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Fedora: recensione semiseria, e pensieri su Fedora 18

È già un po' che ho installato Fedora 17 sulle mie macchine, e visto che sono passati diversi mesi da quella sconsiderata intenzione estiva, ho deciso di scrivere quello che penso, ossia un'opinione non basata sul giudizio attraverso l'uso in qualche settimana, ma qualcosa di più approfondito.

Sicuramente, Fedora è migliorata molto da quando l'ho provata le prime volte: soprattutto rispetto all'ultimo episodio, dove avevo deciso di non mettere più le mani su questa distribuzione per il resto della mia vita. Le mancanze croniche che avevo individuato infatti mi avevano così indisposto nei confronti del cappello blu, che ho preferito dedicarmi ad altri lidi. Tuttavia, in questi mesi, ho avuto modo di ricredermi e apprezzare qualità che le precedenti volte non avevo notato, e non solo: alcuni dei difetti che prima mal giudicavo, ho cominciato a trovarli dei pregi. Il primo? Proprio l'uso di RPM.

Fedora login

RPM infatti è lo standard proposto da LSB, e per quanto io possa essere appassionato al mondo Debian, Fedora mi ha fatto apprezzare questo formato di pacchettizzazione che, rispetto alle precedenti volte, mi è risultato addirittura più comprensibile del solito (parlando di specifiche e uso del package manager). Ma andiamo con ordine.

Pregi

I pregi di Fedora sono innumerevoli. Sicuramente alcuni di questi li ho lasciati per strada: sono un tipo strano, io, riguardo le distribuzioni Linux,  sicuramente i più tecnici mi diranno che sono stato troppo filosofico, e i più filosofi mi diranno che sono stato troppo tecnico. Questo perché ho trovato cose che mi sono piaciute per entrambi gli aspetti: sicuramente quello che mi ha colpito di più è stato l'uso, si, di patch di Red Hat, ma sicuramente con un'attenzione particolare al software upstream.

Nonostante molto del lavoro sia svolto internamente riguardo tanti tool, entrando e guardando un po' il processo di sviluppo, di packaging, di aggiornamento, mi sono accorto che Fedora si pone il compito di rimanere un distributore di software, fornendo i tool per amministrare un sistema che nella maggior parte dei casi contiene tantissimo software aderente all'upstream, senza troppe patch e con molti contributi inviati. Lo sviluppo avviene "più su" quindi, come per Arch Linux, e questa è una cosa che mi è piaciuta molto. Nonostante io sia un fan anche di un approccio maggiormente "accentratore" come quello di Ubuntu, comunque penso che limitarsi ad essere distributori del software altrui (e cercare di farlo al meglio) abbia un ruolo fondamentale nell'ecosistema del software open source, e questo mi ha fatto pensare molto bene di Fedora, che sicuramente ha dalla sua un'azienda forte e una comunità di ampio respiro, molto attiva.

Fedora laptop

L'esperienza per quanto riguarda l'azienda alle spalle infatti è la - seconda - cosa che mi ha colpito di più; il management della distribuzione è eccellente, non ho mai eseguito un upgrade che rompesse il sistema (e sono andato veramente alla cieca, quindi 10 e lode alle procedure di signoff): usando Fedora come un vero niubbo, aprendo il terminale solo per configurare un paio di cose all'inizio e poi godendomi il sistema solo da GUI (a parte il package manager, su cui mi dilungherò abbondantemente), ho avuto la sensazione di un sistema affidabile, coeso, con una collezione di software che spazia a 360 gradi, stabile, e come dicevo con un'azienda dietro che "ci sta attenta".

Molto bene quindi: la commistione tra i DE stabili stabili e magari bloccati a qualche versione fa e le applicazioni, invece, sempre molto aggiornate, mi ha fatto moltissimo piacere e ho potuto osservare come (cosa che non mi aveva colpito nelle precedenti revisioni) un approccio ibrido tra rolling release e release based sia l'alternativa migliore per un utente che non ha tempo di studiarsi "come funziona Linux" e che comunque si aspetta di vedere nuove release ogni tot mesi, pur avendo il software disponibile aggiornato all'ultima versione (tipo GIMP, o Firefox, per intenderci).

Da questo punto di vista quindi ho analizzato anche il package manager: Yum non mi ha fatto trovare benissimo, complice il fatto che dovevo abituarmici. Dopo l'abitudine, ho apprezzato la sintassi chiara, e l'interfaccia da terminale non troppo diversa da quella di Pacman, che mi ha permesso di osservare anche con pratiche progressbar l'avanzamento preciso degli aggiornamenti e di ogni altra operazione, cosa che APT, nella sua magnificenza, non riesce ancora a farmi avere (a livello di colpo d'occhio, intendo. Lo so che ci sono le percentuali sotto).

Ovviamente, tra i pregi, inseriamoci anche che Fedora è una delle distribuzioni - oltre che la maggior promotrice forse - che usano systemd, il sistema di init fine-di-mondo che, adottato dalla maggioranza delle distro di grandi dimensioni (inteso in quanto workflow - e non scherziamo con roba tipo "enlarge your distro"), consente, oltre che di avere un tempo di boot pressoché nullo, anche di spostarvi da una distro all'altra facendo da base standard senza dover esibirvi in un harakiri ristudiandovi tutte le modalità di configurazione.

Insomma, nel complesso, molto bene.

Difetti

La mia esperienza non è stata priva di battaglie contro il Male.

Tuttavia, almeno stavolta, ho potuto notare un sostanziale miglioramento rispetto alle cose che non andavano le volte precedenti: Fedora si sta avvicinando sempre di più alla distro che consiglierei a un niubbo, ma ha ancora della strada da fare in questo senso. Da wannabe "ritorno al niubbo", ho potuto come al solito constatare delle cose che non mi sono piacute per niente. Pace: sono tornato al mio bel terminale, solo per quello, e fine della storia.

Ho trovato un bel po' di magagne nella gestione del software, e per quanto io abbia potuto abituarmi e apprezzare Yum, le mancanze si sono fatte sentire: la prima è la mancanza di qualcosa di decente per la gestione dei pacchetti. Non sprecate tempo a nominarmi PackageKit e affini: mi fanno vomitare, e me lo faranno sempre. Non li trovo molto intuitivi, sia sotto KDE che sotto GNOME che sotto quello che vi pare, e prestazionalmente parlando non sono il top (ed è strano perché invece Yum è piuttosto rapido in molte funzioni) - per non parlare poi del fatto che io non sono mai, mai, *mai* riuscito a rendermi conto di che cosa effettivamente il sistema stesse facendo (cosa che, invece, con Yum da terminale accade).

Anche dopo qualche settimana, quindi, mi sono trovato a ravanare un pochino nei plugin, disabilitandone alcuni per via di compromessi non accettabili tra la potenza di calcolo di alcune mie macchine e quello che in teoria voleva fare Yum - tipo ricostruire i delta upgrade, cosa che sono stato costretto a "estirpare" (disabilitando Yum Presto), dato che per un netbook eseguire dei delta upgrade è decisamente troppo a livello di CPU, mentre per il notebook (avendo buona banda a disposizione comunque) in ogni caso volevo usare il sistema mentre aggiornava, e vedere un buon PC piantarmi in asso solo perché doveva ricostruire un indice dei delta non mi faceva piacere. Disabilitando Presto, le prestazioni tornano ad essere buone.

Fedora CD

A prescindere da Yum invece mi ha lasciato perplesso che una distribuzione come Fedora non abbia una politica un po' più elastica sulla popolazione dei repository e la ricchezza di software offerto dal set predefinito: molte cose erano assenti, compresi i driver closed source su cui tanti di noi possono discordare, ma personalmente installo sempre: dover aggiungere un repository (RPMFusion) solo per questo mi ha fatto tornare al 2003 col pensiero e anche con le parole (molte delle quali, in una chiesa, sarebbero decisamente poco ben viste). Rese le mie macchine completamente funzionanti con qualche piccolo smanettamento (perdonate ma ci infilo una frecciata: se la distribuzione Linux che consente di installare Bumblebee sfornando meno madonne è Arch Linux, dovreste farvi tutti qualche domanda, e con tutti intendo tutti), ho provveduto ad installare il software che mi interessava. Panico! I repository ufficiali sono mancanti del mio browser preferito.

Ora, non è che io sia un mostro anti open source (anzi, è il mio lavoro convincere la gente che l'open sia una strategia fattibile); non sto dicendo di includere Chrome dentro i repository ufficiali. Non sto neanche dicendo che io voglio assolutamente Chrome installabile con quattro click dal package manager attraverso qualche arcano script. Ma santa polenta, almeno se dovete rifiutarvi di fornire Chrome per motivi di EULA come fanno tutte le distro di questo pianeta, fate fino in fondo come tutte le distro di questo pianeta e fornitemi Chromium dal repository ufficiale. Non ricordo il motivo della scelta di tenerlo fuori (edit a posteriori: lack of shared libraries? Ma stiamo scherzando?), tantomeno mi và di andarlo a cercare per qualche sperduta pagina di wiki, quindi faccio un personale appello al team di Fedora: includete Chromium nei repo ufficiali insieme a un altro po' di roba. Ve ne prego.

Non è possibile che senza RPMFusion (un repository mantenuto praticamente dagli sviluppatori di Fedora con software closed, driver proprietari e tutto quello di cui hai bisogno per la sopravvivenza) Fedora sia un blob inutile che necessita per forza di un'aggiunta esterna per sussistere competitivamente con le distribuzioni concorrenti; sviluppando TweetYourMEP, ho cercato il pacchetto di NodeJS, e ho scoperto con mio sommo gaudio che in Fedora 18 sarà incluso nei repository di Fedora. L'altro giorno infatti mi sono fatto una bella chiacchierata con il Fedora Engineering Manager su Reddit, e a quanto pare siamo tutti contenti della cosa, che sarà un bel salto di qualità per sysadmin e developer. Insomma, la direzione presa non dista tanto da quella che io spero, e mi auguro che sempre più software vengano inclusi nel repository principale.

L'altro principale ammanco che ho notato è stato quello di un updater da release a release decente, almeno fino a Fedora 17. A quanto pare infatti già per Fedora 18 si prevede che fedup diventi molto più completo, e si possa avere qualcosa di molto simile a do-release-upgrade di Ubuntu, dato che la via à la Debian (ossia modificare i repository) mi sembra da evitare in quanto i repository di Fedora/SUSE/Red Hat sono delle stringhe in forma URL incomprensibili all'occhio umano e quindi non proprio user-centriche. Yum con il comando distro-sync offre qualcosa di carino, ma sicuramente avere un software che automatizza vari passaggi e rende il processo completamente a prova di niubbo è quello che serve di più da questo punto di vista, impressione con cui anche il manager di cui sopra mi è parso concordare abbondantemente.

Sostituire Arch Linux

Manco per sogno. Fedora è bella, è pucci, è supportata da una grossa azienda, ma sul mio notebook Arch Linux ha ancora la precedenza.

Sul netbook, invece, Fedora 17 fa la sua porca figura e la sto utilizzando con profitto. Ne sono molto contento.

EOF

Fine delle comunicazioni. Se avete qualche commento da fare, vi ricordo che il form sottostante esiste apposta. Vi voglio bene, come voglio bene a tutta (!) la community di Fedora che mi ha stimolato affinché provassi la distro, e affinché sfornassi la recensione. Un saluto particolare a tutti i miei amici "berretti blu" che, con cadenza giornaliera (o al più settimanale) tornano a dirmi quanto sia bella Fedora e quanto sia figa Fedora:

Ogni abitudine rende la nostra mano più ingegnosa e meno agile il nostro ingegno. [Friedrich Nietzsche]

Images courtesy of Eduardo Villagràn Morales, Geoff Tale, Deivinson Tejeda

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