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Una nuova backbone: ma Google+ non è quello che ci serve

Cos'è successo oggi in sintesi? Troppe cose. Ma mentre ero in viaggio sul mio trenino mi sono preso cinque minuti per leggere questo post di Simone Robutti, molto carino, di cui mi ha particolarmente colpito un passaggio centrale relativo alla sua filosofia del "thinking plus". Ve lo allego, merita:

L’entusiasmo e la partecipazione non sono però solo imputabili al naturale sentimento di coesione dovuto alle minacce esterne, ma anche a qualcosa di più profondo. Per molti G+ era il primo esempio di successo, di quella dimensione dell’Internet immaginata da tanti teorici, in cui si poteva formare una rete altamente magliata, di persone  fiduciose nel progresso e nel futuro, interessate a condividere il proprio sapere, a migliorarsi, migliorare gli altri e il proprio ambiente, perseguendo quell’ideale superomistico che pervade i pensieri di tante persone quando guardano ad internet. Certo, detto così sembra che G+ abbia inventato l’acqua calda, ma chiunque vada ad osservare G+ nella sua vera essenza, è in grado di cogliere la differenza con gli strumenti preesistenti: si muove ad un’altra velocità, con logiche più semplici, più intuitive, tutto più veloce ed estensivo, uno strumento per mettere davvero in comunicazione e connessione l’intero strato pensante dell’umanità, ad ogni angolo del globo.

android comunicazione

Ora, il buon Simone mi ha stimolato una riflessione che frullava in testa quanto a pensiero singolo già da qualche giorno: riusciremo prima o poi a portare le nostre interazioni ad un livello nuovo dove contino gli individui, i contenuti (come messaggi) e gli archi di un grafo in maniera predominante, portando a termine l'intento di rendere l'Internet attuale compenetrata da questo concetto? Google è potente. Google ci sta provando. E Google+ è un bel tentativo, non c'è che dire: mai prima d'ora avevamo vissuto un approccio così nuovo all'individualità online.

Mi sono reso conto però che l'approccio è a conti fatti il punto di partenza: posto che in questo caso la curva di implementazione delle feature segue più o meno una sequenza di Fibonacci, e che siamo ai primi numeri, quello che Google giustamente sta portando avanti è nonostante l'innovazione qualcosa di cui non abbiamo bisogno. Se infatti quello che stanno tentando di far passare come la figata del secolo è - vuoi o non vuoi - un social network, quello di cui c'è un esasperato bisogno è una social backbone tutta nuova per i contenuti, dotata di una open API e possibilmente open source per raggiungere un fattore di democratizzazione e distribuzione delle piattaforme.

Quindi si: la novità di Google+ è l'aver portato il livello di connessione sociale alla compenetrazione di Internet, ma allo stesso modo questa fase va superata con l'istituzione di uno stage di providing super partes che possa garantire la net neutrality anche in questo caso e la diffusione capillare di un networking libero. E non è detto che la stessa Google non possa avere un ruolo in questo. Vi sembra fantasia? Non lo è: è esattamente il social networking come lo conoscete voi, unito all'approccio dei banalissimi mailserver.

Ma le email sono una storia a parte, di cui spero di stare qui a narrarvi presto.

Photo courtesy of Johan Larsson

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