Quelli che ci vedono lungo.
Immaginate una console di videogiochi portatile. L’hardware è basato su un processore qualsiasi, ma dentro c’è una macchina virtuale Java per cui i giochi sono scritti utilizzando strumenti di sviluppo piú o meno liberamente disponibili sul mercato; non solo, ma il sistema operativo è progettato in modo tale che gli utenti possano intervenire aggiungendo “motori” che permettano di aggiungere funzionalità al dispositivo man mano che queste diventino disponibili. Le interfacce esterne sono basate su standard aperti: se ci devo aggiungere una game pad non ho bisogno di comprare quella della stessa marca della console perché utilizza connettori proprietari, ma posso metterci una game pad USB qualsiasi.</p>
Quello che avete appena letto è un estratto da questo post, sul quale sono finito per puro caso, scritto qualcosa come sei anni fa, da Alberto Berretti, che mi ha invitato domani nel suo studio per cospirare alle spalle vostre per cose che al momento voglio tenervi semisegrete, e che è uno dei professori di Analisi a Tor Vergata per la facoltà di Ingegneria. Un uomo meraviglioso, che ne ha viste di cotte e di crude, che ammiro. Leggetevi quell'articolo, e capite come l'innovazione va verso una sola via: l'apertura.
Tra parentesi, non vi sembra che quello descritto da Alberto come un "sogno" sia il preciso comportamento di un certo sistema operativo mobile molto in voga di questi ultimi tempi? :D