbiamo lasciare che la sindrome dell’impostore ci fagociti davanti a questi schermi e timeline piene di traguardi tagliati. Che forse ci sono persone come loro, che al posto dei cento metri piani preferiscono correre le maratone - e sono fatte per conseguire quel tipo di risultati. Che come disse una mia grande fonte di ispirazione3, quello che conta è la lunga percorrenza.
All’interno di questo contesto Agnese è arrivata a formulare attraverso il suo post una serie di conclusioni assolutamente giuste (dal mio modesto e parziale4 modo di vedere) sulla brand identity. Senza volervi raccontare anticipatamente altro, vi invito a leggere direttamente quello che ha scritto lei clickando qui.
Una cosa però la voglio ancora scrivere: questo progetto, che ho seguito da bordo campo come un allenatore troppo anziano anche per impartire consigli, è una cosa tutta loro di cui sono fierissimo perché ho visto che un gruppo di persone in autonomia è arrivato a contaminarsi smodatamente, e a capire che il mischione clamoroso di competenze e punti di vista molto spesso produce qualcosa che va ben oltre la somma delle parti.
E al di là di classi astratte e funzioni pure, è qualcosa di cui dovremmo tenere spesso conto anche noi sviluppatori.
Photo courtesy of Suzanne Jutzeler
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Mangiando una pizza clamorosa cucinata dalla sua fidanzata, la quale è salutata molto caramente dalla mia panza. ↩
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Gruppo di lavoro, collettivo, esercito, squadra, squadriglia, branco, manipolo, drappello. Insomma dato che non si sono ancora date un nome io gliene suggerisco un po’. ↩
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Mia suocera, che saluto. ↩
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Nel senso di “di parte”, oltre che in quello di “mancante delle conoscenze applicate e teoriche necessarie”. ↩