Siamo già al 2020?
Sapete quale è la cosa più bella che ci si possa aspettare da un anno secondo me? Il fatto di essere presi in contropiede dal fatto che arrivi il successivo. Il fatto di essere così intenti a masticare la propria vita boccone dopo boccone che non ci si accorga di quanto tempo è passato. Quest’anno per me ne è stato un esempio veramente folgorante, tanto che all’inizio non sapevo cosa scrivere, adesso spero di copiare qualcosa da Agnese che ha scritto prima di me e meglio tutto quello che abbiamo attraversato in questo 2019, e in definitiva l’unica cosa che mi è rimasta da fare è abbandonarmi di getto alle parole che arrivano, come ho sempre fatto (con buona pace dei miei editor passati presenti e futuri). Forse, ora che ci penso, ha senso dissezionare questo anno così pieno di cose in ambiti ed eventi fondamentali, perché da dire ho tanto e potrei perdermi in questo mare di roba. Ho scelto alcuni momenti da mettere in evidenza, e di altri non scriverò. Riguardo alcuni perché non meritano attenzione in fondo, riguardo altri perché dedicare loro una sezione di questo post sarebbe far loro un torto dato che sarebbe troppo poco. Il matrimonio di Simone e Mita è uno di quei momenti. Il pulled pork di Federico lo segue a ruota.
Quello che è sicuro, senza dubbio, è che questo 2019 mi ha ricordato quanto non abbia importanza l’evento in sé, la differenza la fanno le persone che danno vita a quel ricordo. Ed è appunto per questo che in tutti questi highlight non sono tanto le situazioni che porto nel cuore, quanto le persone.
New York e gli Stati Uniti, di nuovo
Ve lo ricordate? Quasi esattamente un anno prima, i vostri eroi hanno visitato la Grande Mela e un bel po’ di altri posti correlati. Quest’anno è accaduto di nuovo: New York è stata per la prima volta nella storia della mia vita una vacanza fatta nello stesso posto dell’anno prima, un po’ come gli anni ‘80 a Riccione, solo con un volo transoceanico di mezzo e in un clima assolutamente misto tra autunno e inverno. Non ho molto da dire, perché quello che mi ricordo più vivamente del viaggio è la sensazione di calore circonfuso che ha permeato la maggior parte del mio tempo sul suolo statunitense, grazie al quale ho migliorato ancora di più le mie abilità di conversazione in inglese e con il quale ho maturato una bellissima lista di cose fatte, una meglio dell’altra:
- Joker in lingua originale, senza sottotitoli, capendo ogni battuta, e venendo serviti da una simpatica cameriera in un cinema particolare che ti permetteva di ordinare gli hamburger al tavolino proprio davanti il sedile;
- Trick or Treat proprio in mezzo alle strade di New York, vestito da Harry Potter, con accanto la mia Luna Lovegood;
- La cena di Halloween dai Tutino-Parker;
- Harvard con Ludovico;
- L’MIT con Ludovico;
- In definitiva un po’ tutta Boston con Agnese e Ludovico;
- Il Friendly Toast1;
- Salem con la mia strega bionda preferita che si fermava a ogni vetrina accompagnata dal sottoscritto2;
- Una Philly Cheese Steak piena di jalapeño, devastante per le mie mucose e per il mio stomaco, in una stanza di Philadelphia estratta direttamente da un piccolo manicomio di provincia;
- Un business meeting in uno Starbucks a Time Square in autunno a New York. Come mi ha ricordato il mio amico Marco, così ho fatto il pieno di battute e luoghi comuni.
Insomma, un viaggio così assurdo e stupendo da farci guardare in faccia, me e la mia compagna di viaggio, e farci sorridere come non mai.
Dungeons & Dragons, e altre cosette di nerd e mostri
Quest’anno ho cominciato a fare sul serio con Dungeons & Dragons e coi giochi di ruolo in generale: l’ho sempre reputata una passione a cui non mi dedicavo mai abbastanza, e invece ho preso un ritmo che mi piace: da un po’ di tempo faccio parte di svariati gruppi su Facebook su D&D (tra cui D&D 5e Italia, a cui vi consiglio l’iscrizione, pieno di belle persone tra cui il professor Beccaria, che io considero il mio Master storico responsabile del mio primo personaggio), ascolto podcast su Dungeons & Dragons, leggo manuali, libri, mappe, carte, e chi più ne ha più ne metta su Dungeons & Dragons. La mia lettura più lunga in questi trecentosessantaquattro giorni è il Ciclo di Death Gate, del quale sono arrivato quasi alla fine. Giusto in tempo per la fine dell’anno ho masterizzato una prima sessione con i miei colleghi, e non me la sono cavata poi tanto male, anche se posso migliorare parecchio, il che rende questa parte anche un elemento della mia lista di buoni propositi inesistente.
Aspetto di comprare una libreria per metterci su una collezione completa di manuali di Dungeons & Dragons, e nel frattempo mi accingo a passare questa notte di Capodanno con un dungeon di mio cognato, degno prosieguo ed ennesimo capitolo di una campagna iniziata nel Ferragosto del 2018. Agnese ancora non credo che l’abbia capito bene, ma passare un capodanno del genere simboleggia per me un grossissimo traguardo, sia come giocatore di ruolo (capodanno D&D, ne vogliamo parlare?) sia come partner (perché sono riuscito a passarle una passione così grande). E un ancor più grande traguardo per me è quello di avere dei cognati che parimenti si sono prestati e hanno cominciato a giocare con noi un anno e mezzo fa le avventure di una compagnia male in arnese che va in giro a curiosare ancora oggi.
Alcune bizzarre avventure col software
È stato un 2019 denso e intenso, per il software così come per il resto della mia vita: ho consolidato la mia conoscenza di Elixir, sono riuscito a far partire un webserver in Haskell senza tagliarmi una mano, ho aiutato a mettere su un gruppetto di studio per rispondere all’annosa domanda: “cosa cazzo è una monade? Ma soprattutto un funtore applicativo sta bene con la cipolla caramellata?” – Insomma, grandi novità quest’anno. Per l’anno prossimo ho già in mente qualcosa di più, ma se lo svelassi farei troppi spoiler, per cui me lo tengo per me e aspetto il momento in cui si realizzerà. Per rinforzare le mie competenze di frontend ho imparato Elm, e ho imparato soprattutto ReasonML, che finora è la cosa che più ho adorato in grado di girare in qualche modo dentro un browser.
Ma soprattutto ho imparato cosa mi rende forte, cosa mi rende debole, come ottenere il massimo dal mio operato senza finirci tirato sotto. E queste non sono cose che si imparano come un linguaggio di programmazione, perché non esiste un libro di testo che te le insegni.
Anche qui abbiamo una lista di punti che mi hanno reso una persona migliore:
- Ho imparato che lavorare con gli amici si può, ma è meglio mettere in chiaro tutto e subito;
- Ho fatto un po’ di incantesimi con il team di HAL;
- Ho preso parte allo sviluppo di un micro-framework per fare un sacco di cose con Elixir, a cui do meno amore di quanto vorrei;
- A sorpresa sono stato coinvolto in un progetto fichissimo (ovviamente con tanto codice in Elixir) proprio mentre ero negli Stati Uniti;
Senior Software Developer
Una riga per questo fatto? Una riga per questo fatto. Nonostante io facessi il lavoro che faccio da un tempo congruo, nessuno mi aveva mai riconosciuto a livello professionale il titolo di Senior. Può sembrare una cosa stupida, ma per me quest’anno è stato davvero importante attraversare il processo di valutazione che la mia azienda mette a disposizione dei dipendenti, e nonostante io non sia un grande fan di questo particolare processo, ne sono uscito con questo titolo in mano. È una bella sensazione, e spero di affrontare sfide belle e commisurate in questo 2020 che arriva.
Agnese
Odio questo modo di dire: “ultima ma non per importanza” viene lei, la bionda che mi sopporta e mi supporta tutti i giorni da quelli che a noi sembrano a volte duemila anni, a volte due settimane. Si prende tutti i miei scazzi e i miei discomfort, come io mi prendo i suoi, ma mi sa che i miei sono di più: Agnese a volte è veramente la mia ancora di salvezza che mi aiuta a vedere le cose secondo una prospettiva diversa, e non solo secondo il mio personalissimo, a volte distruttivo modo di guardare attraverso la lente della vita. A lei faccio un brindisi. Il resto dei cin-cin li lascio al suo bicchiere, perché beve più di me. A Agnese va un grazie immenso, per darmi la motivazione, a volte anche bruscamente, per spingermi sempre un passo più in là e dimostrare a me stesso che non sono solo una polpetta, ma sono una persona, e una persona fica.
Epilogo
A ben pensarci, una lista di buoni propositi ce l’avevo. Comprendeva il saper preservare le cose care a livello personale, e ancora più programmazione funzionale a livello tecnico e professionale. Di una cosa però sono certo, e questo di liste ne vale cento e più: la consapevolezza che ho è quella di aver gettato le basi, in questo 2019, per un fantastico 2020. Spero davvero che quello dell’anno venturo sia un ottimo raccolto, e non c’è modo migliore di augurarlo a tutti voi che mi leggete e mi supportate da un sacco di tempo, se non dal nostro tavolo da gioco.
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Credo di aver trovato il mio personalissimo Central Perk sulla East Coast. È un posto che adoro, se capitate a Boston andateci. Agnese consiglia il Chicken Waffle, io uno qualsiasi dei loro burger a pari merito con un bel mac ‘n cheese. ↩
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C’è un negozio di retrogaming stupendo a Salem, di cui non ricordo il nome. Confido che se ci capitate saprete riconoscerlo, l’insegna ha la forma di un controller per il NES, e ho detto tutto. ↩