New year's eve, ovvero la mia retrospettiva su questo 2018
Mi servirebbero delle slide
Per tenere il punto
Di tutte le cose che ti voglio dire
Una canzone, l’unica canzone che io sia mai stato in grado di scrivere, inizia così. L’ho scritta quest’anno. Ed effettivamente, per quest’anno ci vorrebbero davvero tante e tante slide per analizzarlo, metriche alla mano, e per raccontare tutto quello che è successo.
Quest’anno è iniziato malissimo. È iniziato nell’incertezza, nell’oscurità, nella consapevolezza, nuova, improvvisa, di avere qualcosa di irrisolto alle spalle e di star camminando con la palla al piede, una cavigliera da arresti domiciliari dettata solo dalla mia sconsideratezza, dalla mia disattenzione per i dettagli, da un eccesso di senso di colpa per le morti che mi porto dietro e che non riesco a superare, e per le vite che tante volte non riesco ad arricchire come vorrei.
Le vite degli altri.
Ma anche la mia.
È stato un 2018 strano, che nella prima parte, nel dolore, mi ha fatto imparare tanto. E sapete qual è la prima cosa che ho imparato? Non c’entra la vita, no, ho imparato prima di tutto qualcosa che riguarda me stesso. Ho imparato che se c’è qualcosa che so fare, è rialzarmi quando tutto sembra perduto. Smetterla di piangermi addosso, trovare la forza e mollare un destro.
E il destro l’ho mollato. Aprendomi la strada a colpi di cannone verso la seconda parte del 2018, la parte in cui ho conosciuto una felicità sfolgorante, la parte in cui mi sono buttato a terra come un verme e ho deciso che era importante che notassi che tutto quello che avevo imparato a fare, era ora di imparare a farlo di nuovo. Imparare a camminare.
Ho trovato una persona che mi si è messa accanto, e in un momento di massima disperazione mi ha detto “vieni qua. Curiamo queste ferite, poi ti insegno come si fa”. Mi ha fatto capire quanto dietro la maschera della mia sicumera crassa si nascondessero le incongruenze che mi avevano portato a quel punto. Ho cercato un analista, e ho iniziato un percorso insieme a lui che mi ha permesso di riportare chiarezza nella mia testa, e di poter essere un uomo migliore per la persona che ho affianco.
Lei si chiama Agnese, è bionda, gioca a fare la bionda, ma non è così bionda come uno potrebbe pensare. Ha un coltellino svizzero della dialettica in tasca. È simpatica, così simpatica da farti mancare il respiro a forza di battute, travolgente, intelligente anche se non si confessa tale. È una donna dai mille perché, e dal momento in cui l’ho incontrata mi è stato impossibile smettere di parlarle.
Mi spertico in lodi non perché mi piace ed è la mia fidanzata, ma perché è stata la prima persona a credere in me, quando io ero alla canna del gas, quando credevo che sarei stato considerato uno stronzo da tutti. Perché? Beh, perché avevo deciso di interrompere un rapporto di sei anni e un matrimonio, spiegando le mie ragioni, non venendo compreso, venendo additato come colui che abbandona. Ed è stato lì che ho scoperto che la maggior parte del mondo è una merda. Che fai cose, ti spieghi, non vieni capito. Lotti, e ricevi solo manganellate in fronte.
Ma è stato lì che ho scoperto anche che quando ogni altra luce si spegne, la luce di Earendil esiste e può essere accesa solo invocando il nome delle persone che ti sono più vicine. Persone che a buon bisogno sanno come ci si sente, sanno cosa ci vuole, sanno come farti felice. Persone che sanno metterti una mano sulla spalla, sollevarti, insegnarti di nuovo a compiere i passi, da zero.
Da zero perché quello che c’era fino a quel momento era scorretto.
Ho ricominciato a vivere. Ho ricominciato a viaggiare. Ho ricominciato ad amare.
Ho ricominciato a parlare ai talk, e ho notato che ho iniziato a prendere sul serio alcuni aspetti di me che prima neppure conoscevo. Ho imparato a non fare promesse a vuoto. Ho imparato a non parlare prima di essere sicuro di poter fare. Ho imparato che un’azione conta come cento parole, e che a volte quelle parole è meglio risparmiarsele, agendo e basta.
Ho imparato però che a volte le parole servono. Per non tenersi tutto dentro. Per comunicare. Per far capire a chi mi sta intorno come mi sento e per ricevere un feedback. Questo lo devo principalmente a due persone: ad Agnese, e a Gianluca, il mio analista.
Ed è stato così che ho riscoperto cosa significa essere me. Ci ho messo un po’ per liberarmi da tutto quello che mi portavo dentro, ma ho conosciuto una felicità come mai mi sarei aspettato, dopo tanta lotta con me stesso e col mondo. La seconda parte di quest’anno è stata all’insegna di questa luminescenza, luminescenza che viene da me ma viene anche da Agnese, che stata la prima artefice di tutto questo, che mi ha fatto vedere quanto valevo, quanto ancora potevo dare a questo mondo, e quanto potrò fare negli anni a venire. Volevo dedicarle un paragrafo, un capitolo, un qualcosa, ma la verità è che tutto questo post è dedicato a lei, perché senza di lei non sarei riuscito ad arrivare nemmeno alla metà dei traguardi che ho raggiunto quest’anno. Traguardi che, paradossalmente, hanno molto a che vedere col settore tecnologico di cui parlo su questo blog.
Ad esempio:
- Ho visitato New York e New Orleans per la prima volta. Tra pochissimo pubblicherò un post dettagliato, per ora vi basti sapere che è stato il miglior viaggio della mia vita, dove ho assistito a una conferenza su Elixir, a un alligatore che mangia un marshmallow, e al fatto che la vita è meravigliosa (hi Ulysses! This is for you!)
- Ho tenuto il mio primo talk in inglese. Quasi in lacrime. Davanti a una piccola platea tra cui la nostra insegnante di soft skill Krishma Parekh (si, abbiamo fatto un corso aziendale di soft skill). Ed è stato bellissimo, perché non solo non ho parlato di qualcosa di tecnico, ma ho parlato del mio mantra di quest’anno: “when unsure, go back to basics. Always.”
- Ho imparato che a volte più che un principio immutabile (tipo una best practice) è importante portare a una platea la propria esperienza, per fornire un punto di vista aggiuntivo.
- Ho ricominciato a parlare in pubblico, in assoluto. Forse sto anche cambiando stile.
- Ho maturato un’esperienza di programmazione funzionale abbastanza consolidata grazie al fatto di aver imparato a valutare in maniera più seria i miei side project e le mie idee.
- Sono diventato un contributor di CouchDB!
C’è tanto e tanto altro. Ma l’aspetto principale, che permea tutto questo, è l’avere costantemente la mia fan numero uno a bordo campo. È stata la conquista più grande di quest’anno, e come è normale che sia vi trovate a leggere di lei spesso. Anche se lei si imbarazza e mi apostrofa sempre di non scrivere così tanto ché poi sembro un sottone. Ma che ci posso fare?
Un messaggio a reti unificate dal presidente Blaster
Tirando le somme di quest’anno, non c’è spazio per analizzare tutto nel dettaglio. Quello che vedo è tantissima felicità, e tantissime battaglie, ognuna combattuta con fatica. Mi ricordo del bene che mi è stato voluto, dell’amore che ho ricevuto, ma soprattutto della grande massa di sesquipedali stronzi figli di puttana che ci hanno tenuto a ricordare quanto piccoli siano, quanto la dimensione che gli si confà sia quella del kindergarten, e quanto alla fine tutto l’odio che mi è stato rivolto contro abbia solo funto da propellente per andare avanti col meglio di me.
E nella giornata, presto notte, di San Silvestro, quello che voglio ricordarvi è una cosa: guardate sotto il letto, prima di addormentarvi. Potrebbe esserci il mostro che risiede nella vostra coscienza, coi denti affilati, in attesa della prossima vittima. E se non ne trova, non gli resterà che saziarsi delle vostre carni.
È tempo di andare avanti. Ma non di dimenticare i vostri nomi.
Ma soprattutto, è tempo di smetterla col senso di colpa: se non mi avete capito, allora sono cazzacci vostri.
Torniamo, però, a un tono normale.
(2018) => 2019
Siamo quindi alle porte di questo 2019: speriamo che ci regali tanta felicità, almeno regalandoci una maggioranza di governo nuova. Per me è tempo di buoni propositi, una volta terminata l’analisi, e quindi quest’anno voglio fare le seguenti cose:
- Tornare a New York. Viverci, forse, tra un po’.
- Tanto tanto Elixir, tanta tanta programmazione funzionale
- Almeno un esame all’università. Ho il libro di Fisica Generale che ormai mi supplica.
- Tante tante persone giuste, sin dalla mezzanotte. Chi c’è stato da prima, chi ci sarà poi. Per sorridere ancora e ancora, per essere felici, per vivere nell’amore, senza il timore di essere giudicati, senza freni, senza niente che non siano lacrime di contentezza.
Per me quest’anno è stato un anno di resoconti, di chiarificazione, di scoperta. Alla luce di quello che ho scoperto, ossia che si può sorridere a volte oltre ogni umana possibilità, do il benvenuto ad un anno di gioie, continuando sulla scia della seconda parte di questo, che mi ha regalato tanto. Un anno di sfide. Un anno fatto di intensità, abbracci, viaggi, traguardi, braccia al cielo, baraonde, calore, e visto che leggete questo blog tanto tanto tanto codice.
Me lo auguro per me. Ma lo auguro soprattutto a voi.
Buon inizio 2019, ragazzi miei.